Come si usa l'IMPERFETTO in italiano?
Note e risorse
In questo video ti svelo tutti i segreti di uno dei tempi verbali più temuti dagli studenti d'italiano: l'imperfetto.
Scarica il PDF gratuito con il riassunto della lezione
Abbonandoti al Podcast Italiano Club (livello di bronzo) avrai accesso alle trascrizioni dei video con glossario.
Trascrizione e glossario sul Podcast Italiano Club (livello di bronzo).
Accedi o registrati per continuare a leggere
L’imperfetto? Beh, sì, un tempo lo studiavo, poi, sai… non l’ho studiato più. Facevo pure degli esercizi sull’imperfetto, poi, beh, non ne ho fatti più. Guardavo perfino dei video YouTube, sull’imperfetto, poi, che dire… non ne ho guardati più. E grazie, perché non avevi ancora guardato questo video.
Studiavo, ho studiato; facevo, ho fatto; guardavo, ho guardato. Non ho nemmeno iniziato a parlare, e già ho cambiato tempo verbale ben 5 volte, passando dall’imperfetto al passato prossimo e viceversa. Perché?
Trascrizione e glossario sul Podcast Italiano Club
In questo video penetreremo insieme la complessità del tempo imperfetto: ti spiegherò quali usi dell’imperfetto si nascondono dietro un’unica etichetta e ti aiuterò a capire la differenza di fondo che c’è tra questo tempo e il passato prossimo. Ma anche il passato remoto! Questo video sarà molto importante se parli lingue come l’inglese o lingue non romanze, che non hanno l’imperfetto, e dunque, probabilmente, fai fatica a capire quando si usa (e quando si deve usare) questo tempo verbale.
Ah, io mi chiamo Davide e questo è Podcast Italiano, un canale per chi impara o ama l’italiano. Attiva i sottotitoli se ne hai bisogno, e ricorda che la trascrizione integrale di quello che dico nel video si trova sul mio sito. Come sempre, ho anche preparato un PDF che riassume tutto quello che dico e lo integra con altri esempi, altre informazioni ed esercizi. Puoi scaricarlo al link in descrizione, oppure scansionando questo comodo codice QR. Incominciamo!
L’imperfetto è uno dei quattro tempi semplici del modo indicativo, cioè tempi non composti, formati da una sola parola. È un tempo passato, nel senso che si usa tipicamente per parlare di fatti che avvengono nel passato rispetto al momento in cui parlo. Ma entriamo nel vivo e vediamo alcuni usi specifici dell’imperfetto:
- L’imperfetto si usa spesso per esprimere un evento che si ripete in un certo periodo di tempo. Si ripete un numero di volte indeterminato. Spesso, gli eventi che si ripetono sono abitudini e, in effetti, l’imperfetto, con questo uso, va molto d’accordo con parole ed espressioni di frequenza, come “sempre”, “spesso”, “di solito”, “abitualmente”, “ogni anno”, “tutte le estati”, “qualche volta”, “ogni tanto”, “di tanto in tanto”, ma anche “raramente”, “quasi mai”, “mai” perché l’abitudine può essere anche negata. Ok, così può sembrare un discorso astratto, ma sporchiamoci le mani con un brano tratto dal famoso romanzo Lessico Famigliare della scrittrice Natalia Ginzburg:
Passavamo sempre l’estate in montagna. Prendevamo una casa in affitto, per tre mesi, da luglio a settembre. Di solito, erano case lontane dall’abitato; e mio padre e i miei fratelli andavano ogni giorno, col sacco da montagna sulle spalle, a far la spesa in paese. (…) Passavamo la sera in casa, attorno alla tavola, noi fratelli e mia madre. Quanto a mio padre, se ne stava a leggere nella parte opposta della casa; e, di tanto in tanto, s’affacciava alla stanza, dove eravamo raccolti a chiacchierare e giocare.
Un anno eravamo particolarmente senza soldi, e sembrava che dovessimo restare in città l’estate. Fu poi fissata all’ultimo momento una casa, che costava poco (…); una casa senza luce elettrica, coi lumi a petrolio (…). La nostra risorsa furono certi libri, otto o dieci volumi rilegati in pelle (…). Ci nutrimmo dei libri per tutta l’estate.
