Trascrizione
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Tutto “apposto”.
Tutto “a.
posto”, “apposto”.
Ma.
ma come si scrive?Beh, se avete una minima conoscenza della lingua italiana sapete che si scrive“a posto”, due parole staccate.
[00:10] Ok, e come sipronuncia? Beh, in italiano standard si pronuncia [appósto], con una doppia.
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“Apposto”.
Quindi “a posto” come“tutto ok” e “apposto” come “ho apposto una firma”, dal verbo “apporre” hannola stessa identica pronuncia.
E oggi vedremo ilperché di questo strano fenomeno di pronuncia.
[apposto] è la formacorretta.
E se mi sente unapersona del Centro o del Sud dell’Italia non si sorprende minimamente [00:47],perché ha sempre detto [appósto].
Ma se mi sente unapersona del Nord potrebbe pensare che io sia leggermente pazzo.
Perché “a posto” sonodue parole staccate, quindi [apósto].
Però in italianostandard la pronuncia dovrebbe essere proprio questa, [appósto], ma non solo in“a posto”, anche in altre combinazioni come “tu sei”, [tussèi], [kevvuòi],[offàtto], [dʒàddétto].
E tante altre.
Ma quindi ci sonodelle doppie “fantasma”? Da dove escono? Da dove arrivano? Questo fenomeno sichiama “raddoppiamento fonosintattico” e so che sembra difficile, ma non vipreoccupate, non vi spaventate, è meno difficile di quanto sembri indicare ilnome.
Il raddoppiamentofonosintattico è un fenomeno dell’italiano standard, quindi significa che èpresente nella dizione, nel modo in cui parlano gli attori di teatro, idoppiatori, tutte le persone che cercano di imparare questo modo di pronunciarel’italiano, come anche me.
Io cerco di parlarein dizione da qualche tempo.
Ho dedicato un videoalla dizione, magari vi può interessare.
La dizione si basasul fiorentino [01:57], e quindi questo fenomeno che c’è nel fiorentino c’èanche nell’italiano standard, nella dizione standard.
Ma questo non è unfenomeno esclusivo del fiorentino, è un fenomeno dei dialetti del Centro e delSud.
Ma è un fenomeno cheè totalmente assente nei dialetti del Nord Italia, quindi questa è unadifferenza importante.
Ok, ma come funzionaesattamente? Non è che possiamo mettere doppie a caso e tutto va bene.
No, ci sono delleparole dopo le quali la parola successiva inizierà con una consonanteraddoppiata.
Cioè, delle paroleche fanno raddoppiare [02:35] la prima consonante della parola dopo.
Ok? Sono trecategorie di parole.
La prima categoriasono i monosillabi forti.
Allora, unmonosillabo è una parola che ha una sola sillaba.
Fanno parte deimonosillabi forti tutta una serie di parole.
Per esempio imonosillabi che hanno un accento sulla vocale, quindi per esempio “può”, oppure“già”, “è”, il verbo “essere”, quindi [èvvéro], [pwoddàrsi], [dʒaffàtto], maanche tanti monosillabi che non hanno l’haccento, quindi “a”/”ha”, “che”,“chi”, “ho”, quindi per esempio [keffài], [kissèi], [arróma], [od détto].
Ci sono monosillabideboli, come per esempio gli articoli.
Non diciamo[lappersóna], diciamo [lapersóna], senza raddoppiamento, ma diciamo [oddétto],[kisséi], [dʒaffàtto].
Poi ci sono le parolepiù lunghe di una sillaba che sono tronche, cioè l’accento cade sull’ultimasillaba, quindi per esempio “virtù”, “caffè”, “città”.
Quindi per esempio[kaffèllùngo], o [kaffèllatte].
Oppure una [tʃittàggrande].
Ma anche il futuro,quindi “sarò”, per esempio, “saro”, “avrò”, “io [sarokkapàtʃe], oppure ilpassato remoto, “partì”, “l’uomo [partissùbito].
E poi ci sono altreparole che non rientrano in queste due categorie, che sono parole speciali come“come”, ”dove”, “qualche” e “sopra”.
