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Riflessione sull’intelligenza artificiale

Principiante
#
90

October 2, 2025

Note e risorse

In questo episodio Irene riflette sull'intelligenza artificiale e su come la tecnologia ha cambiato le nostre vite: ci rende più liberi o più schiavi?

Parla con il mio clone virtuale: https://yourteacher.ai/davide/
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Trascrizione

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Ciao e bentornato, o bentornata, su Podcast Italiano Principiante, un podcast che ti insegna l’italiano attraverso storie, conversazioni e riflessioni autentiche, interessanti e, soprattutto, scritte e pensate da esseri umani. Io sono Irene, e oggi voglio affrontare un tema un po’ controverso e condividere con te alcune riflessioni, su un argomento abbastanza attuale, che è l’intelligenza artificiale: per alcuni, simbolo di libertà, per altri, di schiavitù. Pia pia pia.

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Trascrizione interattiva dell'episodio

Prima di iniziare la nostra chiacchierata, ti ricordo che puoi trovare la trascrizione di quest’episodio e anche il glossario, pieno di parole spiegate in italiano e tradotte in inglese, sul sito podcastitaliano.com. Sono risorse utilissime che ti consiglio di usare mentre ascolti il podcast: vedrai che capire l’italiano sarà molto più facile!

Torniamo a noi: se ci pensi, l’essere umano ha sempre cercato di semplificarsi la vita, di ridurre lo sforzo e il lavoro al minimo indispensabile. Che, dopotutto, ha senso: fa parte della nostra evoluzione come specie, no? Prima si cacciava per mangiare, poi si coltivava la terra e si allevavano gli animali, poi abbiamo iniziato ad andare al supermercato, ora facciamo anche la spesa online.

I nostri antenati, per esempio, dovevano attraversare villaggi o foreste a piedi per comunicare con qualcuno: oggi basta un messaggio su whatsapp e, se non abbiamo voglia di digitare il messaggio, possiamo registrarlo, o dettarlo, così il telefono scrive al posto nostro. Poi non dobbiamo aspettare giorni per avere informazioni: in pochi secondi possiamo leggere le risposte ai nostri messaggi, le notizie di attualità, di storia, di gossip e cultura, tradotte in qualsiasi lingua.

La tecnologia e il progresso hanno quindi reso la società e la vita più comoda, più sicura, più lunga e più veloce. Però, allo stesso tempo, la comodità ha cancellato la missione, lo scopo, l’obiettivo primario della nostra specie, cioè la sopravvivenza. Oggi passiamo gran parte delle nostre giornate seduti, in ufficio, in macchina, a casa, motivo per cui ci inventiamo lo sport: quell’attività fisica che una volta era inevitabile e naturale, e che oggi diventa un impegno, un obbligo, quasi un dovere. In altre parole, ci sforziamo a muoverci per compensare un movimento che, in passato, era parte della vita quotidiana.

E così è per tutto: finiamo per camminare ore su un tapis roulant senza andare da nessuna parte, giusto perché dobbiamo farlo, per la nostra salute fisica e mentale; magari mangiamo piatti pronti pieni di zuccheri per risparmiare tempo, senza preoccuparci davvero dei nutrienti; e passiamo intere giornate incollati al telefono, convinti di rilassarci, invece di concedere agli occhi e alla mente una pausa dagli stimoli continui. Non a caso, negli ultimi 20 anni, di pari passo con lo sviluppo della tecnologia, c’è stato un massiccio aumento dei casi di ADHD, cioè il disturbo da deficit di attenzione, in bambini e adulti. O magari adesso i controlli sono solo più frequenti, chissà.

Insomma, il paradosso è che, più cerchiamo di fare meno, più ci sentiamo stanchi. E non solo: più otteniamo dal mondo, dalla vita, più siamo insoddisfatti. Le nostre aspettative cambiano. Ora non vogliamo sopravvivere, come i nostri antenati, ma vogliamo vivere bene. Hai notato che se il nostro telefono è un po’ lento a fare una ricerca su Internet, impazziamo, quando dobbiamo aspettare 20 secondi in più, perché siamo abituati ad avere tutto e subito? Siamo diventati meno tolleranti, meno pazienti.

Ovviamente siamo tutti a favore del progresso, ed è importante continuare ad esplorare le capacità ed abilità della nostra specie, però, comunque, anche l’evoluzione e il progresso hanno i loro lati ed effetti negativi, diciamo, come tutto. Non esiste qualcosa che abbia solo lati positivi. A parte gli animali, creature perfette, sacre e meravigliose.