- Quindi qui il narratore ci dice che quella vacanza fu diversa da tutte le altre, e viene raccontata nella sua unicità: per questo viene raccontata al passato remoto, e non all’imperfetto. Come sai, fra l’altro, il passato remoto è il tempo tipico che manda avanti la storia in un romanzo, che ci dice quello che, effettivamente, succede.
- Ma attenzione! Se parlando di eventi che si ripetono specifichiamo il numero esatto delle ripetizioni, possiamo avere due casi.
- Caso 1: Andavamo in montagna almeno tre volte all’anno.
- Qui abbiamo un numero specifico di volte, tre volte, che si ripete ogni anno (ma potrebbe essere due volte al mese, cinque volte al giorno, venti volte alla settimana, non lo so!): dunque, anche qui, abbiamo un caso di ripetizione. Le tre volte si ripetono, ciclicamente, ogni anno. Usiamo l’imperfetto.
- Vediamo ora il caso 2: Abbiamo passato l’estate in montagna tre volte.
- In questa seconda frase “tre volte” indica una frequenza assoluta, che non si ripete. Siamo andati tre volte e basta. Fine.
- Passiamo al secondo uso principale dell’imperfetto, che è quello dell’imperfetto di descrizione, descrizione fisica o psicologica di una persona, o di un oggetto o luogo. Di nuovo, andiamo a cercare degli esempi interessanti tratti dallo stesso romanzo. Ecco ad esempio come la narratrice descrive la nonna:
(…) era piccola, con minuscoli piedi calzati di stivaletti neri a piccolissimi bottoncini; era fiera di quei piccoli piedi, che spuntavano sotto alla gonna, ed era fiera della sua testa di capelli candidi, crespi, […]
I verbi con cui viene descritta la nonna sono tutti all’imperfetto: era, ripetuto tre volte, e spuntavano. Oltre alla descrizione di persone, troviamo nel libro esempi di descrizione di luoghi:
La casa di via Pastrengo era molto grande. C’erano dieci o dodici stanze, un cortile, un giardino e una veranda a vetri, che guardava sul giardino; era però molto buia, e certo umida (…).
Anche in questo caso, la descrizione è affidata all’imperfetto: era, c’erano, guardava. L’imperfetto dunque è utilissimo, anzi, è fondamentale per descrivere personaggi, ambienti, oggetti, e così via. Se leggi un romanzo in italiano, ti accorgerai che le descrizioni sono affidate all’imperfetto (l’uomo era alto, aveva i capelli neri, parlava con un accento straniero, camminava in maniera strana), mentre per mandare avanti la storia e per dire che cosa succede nella trama si usa il passato remoto. In italiano parlato, colloquiale, oggi, di solito, useremmo il passato prossimo.
- C’è poi un terzo uso importante dell’imperfetto, ovvero l’imperfetto progressivo, che ci permette di visualizzare un evento in un momento particolare del suo svolgimento. Di solito, in questi casi, possiamo usare usare anche la perifrasi stare + gerundio (che infatti viene chiamata “perifrasi progressiva”). E quindi:
Cenavo quando mi è arrivato il tuo messaggio.
oppure
Stavo cenando quando mi è arrivato il tuo messaggio.
Il momento particolare in cui l’evento della cena, del cenare, è colto, è quello dell’arrivo del messaggio. Si parla in questo caso di imperfetto progressivo. Progressivo è un termine non chiarissimo: bisogna interpretarlo come in inglese, no? “In progress”, nel senso di “in corso”, che sta succedendo, quindi, in un certo momento. Ti faccio altri due esempi:
Quando mi hai chiamato, dormivo (oppure stavo dormendo).
L’evento di dormire era in corso, in progress (che bell’accento italiano!). Osserva come spesso l’azione o l’evento in corso è all’imperfetto e fa da sfondo a qualcosa che succede (dormivo quando mi hai chiamato: dormivo è lo sfondo all’interno del quale si inserisce la chiamata, che è al passato prossimo).
Altre volte, invece, possiamo parlare di due azioni o situazioni contemporanee, usando due imperfetti:
Mentre tu studiavi, io dormivo.
