4 film per scoprire la STORIA d’Italia
Vuoi capire la storia italiana attraverso il cinema? In questo video ti consiglio 4 capolavori del cinema italiano che ti permetteranno di ripercorrere oltre un secolo di storia: dall'Unificazione d'Italia fino agli anni '90.
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Più di un secolo di storia italiana in soli quattro film. Pensi sia impossibile? Non lo è se guardi i quattro film di cui ti parlerò in questo video: ho selezionato per te quattro capolavori del cinema italiano che ti permetteranno di ripercorrere alcuni momenti chiave della storia dell’Italia, a partire dall’Unificazione del Paese, nel 1861, fino alle vicende politiche degli ultimi anni del secolo scorso. Quattro pietre miliari del cinema italiano che ogni studente di italiano dovrebbe vedere, che ti aiuteranno a capire quali sono stati i grandi cambiamenti politici, economici e sociali che l’Italia ha attraversato nell’ultimo secolo e mezzo, da quando si è unita.
Trascrizione e glossario sul Podcast Italiano Club
Ah, io mi chiamo Davide e questo è Podcast Italiano, un canale per chi impara l’italiano. Attiva i sottotitoli se ne hai bisogno. Ricorda che la trascrizione integrale di quello che dico è sul mio sito, podcastitaliano.com. Ma anche, che ho preparato un PDF che accompagna il video, che contiene la trascrizione, un glossario, alcuni esercizi per fissare il vocabolario, e anche degli altri consigli cinematografici, che puoi usare durante la visione, ma anche un riepilogo di tutti i film di cui ti parlerò oggi. Insomma, troverai un sacco di informazioni interessanti all’interno del PDF. Ti lascio il link in descrizione, ma puoi anche scansionare questo codice QR.
1. Il Gattopardo (Luchino Visconti, 1963)
Il primo film di cui voglio parlarti è Il Gattopardo, di Luchino Visconti, del 1963, un grande classico del cinema italiano tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore siciliano, Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Dallo stesso romanzo, tra l’altro, è stata recentemente tratta anche una serie tv che forse hai già visto o puoi vedere su Netflix, e che magari potrai anche confrontare con il film, dopo averli guardati entrambi.
Il Gattopardo è ambientato in Sicilia nel biennio 1860-1861, ovvero negli anni clou Risorgimento, parola con cui ci riferiamo alla serie di eventi politici, militari e sociali che hanno portato alla liberazione dei territori italiani dal dominio straniero (soprattutto dal dominio austriaco al Nord) e all’unificazione dell’Italia in uno Stato nazionale, sotto un’unica monarchia, quella dei Savoia, che era la dinastia alla guida del Regno di Sardegna (che in realtà era guidato dal Piemonte), il quale ebbe un ruolo di motore nel processo che portò all’unità d’Italia.
Protagonista de Il Gattopardo è il Principe Fabrizio di Salina, magistralmente interpretato da Burt Lancaster, un aristocratico colto e malinconico, testimone impotente, da una parte, dell’inevitabile declino dell’aristocrazia siciliana legata alla dinastia dei Borboni, che governava nel Sud Italia, e, dall’altra, testimone impotente del sorgere di una nuova classe dominante, della borghesia, la cui ricchezza era fondata non più su una presunta nobiltà di sangue ma era fondata sul lavoro, sugli affari e sugli investimenti.
Il nipote del Principe, Tancredi, interpretato dall’iconico Alain Delon, che è recentemente scomparso, un ragazzo tanto affascinante quanto opportunista, si schiera dalla parte di Garibaldi, eroe del Risorgimento a capo dei volontari armati che sbarcarono in Sicilia e liberarono il sud dalla dominazione borbonica, dei Borboni. Tancredi si fidanza con la bella Angelica, a cui dà volto e corpo la divina Claudia Cardinale, figlia del ricco borghese Don Calogero Sedara. Il fidanzamento tra Tancredi e Angelica segna simbolicamente l’alleanza tra la vecchia aristocrazia, che sostiene il regno dei Borboni, e la nuova borghesia. Il potere politico ed economico cambia così volto, ma resta nelle mani di pochi: questo è soprattutto Il Gattopardo, una riflessione sull’illusione del cambiamento storico.