Quindi [komemmé],oppure [kwalkevvòlta].
Ripeto, questa è lapronuncia nell’italiano standard.
Ok, ma da dovevengono questi strani raddoppiamenti, queste consonanti fantasma? Perché“hoddetto”? Non è un po’ strano? Ovviamente l’origine è da ricercarsi [04:33]nella lingua latina! Sì, perché questo alla fine è un fenomeno di assimilazione.
Che cos’èun’assimilazione? Beh, intanto cosa vuol dire “assimilare”? “Assimilare”significa “rendere simile a sé stesso”.
Quindi facciamo unesempio che secondo me è molto chiaro.
La parola “admittō”in latino, che in italiano diventa “ammetto”.
Vediamoun’assimilazione perché la “m” di “mittō” assimila la “d”, e in italianoabbiamo “ammetto”.
E questo non succedein altre lingue romanze.
Quindi in spagnolodiciamo “admito”, o in francese “admets”.
Anche in inglese c’è“admit”, che viene dal francese.
La “d” quindi nonsparisce [05:20], mentre in italiano sparisce, ed è un fenomeno molto moltocomune, questa assimilazione, all’interno delle parole.
Quindi per esempionoi non diciamo “facto”, che deriva da “factum” in latino, diciamo “fatto”,perché la “c” viene assimilata dalla “t”.
Oppure non diciamo“obtenere”, diciamo “ottenere” perché la “b” viene assimilata dalla “t”, anchese deriva dal latino obtinēre e in spagnolo si dice “obtener*”, e in franceseanche “obtenir”.
Ci sono tantissimeparole in italiano che hanno una doppia all’interno e quella doppia è propriocausata da un’assimilazione di questo genere.
Quindi ok,“ammettere”, ma se noi abbiamo una “d” e una “n” ma al confine [06:10] tra dueparole, quindi “ad mē”, “ad mē” in latino.
Beh, “ad mē” in latinodiventa in fiorentino “a (m)me” [ammé] perché succede la stessa cosa chesuccede in “ammettere”, quindi “a (m)me”.
Quindi la differenzatra “ammettere” e “a me” è che “ammettere” è una parola, “a me” due parole.
Però il fenomeno chesuccede è lo stesso, in un caso dentro la parola, nell’altro caso tra dueparole.
Ed è proprioquest’ultimo il raddoppiamento fonosintattico.
Oppure prendiamo ilverbo latino advenīre, o “adwenīre”, con la pronuncia classica che usavano iRomani.
In italiano questodiventa “avvenire”, quindi la “d” si assimila.
Ok.
Però se noi prendiamo“ad vōs”, o “ad wōs” che succede? Beh, in fiorentino succede che dobbiamo dire“a (v)voi”.
Oppure lacombinazione “trēs canēs” in latino diventa “tre (c)cani” in italiano, comel’Enciclopedia Treccani.
Perché la “s” vieneassimilata dalla “c” subito dopo.
Ma anche con leparole tronche, come città, che abbiamo visto prima, per esempio “città” derivadal latino “cīvitа̄tem” oppure “ciwītа̄tem”, che in proto-italiano diventa“cittade”, in italiano antico è ancora “cittade”.
Ecco, questa “de” siassimila e per questo “città” vuole un raddoppiamento.
“Città (g)grande”,perché sarebbe “cittade grande”, “città (g)grande”.
No? Quello spazioviene riempito [07:40], viene compensato dal raddoppiamento.
Quindi questa èl’origine del fenomeno.
C’è un’assimilazione.
Però noi vediamo chein realtà questo fenomeno in italiano succede, si verifica anche con delleparole che in latino non finivano per consonante, quindi non c’è stata nessunaassimilazione.
Per esempio, “tu” chederiva dal latino “tū” Oppure “chi” che deriva dal latino “quī”.