E qui abbiamo due imperfetti. Ora, fin qui, il discorso può essere chiaro, ma se non parli una lingua romanza avrai comunque difficoltà a scegliere tra imperfetto e passato prossimo (o remoto, più comune però nella lingua scritta).
Cosa cambia, per esempio, tra:
L’altra mattina Giacomo andava al parco quando ha incontrato Federica.
L’altra mattina Giacomo è andato al parco e ha incontrato Federica.
Nella prima fase l’evento espresso da andava viene visto nel suo svolgimento: è l’uso progressivo, appunto, e potremmo parafrasarlo con “stava andando al parco”. Quello che dice la frase è che la continuazione dell’evento è indeterminata, cioè, di fatto, non sappiamo se Giacomo, poi, al parco ci è arrivato davvero o no. Per esempio, potrei aggiungere “…così Giacomo e Federica sono andati insieme a prendersi un caffè”. “Andava” si limita a dirci che in quel momento Giacomo faceva quello, stava facendo quello, stava andando al parco o andava al parco.
Nella seconda frase, invece, è andato esprimere un evento considerato come concluso, come un punto sulla linea del tempo: lo vediamo come qualcosa di finito, di terminato. In linguistica, per spiegare la differenza fondamentale che c’è tra tempi come l’imperfetto da un lato e il passato prossimo o passato remoto dall’altro, usano un concetto che chiamano “aspetto”. L’aspetto sarebbe la prospettiva, il punto di vista con il quale presentiamo un fatto, un evento. Semplificando molto, l’aspetto tipico del tempo imperfetto, che si chiama, non a caso, “aspetto imperfettivo”, ha come caratteristica principale proprio questa indeterminatezza su quello che succede dopo. Cioè, io ti dico che cosa succedeva in quel momento, come stavano le cose in quel momento, ma poi… il fatto è andato avanti? Si è ripetuto altre volte? È terminato? Boh, non lo sappiamo. Riprendiamo alcuni esempi:
L’altra mattina, Giacomo andava al parco quando ha incontrato Federica.
Beh, come dicevo prima non sappiamo se poi è arrivato al parco, è andato davvero al parco oppure no. Oppure:
Cenavo (o stavo cenando) quando mi è arrivato il tuo messaggio.
Ecco, non so se dopo aver ricevuto il messaggio ho continuato a cenare: forse sì, forse no. La continuazione potrebbe essere “…e quindi, sono subito venuto a casa tua”.
La casa di via Pastrengo era molto grande.
Lo era in quel momento, ma non specifichiamo se ha continuato ad esserlo, magari hanno venduto una parte della casa ed è diventata più piccola.
Andavamo in montagna almeno tre volte all’anno.
In quel periodo avevamo questa abitudine, ma non sappiamo se poi l’abbiamo mantenuta anche in futuro. E, infatti, potrei continuare con “…poi abbiamo smesso di andare perché mi sono fatto male al ginocchio”. Per dire.
Insomma, l’imperfetto, in tutte le sue accezioni, in tutti gli usi, si limita a presentare un evento dal punto di vista del passato, cioè: in quel momento le cose stavano così, succedeva questa cosa, facevo quest’altra cosa, una persona era in un certo modo e via dicendo, dopo non so cosa è successo. O magari lo so, ma il verbo non lo rende chiaro. Il passato prossimo (o remoto, che oggi, appunto, è più usato nella lingua scritta) invece guardano ai fatti dal punto di vista del presente e li considerano conclusi, cose fatte e terminate: in quel momento ho fatto quello, è successa questa cosa, qualcuno ha detto una cosa. Insomma, fatti conclusi, che non sono andati avanti, non sono proseguiti. I linguisti parlano, per passato prossimo e passato remoto, di aspetto perfettivo. E quindi, per esempio, se dico: ‘ho vissuto in Italia per tre mesi” oppure “ho letto il libro in due ore”, sto presentando questi fatti come fatti conclusi.
A proposito, con costruzioni come per tre mesi, per un anno (quindi per + il tempo) oppure in cinque minuti, in due mesi, (quindi in + un’indicazione di tempo), di solito non posso usare l’imperfetto.