La famosa frase di Tancredi, “Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi”, esprime quest’idea del trasformismo politico, cioè dell’apparenza del cambiamento dietro cui si nasconde, di fatto, il mantenimento dello status quo. Un concetto complesso, ma che nella lingua italiana può essere espresso da una sola parola: “gattopardismo”, appunto. Il che ci permette di capire che l’influenza culturale del romanzo di Tomasi di Lampedusa prima, e del film di Visconti poi, è stata tanta e tale da lasciare una traccia perfino nella lingua.
Dal punto di vista storico, il merito maggiore del film è quello di aver rappresentato la disillusione del popolo italiano, specialmente di quello meridionale, del Sud, rispetto agli ideali di libertà e uguaglianza caratteristici del Risorgimento, e di aver mostrato come l’Unità d’Italia, cioè l’unificazione del Paese, sia stata percepita da molti non come una conquista, ma piuttosto come un semplice passaggio di potere da una classe dirigente a un'altra, dai nobili ai borghesi, dai Borboni ai Savoia, senza alcun cambiamento concreto, sostanziale per il popolo, per i contadini, per gli sfruttati.
Una curiosità sul film: Visconti scelse con estrema precisione le location secondo dei criteri filologici, scenografici e simbolici. Le riprese si svolsero tra Roma, Palermo e vari centri dell’entroterra siciliano, in luoghi che andavano da palazzi nobiliari a chiese di provincia, da piazze urbane a campagne brulle. Se vuoi saperne di più su questo argomento, ti consiglio di leggere l’approfondimento che troverai nel pdf.
2. Novecento (Bernardo Bertolucci, 1976)
Il secondo grande affresco storico e politico che voglio indicarti è Novecento di Bernardo Bertolucci, del 1976, un altro grande classico, della durata di oltre 5 ore, che racconta la storia dell’Italia dall’inizio del secolo scorso, precisamente dal 1901, fino alla fine del Fascismo e della Seconda Guerra Mondiale, e lo fa accompagnando le vite di due uomini, nati lo stesso giorno, ma appartenenti a classi sociali diverse e antagoniste: da una parte, Alfredo Berlinghieri, interpretato da Robert de Niro, figlio di proprietari terrieri, che rappresenta il padronato e la borghesia; dall’altra, Olmo Dalcò, incarnato da Gérard Depardieu, figlio di contadini e portavoce del proletariato.
Anche se sono uniti da profonda amicizia, Alfredo e Olmo non possono non essere in costante conflitto: è narrando questo conflitto che il film mette in scena la lotta di classe che attraversa tutto il Novecento italiano. Possiamo infatti affermare che la lotta di classe è il vero cuore del film. Rappresentando la vita nella campagna emiliana, Bertolucci mostra la disuguaglianza tra padroni e contadini, tra sfruttatori e sfruttati. Il film segue quindi lo sviluppo della coscienza politica dei lavoratori delle campagne, la nascita dei sindacati e delle cooperative. Olmo, infatti, abbraccia le idee socialiste e promuove l'organizzazione dei lavoratori contro lo sfruttamento dei padroni. Il film mette in scena il cosiddetto “biennio rosso”, cioè l’occupazione, nel 1919-1920, delle terre da parte dei contadini, le loro proteste e la repressione da parte dei proprietari, sempre più spaventati dall’ipotesi di una rivoluzione socialista. L’ascesa del fascismo viene raccontata nel film proprio come reazione delle classi dominanti alla crescente auto-coscienza delle classi popolari, e alla loro richiesta di ridistribuzione del potere. Il personaggio di Attila, proprietario terriero fascista interpretato da Donald Sutherland, rappresenta il volto violento del regime di Mussolini. Portando sullo schermo la brutalità di Attila e quella dei suoi complici, Bertolucci denuncia la violenza delle squadre fasciste e lo scandalo degli omicidi politici.
A proposito, ti ricordo che se ti interessa approfondire il periodo del fascismo, abbiamo dedicato a questo importante periodo della storia recente italiana cinque episodi di una serie di episodi avanzati del nostro podcast, che ti lascio qui sotto in descrizione. La parte finale del film mostra l’Italia al momento della fine della Seconda Guerra Mondiale e della caduta del fascismo. I contadini e i partigiani si riprendono la terra, e il film si chiude con la rappresentazione del tribunale popolare costituito per giudicare i padroni e condannarli per i loro crimini.