E quindi come sispiega “tu (s)sei” oppure “chi (s)sei”? Beh, praticamente è successo che cosìtante parole che avevano accento alla fine oppure avevano una sola sillaba,quindi l’accento cadeva su quella sillaba, così tante di queste parolecausavano il raddoppiamento a causa di un’assimilazione che le personeinconsciamente [09:00] hanno iniziato a pensare che la causa non fosseun’assimilazione che loro non percepivano, ma fosse proprio il fatto che l’ultimasillaba era accentata, una sorta di rianalisi, no? E quindi questo fenomeno èstato poi esteso ad altre parole dove ciò non doveva e non dovrebbe accadere.
Non so se è chiaro.
Quindi per questo “tu(s)sei” o “chi (s)sei”.
È stata fatta quindiinconsciamente un’analogia con altre parole e questo è affascinante [09:05],sono fenomeni che ovviamente si verificano [09:05] inconsciamente, però è moltomolto interessante studiarli.
Ok, quindi questoraddoppiamento fonosintattico è un fenomeno solo del parlato, no? Cioè non.
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non si scrive? Non èproprio così, perché in italiano c’è una lunga lunga serie di parole che sidicono “univerbate”, cioè parole che in origine erano due parole, dei compostiche si sono uniti, che si sono univerbati, che si sono fusi [09:40], possiamodire.
Quindi, per esempio,“appena”, “apposta”, “davvero”, “eppure”, “frattempo”, come “nel frattempo”,“sebbene”, “soprattutto”, “chissenefrega” e anche tantissime altre parole.
E se andiamo avedere, sono delle parole in cui c’è un monosillabo, uno di quelli della listadi prima, e poi un’altra parola.
E quindi logicamentesi doveva verificare e si verificava un raddoppiamento, cioè “a + pena”diventava “appena” e questo si riflette anche nel modo in cui si scrive.
Noi effettivamentescriviamo il raddoppiamento fonosintattico, perché per noi oramai “appena” o“davvero” o “oppure” sono una parola sola, non due parole, le percepiamo comeuna parola.
E tra l’altro, anchequando diciamo “dimmi” oppure “dammi” oppure “vacci” — ecco, questi sono degliimperativi che sono dei monosillabi.
“Di’” è unimperativo, “va’”, “vac - ci”, “va’”.
Ecco, questiimperativi sono collegati con dei pronomi, ma dato che sono dei mono - sillabicausano il raddoppiamento.
Per questo diciamo“dimmi” e “dammi”, mentre in spagno - lo no, non c’è questo, si dice “dime” e“dame”.
Ok, quindi questo èun fenomeno del Cen - tro-Sud e dei dialetti del Centro-Sud e anche l’italiano,che di fatto è un dialetto del Centro che è diventato un po’ più importantedegli al - tri.
Ma nei dialetti delNord questo fenomeno è totalmente assente.
Anzi, nei dialettidel Nord solitamente il fenomeno è contrario, cioè si tol - gono tutte ledoppie.
Però quando al Nordab - biamo (dico abbiamo perché io sono di Torino, del Nord), abbiamo imparatol’italiano, abbia - mo imparato a pronunciare le doppie quando le doppie sonoscritte, quindi nessun italia - no settentrionale avrebbe dei problemi a dire“sebbene” oppure “eppure” oppure.
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oppure “oppure”,anche “oppure”! Lo vediamo scritto, lo pronunciamo e non abbiamo problemi a par- te magari qualche persona molto anziana con un accento molto forte che anchein queste parole potrebbe avere difficoltà a pronunciare la doppia e latendenza a non dire la doppia.
Però non abbiamoproblemi generalmente.
Tuttavia, per noi ilraddoppiamento fonosintat - tico è qualcosa di alieno, non diremmo.
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non di - remmo mai “a(r)Roma”, diremmo “a Roma”, non diremmo mai “a (p)Parma” ma “a Parma”, però di ciamo“appena”.
Non diremmo mai “se(b)bevi”, no? “Se (b)bevi” ma diciamo “sebbene”, quindi noi le doppie lefacciamo quando le vediamo scritte, perché per noi nei dialetti del Nord que -sto fenomeno non è.
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non esiste e quindinon è naturale nemmeno quando parliamo italia - no.