Lasciamo stare, ora, l’aspetto e concentriamoci sulla modalità. Probabilmente anche questa è una parola nuova per te, ma è interessante e adesso te la spiego. La modalità sarebbe l’insieme degli strumenti linguistici con cui chi parla comunica il suo atteggiamento o il suo giudizio rispetto all’evento di cui parla.
Per esempio, può comunicare che considera l’evento reale o irreale, possibile o impossibile, certo o incerto, più o meno probabile e così via. Ecco, l’imperfetto rappresenta di solito eventi reali, cose realmente accadute. Frasi come:
“In quegli anni vivevo a Bologna, e facevo l’università”
o come
“A Natale andavamo sempre in Calabria per passare le feste con la famiglia”
potrebbero benissimo appartenere a un racconto autobiografico: cioè sono fatti reali, fatti veri. Tuttavia, attenzione! L’imperfetto si può usare anche per esprimere eventi non reali, come altri tempi verbali del modo indicativo: ad esempio, eventi solo desiderati, o progettati, o sognati o ipotizzati. Vediamo in quali casi.
L’imperfetto è usato per esprimere eventi desiderati nelle richieste cortesi e nelle affermazioni attenuate, cioè quando si usa per parlare di fatti che avvengono nel presente. Si parla, in questo caso, di imperfetto di cortesia o di modestia. Ne troviamo un esempio d’uso nel celebre film Johnny Stecchino con Roberto Benigni:
Buongiorno…
Buongiorno.
Tanto piacere, Dante.
Nicola Travaglia. Dica.
No, non volevo comprare niente. Volevo sapere il prezzo. Ad esempio, vede… quanto costano… quelle cipolle là!”
In questa scena, “volevo sapere il prezzo” equivale a “vorrei sapere il prezzo”: è una richiesta formulata in modo cortese, gentile, educato. “Volevo” non si riferisce al passato (”volevo, ma ora non voglio più”), ma è un semplice modo di rendere la nostra richiesta più gentile. Si tratta di un uso molto frequente, anche più frequente del condizionale vorrei quando si fanno richieste in luoghi come il negozio, il ristorante, il bar, ecc. Volevo… volevo sapere, volevo chiederle, volevo…
L’imperfetto è poi usato per esprimere eventi non reali ma solo ipotizzati dal parlante, si parla infatti di imperfetto ipotetico, quando esprime un fatto che poteva succedere…ma non è successo. Ad esempio, il poeta Ennio Cavalli usa l’imperfetto ipotetico nel seguente verso:
Se ero più alto facevo il poeta.
Cavalli sceglie quest’uso dell’imperfetto tipico del registro informale, anziché dire “se fossi stato più alto avrei fatto il poeta” o, in alternativa, “se fossi più alto, farei il poeta”, che sono usi appartenenti a un registro meno colloquiale, un pochino più formale. Quest’uso del doppio imperfetto è molto comune nella lingua parlata. Se lo sapevo te lo dicevo, se venivi ti facevo vedere la mia nuova cucina.
Un altro uso molto interessante è l’imperfetto onirico: l’imperfetto usato per esprimere eventi, anche qui, non reali ma invece sognati, come in questo brano tratto dalla raccolta Sogni di sogni dello scrittore Antonio Tabucchi:
La notte del primo gennaio 1599, mentre si trovava nel letto di una prostituta, Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, pittore e uomo iracondo, sognò che Dio lo visitava. Dio lo visitava attraverso il Cristo, e puntava il dito su di lui. Michelangelo era in una taverna, e stava giocando di denaro. I suoi compagni erano dei furfanti, e qualcuno era ubriaco. E lui, lui non era Michelangelo Merisi, il pittore celebre, ma un avventore qualsiasi, un malandrino.
E quindi, qui usiamo l’imperfetto per parlare di quello che succede in un sogno. In effetti, facciamo proprio così quando raccontiamo i sogni in italiano: usiamo l’imperfetto. Ho sognato che vivevo in Spagna e facevo questo lavoro, e poi succedeva questo e poi quest’altro.” Quindi usiamo l’imperfetto.
Bene, siamo arrivati alla fine di questo lungo video. Fammi sapere se ti è piaciuto e se ti può interessare un approfondimento sulla differenza tra imperfetto e passato prossimo, che è un argomento sicuramente difficile per chi non parla lingue romanze (come spagnolo, francese ecc.). Quindi probabilmente farò un secondo video. Fammi sapere cosa ne pensi e scarica il PDF se vuoi scaricare il contenuto della lezione e fare degli esercizi per padroneggiare questo argomento.