3. La meglio gioventù (Marco Tullio Giordana, 2003)
Il terzo film che voglio consigliarti, inizalmente distribuito come mini-serie TV della Rai, è un film del 2003: La meglio gioventù di Marco Tullia Giordana, il cui titolo è ispirato all’omonima raccolta di Pier Paolo Pasolini. Il film racconta, attraverso le vicende della famiglia Carati, quarant’anni di storia italiana, dagli anni ’60 del Novecento ai primi anni 2000. I protagonisti sono due fratelli brillanti e idealisti, Nicola e Matteo, uniti da affetto profondo ma profondamente diversi nel carattere: l’uno idealista e socievole, l’altro inquieto e introverso. Le loro vite si separano dopo un drammatico episodio legato a una ragazza con problemi psichici ingiustamente rinchiusa in un manicomio o ospedale psichiatrico, Giorgia, che i due cercano inutilmente di aiutare. Il fallimento di questa impresa segna uno spartiacque nelle loro vite: Matteo, disilluso, abbandona gli studi, diventa poliziotto e si chiude sempre più in se stesso; Nicola parte per la Norvegia e poi diventa medico e attivista, costantemente impegnato nelle lotte sociali.
Il film affronta vari temi storici, a cominciare dal Sessantotto italiano: mostra il fermento politico e culturale, soprattutto tra i giovani e gli studenti universitari, spinti da ideali di giustizia sociale, cambiamento politico e opposizione all'autoritarismo. Attraverso le vicende dei protagonisti, il film attraversa inoltre la riforma psichiatrica: la chiusura di Giorgia in manicomio è il simbolo dell’alienazione e dell’abuso nel sistema ospedaliero dell’epoca. Grazie all’incontro con la ragazza, Nicola si interesserà al tema della salute mentale e parteciperà al movimento che porterà, poi, alla chiusura dei manicomi con una famosa legge del 1978.
Il film, poi, attraversa i cosiddetti “anni di piombo”, espressione con cui ci si riferisce a un periodo che va dalla fine degli anni ‘60 agli inizi degli anni ‘80, segnato dal terrorismo di gruppi estremisti di sinistra e di destra, mossi da opposti obiettivi: i primi sovvertire lo Stato capitalista, i secondi destabilizzare lo Stato per favorire una svolta autoritaria. Gli “anni di piombo” registrarono atti violenti come la Strage di Piazza Fontana del 1969, la strage alla stazione di Bologna del 1980 e il sequestro e l’omicidio del presidente della Democrazia Cristiana (che è stato per moltissimo tempo il principale partito italiano), Aldo Moro, che è avvenuto nel ‘78. Il conflitto tra gli opposti estremismi entra nella trama del film di Giordana nel momento in cui Matteo si arruola nella polizia, trovandosi a gestire gli scontri in prima linea, e Giulia, la compagna di Nicola, si unisce ai gruppi rivoluzionari, creando così una frattura nella loro relazione.
Nel film trova posto anche la rappresentazione del Mezzogiorno, del Sud Italia, della sua arretratezza e dell’abbandono da parte dello Stato. Il Meridione è visto con gli occhi di Nicola, che partecipa come volontario agli interventi che seguono il terremoto nella Valle del Belice, in Sicilia, nel 1968, un evento catastrofico che rase al suolo interi paesi, fece 370 morti e oltre 1000 feriti. Quel terremoto divenne simbolo del fallimento dello Stato italiano nel garantire un intervento rapido ed efficace, e scatenò un ampio dibattito su povertà, marginalità e sottosviluppo del Sud Italia, che, purtroppo, non si è mai realmente concluso. Questa è la cosiddetta “questione meridionale”, alla quale dedichiamo un video nel corso avanzato di lingua e cultura Dentro l’Italia. Un corso che tratta alcuni dei principali temi culturali, sociali e storici che hanno reso l’Italia il paese che è oggi, e che al contempo ti aiuterà a perfezionare il tuo italiano, concentrandosi su strutture grammaticali avanzate che devi conoscere a un livello C1. Se vuoi scoprire Dentro l’Italia, ti lascio il link in descrizione.