Tra l’altro, se viinteressa vi lascio un link che vi manda al DOP, il Dizionario di ortografia epronunzia (pronunzia!) dove potete andare a verificare [12:50]se c’è un raddoppiamento,quindi vedete: se una parola ha questo “+”, il più significa che è necessariofare un raddop - piamento, quindi è un modo di verificare se si deve fareoppure no, o almeno nella dizione.
Questo che significa?Che ora dovete impa - rare a fare tutti questi raddoppiamenti, sia che voisiate stranieri sia che voi siate italia - ni? No, non dovete farli, a meno che[12:55] non vogliate proprio padroneggiare [13:05], perfezionare la dizione.
Non è assolutamen -te necessario, però ritengo sia interessante e.
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e questo anche viaiuta a capire perché diciamo “davvero”, “sebbene”, “eppure” ma an - che“dimmi” e “dammi” e tutte queste cose.
Ora, ho delle domandesia per gli stranieri sia anche per la minoranza di italiani che mi segue.
Allora, se sietestranieri: conoscevate questo fenomeno, l’avete mai notato? Magari l’avetenotato ascoltando persone del Centro-Sud.
E vi consiglio anchedi provare a notarlo e no - tare le differenze tra un italiano, per esempio, diRoma e un italiano del Nord.
Anche qui su YouTube!Se guardare Alberto Arrighini, per esempio, che è di Brescia, del Nord e quindinon ha i raddoppiamenti e se guardate, per esem - pio, Lucrezia Oddone che è diRoma e quindi ha tutti questi raddoppiamenti.
E se siete italianivoglio invece chiedervi: conoscevate dell’esi - stenza di questo fenomeno?Esiste nel vostro italiano regionale e esiste come l’ho descritto io o magarinon esiste con alcune parole? Perché, per esempio, ci sono delle differenze.
Si dice che “da” e“dove” necessitino il raddoppiamento, ma in realtà secondo me è una cosa cheormai si fa solamente a Firenze, nemmeno nell’italiano standard si dice “da(d)dove” oppure “da (f)Fi - renze” o “da (q)quando” oppure “di dove (s)sei?”Solamente i fiorentini direbbero così.
O forse i toscani,non lo so, però ditemi voi e se c’è qual - cuno che ha anche delle correzioni ene sa più di me siete liberi di commentare come sempre.
Detto questo io viringrazio per la cortese atten - zione.
Voglio ancoraparlarvi del mio Patreon, della mia.
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del mio PodcastItaliano Club su Pa - treon.
Se state imparandol’italiano vi potrebbe interessare il mio club perché è un luogo dove potetericevere dei contenuti bonus, dove pote - te.
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che vi permette dientrare a far parte di un gruppo Telegram dove chiacchieriamo di italia - no edi tante altre cose.
Oramai è ilprincipale modo in cui riesco a guadagnare da questo pro - getto quindi graziedi cuore a tutte le persone che mi sostengono.
E andare a dareun’occhiata se vi può interessare.
Un enorme abbraccioai miei patrons, ai miei sostenitori.
E un grazie a tuttiper aver visto questo video.
A (p)presto! “A(p)presto”, non “a presto”.
Ciao!
Beh, in fiorentino succede che dobbiamodire “a (v)voi”. Oppure la combinazione “trēscanēs” in latino diventa “tre (c)cani” in italiano, come l’Enciclopedia Treccani. Perché la “s”viene assimilata dalla “c” subito dopo. Ma anche con le parole tronche, come città, che abbiamo visto prima, per esempio “città” derivadal latino “cīvitа̄tem” oppure “ciwītа̄tem”, chein proto-italiano diventa “cittade”, in italianoantico è ancora “cittade”. Ecco, questa “de” siassimila e per questo “città” vuole un raddoppiamento. “Città (g)grande”, perché sarebbe“cittade grande”, “città (g)grande”. No? Quello spazio viene riempito [07:40], viene compensato dal raddoppiamento. Quindi questaè l’origine del fenomeno. C’è un’assimilazione.