L’imperfetto? Beh, sì, un tempo lo studiavo, poi, sai… non l’ho studiato più. Facevo pure degli esercizi sull’imperfetto, poi, beh, non ne ho fatti più. Guardavo perfino dei video YouTube, sull’imperfetto, poi, che dire… non ne ho guardati più. E grazie, perché non avevi ancora guardato questo video.
Studiavo, ho studiato; facevo, ho fatto; guardavo, ho guardato. Non ho nemmeno iniziato a parlare, e già ho cambiato tempo verbale ben 5 volte, passando dall’imperfetto al passato prossimo e viceversa. Perché?
Trascrizione e glossario sul Podcast Italiano Club
In questo video penetreremo insieme la complessità del tempo imperfetto: ti spiegherò quali usi dell’imperfetto si nascondono dietro un’unica etichetta e ti aiuterò a capire la differenza di fondo che c’è tra questo tempo e il passato prossimo. Ma anche il passato remoto! Questo video sarà molto importante se parli lingue come l’inglese o lingue non romanze, che non hanno l’imperfetto, e dunque, probabilmente, fai fatica a capire quando si usa (e quando si deve usare) questo tempo verbale.
Ah, io mi chiamo Davide e questo è Podcast Italiano, un canale per chi impara o ama l’italiano. Attiva i sottotitoli se ne hai bisogno, e ricorda che la trascrizione integrale di quello che dico nel video si trova sul mio sito. Come sempre, ho anche preparato un PDF che riassume tutto quello che dico e lo integra con altri esempi, altre informazioni ed esercizi. Puoi scaricarlo al link in descrizione, oppure scansionando questo comodo codice QR. Incominciamo!
L’imperfetto è uno dei quattro tempi semplici del modo indicativo, cioè tempi non composti, formati da una sola parola. È un tempo passato, nel senso che si usa tipicamente per parlare di fatti che avvengono nel passato rispetto al momento in cui parlo. Ma entriamo nel vivo e vediamo alcuni usi specifici dell’imperfetto:
- L’imperfetto si usa spesso per esprimere un evento che si ripete in un certo periodo di tempo. Si ripete un numero di volte indeterminato. Spesso, gli eventi che si ripetono sono abitudini e, in effetti, l’imperfetto, con questo uso, va molto d’accordo con parole ed espressioni di frequenza, come “sempre”, “spesso”, “di solito”, “abitualmente”, “ogni anno”, “tutte le estati”, “qualche volta”, “ogni tanto”, “di tanto in tanto”, ma anche “raramente”, “quasi mai”, “mai” perché l’abitudine può essere anche negata. Ok, così può sembrare un discorso astratto, ma sporchiamoci le mani con un brano tratto dal famoso romanzo Lessico Famigliare della scrittrice Natalia Ginzburg:
Passavamo sempre l’estate in montagna. Prendevamo una casa in affitto, per tre mesi, da luglio a settembre. Di solito, erano case lontane dall’abitato; e mio padre e i miei fratelli andavano ogni giorno, col sacco da montagna sulle spalle, a far la spesa in paese. (…) Passavamo la sera in casa, attorno alla tavola, noi fratelli e mia madre. Quanto a mio padre, se ne stava a leggere nella parte opposta della casa; e, di tanto in tanto, s’affacciava alla stanza, dove eravamo raccolti a chiacchierare e giocare.
Un anno eravamo particolarmente senza soldi, e sembrava che dovessimo restare in città l’estate. Fu poi fissata all’ultimo momento una casa, che costava poco (…); una casa senza luce elettrica, coi lumi a petrolio (…). La nostra risorsa furono certi libri, otto o dieci volumi rilegati in pelle (…). Ci nutrimmo dei libri per tutta l’estate.
- Quindi qui il narratore ci dice che quella vacanza fu diversa da tutte le altre, e viene raccontata nella sua unicità: per questo viene raccontata al passato remoto, e non all’imperfetto. Come sai, fra l’altro, il passato remoto è il tempo tipico che manda avanti la storia in un romanzo, che ci dice quello che, effettivamente, succede.