Il Sud è presente nel film anche grazie alla scelta di Nicola, diventato psichiatra, di lavorare in una struttura sanitaria in Sicilia. Questa esperienza gli dà occasione di entrare in contatto con gli effetti del potere mafioso, in particolare con l’omertà della popolazione siciliana. “Omertà” è una parola importante quando si parla di mafia: indica un atteggiamento di silenzio e di non collaborazione con le autorità, determinato dalla paura di violenza, di ritorsioni, un atteggiamento tipico di contesti dominati dalla criminalità organizzata. Nell’ultima parte del film si cominciano a vedere i cambiamenti sociali ed economici dell’Italia tra gli anni ’80 e ’90: la crisi dell’industria tradizionale e l’avanzata del settore terziario portano con sé la precarizzazione dell’occupazione, l’insicurezza lavorativa, in particolare per le nuove generazioni. Questo mutamento è visibile nel percorso di Andrea, il figlio di Nicola e Giulia, che cresce in un'epoca molto diversa rispetto a quella dei genitori: la sua formazione riflette nuove tensioni, un senso di smarrimento generazionale e una ricerca autonoma di senso, lontana dagli ideali politici dei decenni precedenti. Sul piano culturale, emerge un individualismo crescente, alimentato dal consumismo e dalla competizione. L’ultima parte del film restituisce il clima di transizione dell’Italia di fine secolo, sospesa tra il declino delle utopie e la ricerca di un nuovo senso, più privato, più intimo. Insomma: ci sono tante cose. Ti aiuterà molto a capire la storia italiana recente.
4. Il divo (Paolo Sorrentino, 2008)
Concludiamo con Il divo, di Paolo Sorrentino, che è una biografia politica incentrata sulla figura di Giulio Andreotti, uno dei più longevi e controversi protagonisti della politica italiana del secondo dopoguerra, simbolo del potere del suo partito, la Democrazia Cristiana (ma che di solito chiamiamo DC), che fu al potere in Italia (tieniti forte) per ben 48 anni: dal ‘46 al ‘94. Il film è ambientato al tempo del settimo governo Andreotti (dal ‘91 al ‘92) e quindi nella fase finale della sua carriera. Il titolo del film fa riferimento al soprannome dato al leader democristiano (cioè della Democrazia Cristiana) dal giornalista Mino Pecorelli, misteriosamente assassinato a Roma nel ‘79: «divo Giulio», come venne chiamato dopo la morte il dittatore e imperatore romano Gaio Giulio Cesare. Al centro della narrazione c'è l'enigmatica figura di Andreotti, interpretato magistralmente da Toni Servillo, rappresentato come un uomo freddo, solitario, impenetrabile, al centro di un sistema politico caratterizzato dalla corruzione e dal clientelismo, un sistema che a partire dal 1992 sarebbe stato travolto dall’inchiesta giudiziaria passata alla storia con il nome di Mani Pulite, che portò all'arresto di numerosi esponenti politici e imprenditori corrotti, segnando la fine della cosiddetta Prima Repubblica e l’inizio di una nuova, incerta fase della politica nazionale. Il film di Servillo esplora il potere oscuro e silenzioso che l'ex Presidente del Consiglio esercitava muovendo i fili della politica, del Vaticano, della stampa e dei servizi segreti.
Tra i principali temi storici affrontati nel film c’è sicuramente l’allusione ai presunti rapporti tra Stato e mafia, in particolare tra Giulio Andreotti e Cosa Nostra (la mafia siciliana), rapporti culminati nel processo per associazione mafiosa che ha visto Andreotti imputato negli anni '90. Il Divo non si sofferma sui dettagli del processo, ma restituisce la tensione etica e politica dell’epoca. Sorrentino, con il suo stile visionario e teatrale, suggerisce che il vero potere si esercita da dietro le quinte, nell’ombra, nel silenzio, e che le connessioni più pericolose sono quelle che non vengono rivelate pubblicamente.
Una curiosità: Giulio Andreotti vide il film in anteprima, in una proiezione privata, e lo definì, molto negativamente, «una mascalzonata». Se vuoi sapere di più sulla reazione di Andreotti, ti consiglio di leggere l’approfondimento che abbiamo preparato nel PDF, dove, come ti dicevo, all’inizio, troverai anche un riepilogo, una sinossi di tutti questi film, ma anche con le piattaforme dove puoi guardarli, nonché altri consigli di film che ti aiuteranno a capire meglio la storia italiana, anche quelli con una breve sinossi.
E ora sono curioso di sapere: hai già visto qualcuno dei film che ti ho consigliato in questo video? Cosa ne pensi? Avresti altri film a tema storico che ti hanno aiutato a capire l’Italia e la sua storia? Scrivimelo nei commenti. Ora, se ti interessano altri consigli cinematografici, tempo fa ho fatto un altro video, in cui ti ho parlato di altri 5 film italiani che devi assolutamente guardare. Se ti interessa, te lo lascio qui. Questo è tutto. Alla prossima!