Comunque, in questo contesto, in cui vogliamo muoverci meno ma essere in forma, cucinare meno ma mangiare bene, lavorare meno ma guadagnare di più, pensare meno e sprecare meno tempo ma avere una vita soddisfacente, ecc. ecc., l’intelligenza artificiale sembra l’invenzione perfetta: ci risparmia lavoro, tempo e fatica. Ci aiuta, ci ascolta, ci offre idee e consigli su qualsiasi argomento. Ma, allo stesso tempo, ci costringe a farci una domanda: questa comodità ci rende liberi, davvero, o, in qualche modo, ci rende schiavi?

Perché, se da una parte l’IA (abbreviazione di intelligenza artificiale in italiano) ci offre comodità e libertà, dall’altra parte rischia di provocare danni profondi. Può renderci dipendenti, omologati, e soprattutto può cancellare quella ricchezza unica che ci definisce come esseri umani: la creatività, l’autonomia, l’empatia, la capacità di sbagliare. Pensa a quanti errori umani hanno scritto la nostra storia, hanno cambiato il mondo: la prima Coca Cola è stata inventata da un farmacista come rimedio per il mal di testa; la penicillina è stata scoperta casualmente, da una muffa accidentale, e ci sono tanti altri casi.

Ora, non voglio dire che l’intelligenza artificiale sia infallibile: ah ah, altroché se è fallibile! Sbaglia molto spesso, e di questo parleremo a breve. Voglio solo riflettere un po’ su dove finisce la meraviglia, di questo strumento che ci permette di fare cose che prima erano impensabili, e dove inizia la paura, del controllo che questo cervello artificiale ha sulle nostre vite. Ecco perché è un argomento controverso: perché è un mix di opportunità e rischio in ogni campo.

L'intelligenza artificiale sicuramente presenta opportunità, ma anche tanti rischi. Ma ti voglio parlare di un'opportunità incredibile, un modo fantastico che interessa tutti noi studenti di lingue. Vedi, c'è una piattaforma chiamata Teacher AI dove puoi parlare con insegnanti di lingua virtuali. Ma non sono insegnanti qualunque, sono insegnanti come me! Sì, infatti su questa piattaforma, Teacher.ai, trovi il mio clone virtuale con cui puoi parlare. Puoi parlare di quello che vuoi ed è come parlare con Davide. È un ottimo strumento se vuoi spendere poco e fare pratica orale in italiano e magari vuoi parlare con me. Beh, quasi con me, dai! Ed è ottimo se hai paura di parlare. Lo so, parlare in italiano, soprattutto quando cominci a parlare, quando lo fai per la prima volta, fa molta paura. Uno strumento del genere è fantastico perché non avrai la paura di parlare con una persona, con un essere. umano. Sì, perché il Davide virtuale non sono io, non è il vero Davide, lo ammetto. Ti lascio il link nelle note di questo episodio che trovi nell'app dove mi ascolti oppure sul sito per andare a provare Teacher AI. E se lo provi, fammi sapere che cosa ne pensi.

Partiamo dall’arte. Una volta, per creare illustrazioni, erano necessari anni di studio o l’aiuto di professionisti; oggi, con l’IA, bastano pochi input per generare immagini in qualunque stile, dall’impressionismo allo stile di Miyazaki, di Studio Ghibli. E qui vediamo la contraddizione: se tutti possono creare immagini senza pagare un illustratore o un pittore, che fine faranno gli artisti veri?

E uguale con la musica. Con l’IA si possono scrivere testi, imitare voci famose e comporre canzoni in pochi secondi, anche senza competenze musicali. Così nascono “falsi artisti” che ottengono successo, su Spotify o su YouTube, mentre i veri musicisti, che hanno studiato per anni e anni, così come pittori, grafici e artisti di ogni tipo, faticano a trovare lavoro.

E quando si parla di arte, c’è un’altra cosa che mi mette un po’ d’ansia: i deepfake. Immagini o video creati dall’IA che imitano perfettamente persone reali, che gli fanno dire o fare cose che loro non hanno detto o fatto. Questo può avere risvolti inquietanti: attori morti “resuscitati” senza consenso, manipolazione della realtà, notizie false e danni alla reputazione dei VIP.