- Ma attenzione! Se parlando di eventi che si ripetono specifichiamo il numero esatto delle ripetizioni, possiamo avere due casi.
- Caso 1: Andavamo in montagna almeno tre volte all’anno.
- Qui abbiamo un numero specifico di volte, tre volte, che si ripete ogni anno (ma potrebbe essere due volte al mese, cinque volte al giorno, venti volte alla settimana, non lo so!): dunque, anche qui, abbiamo un caso di ripetizione. Le tre volte si ripetono, ciclicamente, ogni anno. Usiamo l’imperfetto.
- Vediamo ora il caso 2: Abbiamo passato l’estate in montagna tre volte.
- In questa seconda frase “tre volte” indica una frequenza assoluta, che non si ripete. Siamo andati tre volte e basta. Fine.
- Passiamo al secondo uso principale dell’imperfetto, che è quello dell’imperfetto di descrizione, descrizione fisica o psicologica di una persona, o di un oggetto o luogo. Di nuovo, andiamo a cercare degli esempi interessanti tratti dallo stesso romanzo. Ecco ad esempio come la narratrice descrive la nonna:
(…) era piccola, con minuscoli piedi calzati di stivaletti neri a piccolissimi bottoncini; era fiera di quei piccoli piedi, che spuntavano sotto alla gonna, ed era fiera della sua testa di capelli candidi, crespi, […]
I verbi con cui viene descritta la nonna sono tutti all’imperfetto: era, ripetuto tre volte, e spuntavano. Oltre alla descrizione di persone, troviamo nel libro esempi di descrizione di luoghi:
La casa di via Pastrengo era molto grande. C’erano dieci o dodici stanze, un cortile, un giardino e una veranda a vetri, che guardava sul giardino; era però molto buia, e certo umida (…).
Anche in questo caso, la descrizione è affidata all’imperfetto: era, c’erano, guardava. L’imperfetto dunque è utilissimo, anzi, è fondamentale per descrivere personaggi, ambienti, oggetti, e così via. Se leggi un romanzo in italiano, ti accorgerai che le descrizioni sono affidate all’imperfetto (l’uomo era alto, aveva i capelli neri, parlava con un accento straniero, camminava in maniera strana), mentre per mandare avanti la storia e per dire che cosa succede nella trama si usa il passato remoto. In italiano parlato, colloquiale, oggi, di solito, useremmo il passato prossimo.
- C’è poi un terzo uso importante dell’imperfetto, ovvero l’imperfetto progressivo, che ci permette di visualizzare un evento in un momento particolare del suo svolgimento. Di solito, in questi casi, possiamo usare usare anche la perifrasi stare + gerundio (che infatti viene chiamata “perifrasi progressiva”). E quindi:
Cenavo quando mi è arrivato il tuo messaggio.
oppure
Stavo cenando quando mi è arrivato il tuo messaggio.
Il momento particolare in cui l’evento della cena, del cenare, è colto, è quello dell’arrivo del messaggio. Si parla in questo caso di imperfetto progressivo. Progressivo è un termine non chiarissimo: bisogna interpretarlo come in inglese, no? “In progress”, nel senso di “in corso”, che sta succedendo, quindi, in un certo momento. Ti faccio altri due esempi:
Quando mi hai chiamato, dormivo (oppure stavo dormendo).
L’evento di dormire era in corso, in progress (che bell’accento italiano!). Osserva come spesso l’azione o l’evento in corso è all’imperfetto e fa da sfondo a qualcosa che succede (dormivo quando mi hai chiamato: dormivo è lo sfondo all’interno del quale si inserisce la chiamata, che è al passato prossimo).
Altre volte, invece, possiamo parlare di due azioni o situazioni contemporanee, usando due imperfetti:
Mentre tu studiavi, io dormivo.
E qui abbiamo due imperfetti. Ora, fin qui, il discorso può essere chiaro, ma se non parli una lingua romanza avrai comunque difficoltà a scegliere tra imperfetto e passato prossimo (o remoto, più comune però nella lingua scritta).
Cosa cambia, per esempio, tra:
L’altra mattina Giacomo andava al parco quando ha incontrato Federica.