Più di un secolo di storia italiana in soli quattro film. Pensi sia impossibile? Non lo è se guardi i quattro film di cui ti parlerò in questo video: ho selezionato per te quattro capolavori del cinema italiano che ti permetteranno di ripercorrere alcuni momenti chiave della storia dell’Italia, a partire dall’Unificazione del Paese, nel 1861, fino alle vicende politiche degli ultimi anni del secolo scorso. Quattro pietre miliari del cinema italiano che ogni studente di italiano dovrebbe vedere, che ti aiuteranno a capire quali sono stati i grandi cambiamenti politici, economici e sociali che l’Italia ha attraversato nell’ultimo secolo e mezzo, da quando si è unita.
Trascrizione e glossario sul Podcast Italiano Club
Ah, io mi chiamo Davide e questo è Podcast Italiano, un canale per chi impara l’italiano. Attiva i sottotitoli se ne hai bisogno. Ricorda che la trascrizione integrale di quello che dico è sul mio sito, podcastitaliano.com. Ma anche, che ho preparato un PDF che accompagna il video, che contiene la trascrizione, un glossario, alcuni esercizi per fissare il vocabolario, e anche degli altri consigli cinematografici, che puoi usare durante la visione, ma anche un riepilogo di tutti i film di cui ti parlerò oggi. Insomma, troverai un sacco di informazioni interessanti all’interno del PDF. Ti lascio il link in descrizione, ma puoi anche scansionare questo codice QR.
1. Il Gattopardo (Luchino Visconti, 1963)
Il primo film di cui voglio parlarti è Il Gattopardo, di Luchino Visconti, del 1963, un grande classico del cinema italiano tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore siciliano, Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Dallo stesso romanzo, tra l’altro, è stata recentemente tratta anche una serie tv che forse hai già visto o puoi vedere su Netflix, e che magari potrai anche confrontare con il film, dopo averli guardati entrambi.
Il Gattopardo è ambientato in Sicilia nel biennio 1860-1861, ovvero negli anni clou Risorgimento, parola con cui ci riferiamo alla serie di eventi politici, militari e sociali che hanno portato alla liberazione dei territori italiani dal dominio straniero (soprattutto dal dominio austriaco al Nord) e all’unificazione dell’Italia in uno Stato nazionale, sotto un’unica monarchia, quella dei Savoia, che era la dinastia alla guida del Regno di Sardegna (che in realtà era guidato dal Piemonte), il quale ebbe un ruolo di motore nel processo che portò all’unità d’Italia.
Protagonista de Il Gattopardo è il Principe Fabrizio di Salina, magistralmente interpretato da Burt Lancaster, un aristocratico colto e malinconico, testimone impotente, da una parte, dell’inevitabile declino dell’aristocrazia siciliana legata alla dinastia dei Borboni, che governava nel Sud Italia, e, dall’altra, testimone impotente del sorgere di una nuova classe dominante, della borghesia, la cui ricchezza era fondata non più su una presunta nobiltà di sangue ma era fondata sul lavoro, sugli affari e sugli investimenti.
Il nipote del Principe, Tancredi, interpretato dall’iconico Alain Delon, che è recentemente scomparso, un ragazzo tanto affascinante quanto opportunista, si schiera dalla parte di Garibaldi, eroe del Risorgimento a capo dei volontari armati che sbarcarono in Sicilia e liberarono il sud dalla dominazione borbonica, dei Borboni. Tancredi si fidanza con la bella Angelica, a cui dà volto e corpo la divina Claudia Cardinale, figlia del ricco borghese Don Calogero Sedara. Il fidanzamento tra Tancredi e Angelica segna simbolicamente l’alleanza tra la vecchia aristocrazia, che sostiene il regno dei Borboni, e la nuova borghesia. Il potere politico ed economico cambia così volto, ma resta nelle mani di pochi: questo è soprattutto Il Gattopardo, una riflessione sull’illusione del cambiamento storico.
La famosa frase di Tancredi, “Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi”, esprime quest’idea del trasformismo politico, cioè dell’apparenza del cambiamento dietro cui si nasconde, di fatto, il mantenimento dello status quo. Un concetto complesso, ma che nella lingua italiana può essere espresso da una sola parola: “gattopardismo”, appunto. Il che ci permette di capire che l’influenza culturale del romanzo di Tomasi di Lampedusa prima, e del film di Visconti poi, è stata tanta e tale da lasciare una traccia perfino nella lingua.