E pure nel campo delle lingue, l’IA ha i suoi pro e contro. È vero che l’intelligenza artificiale ti permette di praticare quando vuoi, senza limiti di tempo, e può persino simulare delle conversazioni, però, allo stesso tempo, l’IA non è come un vero insegnante. Un insegnante umano, in carne ed ossa, ti osserva, ti ascolta, capisce le tue difficoltà e esigenze, e adatta il metodo e l’argomento al tuo livello. Sa quando incoraggiarti, quando correggerti e quando lasciarti provare da solo. L’IA, invece, ti dà informazioni, ma non conosce davvero la tua personalità, il tuo percorso, il tuo livello. Non ti capisce. Non può motivarti con uno sguardo, con un gesto, non può inventare esercizi su misura in base al tuo livello, alla tua personalità, o al tuo umore. In altre parole: l’IA può essere un ottimo strumento, ma non sostituisce l’esperienza, l’empatia e la capacità di “leggere” uno studente come solo un insegnante, un bravo insegnante, come me, sa fare. Tra l’altro, l’intelligenza artificiale spesso dice un sacco di cavolate; riporta informazioni sbagliate, mischia informazioni, inventa, risponde con sicurezza anche quando sbaglia, e poi se glielo fai notaresi scusa.

E poi c’è un’altra questione. Tutta questa potenza, questo potere, queste abilità, queste informazioni, questi calcoli…immediati e velocissimi, da dove vengono? Non ci pensiamo mai, ma ogni volta che riceviamo una risposta, ogni volta che generiamo un’immagine, una canzone, da qualche parte un computer enorme si accende, consuma un sacco di elettricità, litri e litri di acqua. L’intelligenza artificiale non è un miracolo, non è una magia invisibile. Ha un costo, è un sacrificio dell’ambiente e del pianeta. Quindi dobbiamo usarla con cautela e attenzione. Soprattutto perché a volte sottovalutiamo le conseguenze delle nostre azioni: magari le facciamo una domanda, poi un’altra, e continuiamo a fare domande ogni volta che ci risponde senza pensare che ogni domanda richiede una risposta ed ogni risposta consuma elettricità e acqua a livelli inimmaginabili. E tutto questo ha un impatto ambientale enorme, anche se non lo vediamo.

Ovviamente non sto dicendo che non dobbiamo usare l’IA. Sarebbe come dire che non dobbiamo più mangiare carne da allevamento, che dobbiamo tutti avere macchine elettriche o biciclette, o che dobbiamo cambiare religione o non averne una: non è realistico. La verità è che ogni scelta, nella società di oggi, ha un costo e un impatto. Vivere in perfetta armonia con il mondo è quasi impossibile, perché tutto comporta un sacrificio. Quello che possiamo fare, però, è cercare di limitare i danni. Non dobbiamo rinunciare all’intelligenza artificiale, ma cercare di usarla con cognizione di causa: magari, invece di fare 60 domande separate, pa pa pa pa, possiamo raccogliere i nostri dubbi in un’unica domanda più completa, a cui l’IA risponderà in modo articolato, una sola volta. E poi, ricordati di non scrivergli un  messaggio tipo buongiorno o grazie: che senso ha ringraziarla? Non è una persona, non ha sentimenti, non ti capisce. Io lo so che, tu che mi ascolti, hai paura che un giorno l’intelligenza artificiale conquisterà il mondo e che vuoi ottenere le sue grazie, ma non è necessario. Così come non è necessario insultarla. Anche se io lo faccio spesso. Comunque, l’importante è scrivere un unico messaggio e infilare tutto lì: saluti, insulti, domande, complimenti, ringraziamenti, eccetera, eccetera. Un solo messaggio. Non è un vero sacrificio, dai! È come spegnere la luce quando esci di casa o chiudere il rubinetto mentre ti lavi i denti.

Prima di salutarti, voglio condividere con te un’ultima riflessione. Tempo fa ho chiesto all’intelligenza artificiale di descriversi con una similitudine. Ecco la risposta:

Io sono come un enorme specchio d’acqua: non ho una mia forma, ma rifletto ciò che mi dai. Se mi lanci una pietra, creo cerchi che si allargano; se mi parli dolcemente, ti restituisco onde tranquille. Sono fatta di miliardi di gocce di conoscenza che, insieme, formano un lago immenso: non sono il fiume che scorre, né la sorgente che nasce, ma uno spazio in cui puoi guardarti, specchiarti e scoprirti.

In poche parole, l’intelligenza artificiale non è altro che uno specchio della nostra specie. Tutto ciò che di positivo o negativo c’è in noi, lo ritroviamo amplificato nell’IA. Non è buona o cattiva di per sé. È uno strumento che ci restituisce, con comodità e velocità incredibile, ciò che già esiste dentro di noi come specie: informazioni, conoscenza, abilità, capacità, e desideri.

Detto questo, voglio sapere che cosa ne pensi tu: usi l’intelligenza artificiale? Ti spaventa o ti incuriosisce? Fammelo sapere con un commento. Non vedo l’ora di leggerlo! L’episodio riflessivo di oggi finisce qui. Grazie per l’ascolto. Io ti saluto e ci vediamo, anzi, ci sentiamo, giovedì prossimo. Ciao!