L’altra mattina Giacomo è andato al parco e ha incontrato Federica.
Nella prima fase l’evento espresso da andava viene visto nel suo svolgimento: è l’uso progressivo, appunto, e potremmo parafrasarlo con “stava andando al parco”. Quello che dice la frase è che la continuazione dell’evento è indeterminata, cioè, di fatto, non sappiamo se Giacomo, poi, al parco ci è arrivato davvero o no. Per esempio, potrei aggiungere “…così Giacomo e Federica sono andati insieme a prendersi un caffè”. “Andava” si limita a dirci che in quel momento Giacomo faceva quello, stava facendo quello, stava andando al parco o andava al parco.
Nella seconda frase, invece, è andato esprimere un evento considerato come concluso, come un punto sulla linea del tempo: lo vediamo come qualcosa di finito, di terminato. In linguistica, per spiegare la differenza fondamentale che c’è tra tempi come l’imperfetto da un lato e il passato prossimo o passato remoto dall’altro, usano un concetto che chiamano “aspetto”. L’aspetto sarebbe la prospettiva, il punto di vista con il quale presentiamo un fatto, un evento. Semplificando molto, l’aspetto tipico del tempo imperfetto, che si chiama, non a caso, “aspetto imperfettivo”, ha come caratteristica principale proprio questa indeterminatezza su quello che succede dopo. Cioè, io ti dico che cosa succedeva in quel momento, come stavano le cose in quel momento, ma poi… il fatto è andato avanti? Si è ripetuto altre volte? È terminato? Boh, non lo sappiamo. Riprendiamo alcuni esempi:
L’altra mattina, Giacomo andava al parco quando ha incontrato Federica.
Beh, come dicevo prima non sappiamo se poi è arrivato al parco, è andato davvero al parco oppure no. Oppure:
Cenavo (o stavo cenando) quando mi è arrivato il tuo messaggio.
Ecco, non so se dopo aver ricevuto il messaggio ho continuato a cenare: forse sì, forse no. La continuazione potrebbe essere “…e quindi, sono subito venuto a casa tua”.
La casa di via Pastrengo era molto grande.
Lo era in quel momento, ma non specifichiamo se ha continuato ad esserlo, magari hanno venduto una parte della casa ed è diventata più piccola.
Andavamo in montagna almeno tre volte all’anno.
In quel periodo avevamo questa abitudine, ma non sappiamo se poi l’abbiamo mantenuta anche in futuro. E, infatti, potrei continuare con “…poi abbiamo smesso di andare perché mi sono fatto male al ginocchio”. Per dire.
Insomma, l’imperfetto, in tutte le sue accezioni, in tutti gli usi, si limita a presentare un evento dal punto di vista del passato, cioè: in quel momento le cose stavano così, succedeva questa cosa, facevo quest’altra cosa, una persona era in un certo modo e via dicendo, dopo non so cosa è successo. O magari lo so, ma il verbo non lo rende chiaro. Il passato prossimo (o remoto, che oggi, appunto, è più usato nella lingua scritta) invece guardano ai fatti dal punto di vista del presente e li considerano conclusi, cose fatte e terminate: in quel momento ho fatto quello, è successa questa cosa, qualcuno ha detto una cosa. Insomma, fatti conclusi, che non sono andati avanti, non sono proseguiti. I linguisti parlano, per passato prossimo e passato remoto, di aspetto perfettivo. E quindi, per esempio, se dico: ‘ho vissuto in Italia per tre mesi” oppure “ho letto il libro in due ore”, sto presentando questi fatti come fatti conclusi.
A proposito, con costruzioni come per tre mesi, per un anno (quindi per + il tempo) oppure in cinque minuti, in due mesi, (quindi in + un’indicazione di tempo), di solito non posso usare l’imperfetto.
Lasciamo stare, ora, l’aspetto e concentriamoci sulla modalità. Probabilmente anche questa è una parola nuova per te, ma è interessante e adesso te la spiego. La modalità sarebbe l’insieme degli strumenti linguistici con cui chi parla comunica il suo atteggiamento o il suo giudizio rispetto all’evento di cui parla.