Dal punto di vista storico, il merito maggiore del film è quello di aver rappresentato la disillusione del popolo italiano, specialmente di quello meridionale, del Sud, rispetto agli ideali di libertà e uguaglianza caratteristici del Risorgimento, e di aver mostrato come l’Unità d’Italia, cioè l’unificazione del Paese, sia stata percepita da molti non come una conquista, ma piuttosto come un semplice passaggio di potere da una classe dirigente a un'altra, dai nobili ai borghesi, dai Borboni ai Savoia, senza alcun cambiamento concreto, sostanziale per il popolo, per i contadini, per gli sfruttati.
Una curiosità sul film: Visconti scelse con estrema precisione le location secondo dei criteri filologici, scenografici e simbolici. Le riprese si svolsero tra Roma, Palermo e vari centri dell’entroterra siciliano, in luoghi che andavano da palazzi nobiliari a chiese di provincia, da piazze urbane a campagne brulle. Se vuoi saperne di più su questo argomento, ti consiglio di leggere l’approfondimento che troverai nel pdf.
2. Novecento (Bernardo Bertolucci, 1976)
Il secondo grande affresco storico e politico che voglio indicarti è Novecento di Bernardo Bertolucci, del 1976, un altro grande classico, della durata di oltre 5 ore, che racconta la storia dell’Italia dall’inizio del secolo scorso, precisamente dal 1901, fino alla fine del Fascismo e della Seconda Guerra Mondiale, e lo fa accompagnando le vite di due uomini, nati lo stesso giorno, ma appartenenti a classi sociali diverse e antagoniste: da una parte, Alfredo Berlinghieri, interpretato da Robert de Niro, figlio di proprietari terrieri, che rappresenta il padronato e la borghesia; dall’altra, Olmo Dalcò, incarnato da Gérard Depardieu, figlio di contadini e portavoce del proletariato.
Anche se sono uniti da profonda amicizia, Alfredo e Olmo non possono non essere in costante conflitto: è narrando questo conflitto che il film mette in scena la lotta di classe che attraversa tutto il Novecento italiano. Possiamo infatti affermare che la lotta di classe è il vero cuore del film. Rappresentando la vita nella campagna emiliana, Bertolucci mostra la disuguaglianza tra padroni e contadini, tra sfruttatori e sfruttati. Il film segue quindi lo sviluppo della coscienza politica dei lavoratori delle campagne, la nascita dei sindacati e delle cooperative. Olmo, infatti, abbraccia le idee socialiste e promuove l'organizzazione dei lavoratori contro lo sfruttamento dei padroni. Il film mette in scena il cosiddetto “biennio rosso”, cioè l’occupazione, nel 1919-1920, delle terre da parte dei contadini, le loro proteste e la repressione da parte dei proprietari, sempre più spaventati dall’ipotesi di una rivoluzione socialista. L’ascesa del fascismo viene raccontata nel film proprio come reazione delle classi dominanti alla crescente auto-coscienza delle classi popolari, e alla loro richiesta di ridistribuzione del potere. Il personaggio di Attila, proprietario terriero fascista interpretato da Donald Sutherland, rappresenta il volto violento del regime di Mussolini. Portando sullo schermo la brutalità di Attila e quella dei suoi complici, Bertolucci denuncia la violenza delle squadre fasciste e lo scandalo degli omicidi politici.
A proposito, ti ricordo che se ti interessa approfondire il periodo del fascismo, abbiamo dedicato a questo importante periodo della storia recente italiana cinque episodi di una serie di episodi avanzati del nostro podcast, che ti lascio qui sotto in descrizione. La parte finale del film mostra l’Italia al momento della fine della Seconda Guerra Mondiale e della caduta del fascismo. I contadini e i partigiani si riprendono la terra, e il film si chiude con la rappresentazione del tribunale popolare costituito per giudicare i padroni e condannarli per i loro crimini.
3. La meglio gioventù (Marco Tullio Giordana, 2003)
Il terzo film che voglio consigliarti, inizalmente distribuito come mini-serie TV della Rai, è un film del 2003: La meglio gioventù di Marco Tullia Giordana, il cui titolo è ispirato all’omonima raccolta di Pier Paolo Pasolini. Il film racconta, attraverso le vicende della famiglia Carati, quarant’anni di storia italiana, dagli anni ’60 del Novecento ai primi anni 2000. I protagonisti sono due fratelli brillanti e idealisti, Nicola e Matteo, uniti da affetto profondo ma profondamente diversi nel carattere: l’uno idealista e socievole, l’altro inquieto e introverso. Le loro vite si separano dopo un drammatico episodio legato a una ragazza con problemi psichici ingiustamente rinchiusa in un manicomio o ospedale psichiatrico, Giorgia, che i due cercano inutilmente di aiutare. Il fallimento di questa impresa segna uno spartiacque nelle loro vite: Matteo, disilluso, abbandona gli studi, diventa poliziotto e si chiude sempre più in se stesso; Nicola parte per la Norvegia e poi diventa medico e attivista, costantemente impegnato nelle lotte sociali.
Il film affronta vari temi storici, a cominciare dal Sessantotto italiano: mostra il fermento politico e culturale, soprattutto tra i giovani e gli studenti universitari, spinti da ideali di giustizia sociale, cambiamento politico e opposizione all'autoritarismo. Attraverso le vicende dei protagonisti, il film attraversa inoltre la riforma psichiatrica: la chiusura di Giorgia in manicomio è il simbolo dell’alienazione e dell’abuso nel sistema ospedaliero dell’epoca. Grazie all’incontro con la ragazza, Nicola si interesserà al tema della salute mentale e parteciperà al movimento che porterà, poi, alla chiusura dei manicomi con una famosa legge del 1978.
Il film, poi, attraversa i cosiddetti “anni di piombo”, espressione con cui ci si riferisce a un periodo che va dalla fine degli anni ‘60 agli inizi degli anni ‘80, segnato dal terrorismo di gruppi estremisti di sinistra e di destra, mossi da opposti obiettivi: i primi sovvertire lo Stato capitalista, i secondi destabilizzare lo Stato per favorire una svolta autoritaria. Gli “anni di piombo” registrarono atti violenti come la Strage di Piazza Fontana del 1969, la strage alla stazione di Bologna del 1980 e il sequestro e l’omicidio del presidente della Democrazia Cristiana (che è stato per moltissimo tempo il principale partito italiano), Aldo Moro, che è avvenuto nel ‘78. Il conflitto tra gli opposti estremismi entra nella trama del film di Giordana nel momento in cui Matteo si arruola nella polizia, trovandosi a gestire gli scontri in prima linea, e Giulia, la compagna di Nicola, si unisce ai gruppi rivoluzionari, creando così una frattura nella loro relazione.
Nel film trova posto anche la rappresentazione del Mezzogiorno, del Sud Italia, della sua arretratezza e dell’abbandono da parte dello Stato. Il Meridione è visto con gli occhi di Nicola, che partecipa come volontario agli interventi che seguono il terremoto nella Valle del Belice, in Sicilia, nel 1968, un evento catastrofico che rase al suolo interi paesi, fece 370 morti e oltre 1000 feriti. Quel terremoto divenne simbolo del fallimento dello Stato italiano nel garantire un intervento rapido ed efficace, e scatenò un ampio dibattito su povertà, marginalità e sottosviluppo del Sud Italia, che, purtroppo, non si è mai realmente concluso. Questa è la cosiddetta “questione meridionale”, alla quale dedichiamo un video nel corso avanzato di lingua e cultura Dentro l’Italia. Un corso che tratta alcuni dei principali temi culturali, sociali e storici che hanno reso l’Italia il paese che è oggi, e che al contempo ti aiuterà a perfezionare il tuo italiano, concentrandosi su strutture grammaticali avanzate che devi conoscere a un livello C1. Se vuoi scoprire Dentro l’Italia, ti lascio il link in descrizione.