Per esempio, può comunicare che considera l’evento reale o irreale, possibile o impossibile, certo o incerto, più o meno probabile e così via. Ecco, l’imperfetto rappresenta di solito eventi reali, cose realmente accadute. Frasi come:
“In quegli anni vivevo a Bologna, e facevo l’università”
o come
“A Natale andavamo sempre in Calabria per passare le feste con la famiglia”
potrebbero benissimo appartenere a un racconto autobiografico: cioè sono fatti reali, fatti veri. Tuttavia, attenzione! L’imperfetto si può usare anche per esprimere eventi non reali, come altri tempi verbali del modo indicativo: ad esempio, eventi solo desiderati, o progettati, o sognati o ipotizzati. Vediamo in quali casi.
L’imperfetto è usato per esprimere eventi desiderati nelle richieste cortesi e nelle affermazioni attenuate, cioè quando si usa per parlare di fatti che avvengono nel presente. Si parla, in questo caso, di imperfetto di cortesia o di modestia. Ne troviamo un esempio d’uso nel celebre film Johnny Stecchino con Roberto Benigni:
Buongiorno…
Buongiorno.
Tanto piacere, Dante.
Nicola Travaglia. Dica.
No, non volevo comprare niente. Volevo sapere il prezzo. Ad esempio, vede… quanto costano… quelle cipolle là!”
In questa scena, “volevo sapere il prezzo” equivale a “vorrei sapere il prezzo”: è una richiesta formulata in modo cortese, gentile, educato. “Volevo” non si riferisce al passato (”volevo, ma ora non voglio più”), ma è un semplice modo di rendere la nostra richiesta più gentile. Si tratta di un uso molto frequente, anche più frequente del condizionale vorrei quando si fanno richieste in luoghi come il negozio, il ristorante, il bar, ecc. Volevo… volevo sapere, volevo chiederle, volevo…
L’imperfetto è poi usato per esprimere eventi non reali ma solo ipotizzati dal parlante, si parla infatti di imperfetto ipotetico, quando esprime un fatto che poteva succedere…ma non è successo. Ad esempio, il poeta Ennio Cavalli usa l’imperfetto ipotetico nel seguente verso:
Se ero più alto facevo il poeta.
Cavalli sceglie quest’uso dell’imperfetto tipico del registro informale, anziché dire “se fossi stato più alto avrei fatto il poeta” o, in alternativa, “se fossi più alto, farei il poeta”, che sono usi appartenenti a un registro meno colloquiale, un pochino più formale. Quest’uso del doppio imperfetto è molto comune nella lingua parlata. Se lo sapevo te lo dicevo, se venivi ti facevo vedere la mia nuova cucina.
Un altro uso molto interessante è l’imperfetto onirico: l’imperfetto usato per esprimere eventi, anche qui, non reali ma invece sognati, come in questo brano tratto dalla raccolta Sogni di sogni dello scrittore Antonio Tabucchi:
La notte del primo gennaio 1599, mentre si trovava nel letto di una prostituta, Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, pittore e uomo iracondo, sognò che Dio lo visitava. Dio lo visitava attraverso il Cristo, e puntava il dito su di lui. Michelangelo era in una taverna, e stava giocando di denaro. I suoi compagni erano dei furfanti, e qualcuno era ubriaco. E lui, lui non era Michelangelo Merisi, il pittore celebre, ma un avventore qualsiasi, un malandrino.
E quindi, qui usiamo l’imperfetto per parlare di quello che succede in un sogno. In effetti, facciamo proprio così quando raccontiamo i sogni in italiano: usiamo l’imperfetto. Ho sognato che vivevo in Spagna e facevo questo lavoro, e poi succedeva questo e poi quest’altro.” Quindi usiamo l’imperfetto.
Bene, siamo arrivati alla fine di questo lungo video. Fammi sapere se ti è piaciuto e se ti può interessare un approfondimento sulla differenza tra imperfetto e passato prossimo, che è un argomento sicuramente difficile per chi non parla lingue romanze (come spagnolo, francese ecc.). Quindi probabilmente farò un secondo video. Fammi sapere cosa ne pensi e scarica il PDF se vuoi scaricare il contenuto della lezione e fare degli esercizi per padroneggiare questo argomento.
Scarica trascrizione in PDF