Il Sud è presente nel film anche grazie alla scelta di Nicola, diventato psichiatra, di lavorare in una struttura sanitaria in Sicilia. Questa esperienza gli dà occasione di entrare in contatto con gli effetti del potere mafioso, in particolare con l’omertà della popolazione siciliana. “Omertà” è una parola importante quando si parla di mafia: indica un atteggiamento di silenzio e di non collaborazione con le autorità, determinato dalla paura di violenza, di ritorsioni, un atteggiamento tipico di contesti dominati dalla criminalità organizzata. Nell’ultima parte del film si cominciano a vedere i cambiamenti sociali ed economici dell’Italia tra gli anni ’80 e ’90: la crisi dell’industria tradizionale e l’avanzata del settore terziario portano con sé la precarizzazione dell’occupazione, l’insicurezza lavorativa, in particolare per le nuove generazioni. Questo mutamento è visibile nel percorso di Andrea, il figlio di Nicola e Giulia, che cresce in un'epoca molto diversa rispetto a quella dei genitori: la sua formazione riflette nuove tensioni, un senso di smarrimento generazionale e una ricerca autonoma di senso, lontana dagli ideali politici dei decenni precedenti. Sul piano culturale, emerge un individualismo crescente, alimentato dal consumismo e dalla competizione. L’ultima parte del film restituisce il clima di transizione dell’Italia di fine secolo, sospesa tra il declino delle utopie e la ricerca di un nuovo senso, più privato, più intimo. Insomma: ci sono tante cose. Ti aiuterà molto a capire la storia italiana recente.
4. Il divo (Paolo Sorrentino, 2008)
Concludiamo con Il divo, di Paolo Sorrentino, che è una biografia politica incentrata sulla figura di Giulio Andreotti, uno dei più longevi e controversi protagonisti della politica italiana del secondo dopoguerra, simbolo del potere del suo partito, la Democrazia Cristiana (ma che di solito chiamiamo DC), che fu al potere in Italia (tieniti forte) per ben 48 anni: dal ‘46 al ‘94. Il film è ambientato al tempo del settimo governo Andreotti (dal ‘91 al ‘92) e quindi nella fase finale della sua carriera. Il titolo del film fa riferimento al soprannome dato al leader democristiano (cioè della Democrazia Cristiana) dal giornalista Mino Pecorelli, misteriosamente assassinato a Roma nel ‘79: «divo Giulio», come venne chiamato dopo la morte il dittatore e imperatore romano Gaio Giulio Cesare. Al centro della narrazione c'è l'enigmatica figura di Andreotti, interpretato magistralmente da Toni Servillo, rappresentato come un uomo freddo, solitario, impenetrabile, al centro di un sistema politico caratterizzato dalla corruzione e dal clientelismo, un sistema che a partire dal 1992 sarebbe stato travolto dall’inchiesta giudiziaria passata alla storia con il nome di Mani Pulite, che portò all'arresto di numerosi esponenti politici e imprenditori corrotti, segnando la fine della cosiddetta Prima Repubblica e l’inizio di una nuova, incerta fase della politica nazionale. Il film di Servillo esplora il potere oscuro e silenzioso che l'ex Presidente del Consiglio esercitava muovendo i fili della politica, del Vaticano, della stampa e dei servizi segreti.
Tra i principali temi storici affrontati nel film c’è sicuramente l’allusione ai presunti rapporti tra Stato e mafia, in particolare tra Giulio Andreotti e Cosa Nostra (la mafia siciliana), rapporti culminati nel processo per associazione mafiosa che ha visto Andreotti imputato negli anni '90. Il Divo non si sofferma sui dettagli del processo, ma restituisce la tensione etica e politica dell’epoca. Sorrentino, con il suo stile visionario e teatrale, suggerisce che il vero potere si esercita da dietro le quinte, nell’ombra, nel silenzio, e che le connessioni più pericolose sono quelle che non vengono rivelate pubblicamente.
Una curiosità: Giulio Andreotti vide il film in anteprima, in una proiezione privata, e lo definì, molto negativamente, «una mascalzonata». Se vuoi sapere di più sulla reazione di Andreotti, ti consiglio di leggere l’approfondimento che abbiamo preparato nel PDF, dove, come ti dicevo, all’inizio, troverai anche un riepilogo, una sinossi di tutti questi film, ma anche con le piattaforme dove puoi guardarli, nonché altri consigli di film che ti aiuteranno a capire meglio la storia italiana, anche quelli con una breve sinossi.
E ora sono curioso di sapere: hai già visto qualcuno dei film che ti ho consigliato in questo video? Cosa ne pensi? Avresti altri film a tema storico che ti hanno aiutato a capire l’Italia e la sua storia? Scrivimelo nei commenti. Ora, se ti interessano altri consigli cinematografici, tempo fa ho fatto un altro video, in cui ti ho parlato di altri 5 film italiani che devi assolutamente guardare. Se ti interessa, te lo lascio qui. Questo è tutto. Alla prossima!

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