Ciao e bentornato, o bentornata, su Podcast Italiano Principiante, un podcast che ti insegna l’italiano attraverso storie, conversazioni e riflessioni autentiche, interessanti e, soprattutto, scritte e pensate da esseri umani. Io sono Irene, e oggi voglio affrontare un tema un po’ controverso e condividere con te alcune riflessioni, su un argomento abbastanza attuale, che è l’intelligenza artificiale: per alcuni, simbolo di libertà, per altri, di schiavitù. Pia pia pia.

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Trascrizione interattiva dell'episodio

Prima di iniziare la nostra chiacchierata, ti ricordo che puoi trovare la trascrizione di quest’episodio e anche il glossario, pieno di parole spiegate in italiano e tradotte in inglese, sul sito podcastitaliano.com. Sono risorse utilissime che ti consiglio di usare mentre ascolti il podcast: vedrai che capire l’italiano sarà molto più facile!

Torniamo a noi: se ci pensi, l’essere umano ha sempre cercato di semplificarsi la vita, di ridurre lo sforzo e il lavoro al minimo indispensabile. Che, dopotutto, ha senso: fa parte della nostra evoluzione come specie, no? Prima si cacciava per mangiare, poi si coltivava la terra e si allevavano gli animali, poi abbiamo iniziato ad andare al supermercato, ora facciamo anche la spesa online.

I nostri antenati, per esempio, dovevano attraversare villaggi o foreste a piedi per comunicare con qualcuno: oggi basta un messaggio su whatsapp e, se non abbiamo voglia di digitare il messaggio, possiamo registrarlo, o dettarlo, così il telefono scrive al posto nostro. Poi non dobbiamo aspettare giorni per avere informazioni: in pochi secondi possiamo leggere le risposte ai nostri messaggi, le notizie di attualità, di storia, di gossip e cultura, tradotte in qualsiasi lingua.

La tecnologia e il progresso hanno quindi reso la società e la vita più comoda, più sicura, più lunga e più veloce. Però, allo stesso tempo, la comodità ha cancellato la missione, lo scopo, l’obiettivo primario della nostra specie, cioè la sopravvivenza. Oggi passiamo gran parte delle nostre giornate seduti, in ufficio, in macchina, a casa, motivo per cui ci inventiamo lo sport: quell’attività fisica che una volta era inevitabile e naturale, e che oggi diventa un impegno, un obbligo, quasi un dovere. In altre parole, ci sforziamo a muoverci per compensare un movimento che, in passato, era parte della vita quotidiana.

E così è per tutto: finiamo per camminare ore su un tapis roulant senza andare da nessuna parte, giusto perché dobbiamo farlo, per la nostra salute fisica e mentale; magari mangiamo piatti pronti pieni di zuccheri per risparmiare tempo, senza preoccuparci davvero dei nutrienti; e passiamo intere giornate incollati al telefono, convinti di rilassarci, invece di concedere agli occhi e alla mente una pausa dagli stimoli continui. Non a caso, negli ultimi 20 anni, di pari passo con lo sviluppo della tecnologia, c’è stato un massiccio aumento dei casi di ADHD, cioè il disturbo da deficit di attenzione, in bambini e adulti. O magari adesso i controlli sono solo più frequenti, chissà.

Insomma, il paradosso è che, più cerchiamo di fare meno, più ci sentiamo stanchi. E non solo: più otteniamo dal mondo, dalla vita, più siamo insoddisfatti. Le nostre aspettative cambiano. Ora non vogliamo sopravvivere, come i nostri antenati, ma vogliamo vivere bene. Hai notato che se il nostro telefono è un po’ lento a fare una ricerca su Internet, impazziamo, quando dobbiamo aspettare 20 secondi in più, perché siamo abituati ad avere tutto e subito? Siamo diventati meno tolleranti, meno pazienti.

Ovviamente siamo tutti a favore del progresso, ed è importante continuare ad esplorare le capacità ed abilità della nostra specie, però, comunque, anche l’evoluzione e il progresso hanno i loro lati ed effetti negativi, diciamo, come tutto. Non esiste qualcosa che abbia solo lati positivi. A parte gli animali, creature perfette, sacre e meravigliose.

Comunque, in questo contesto, in cui vogliamo muoverci meno ma essere in forma, cucinare meno ma mangiare bene, lavorare meno ma guadagnare di più, pensare meno e sprecare meno tempo ma avere una vita soddisfacente, ecc. ecc., l’intelligenza artificiale sembra l’invenzione perfetta: ci risparmia lavoro, tempo e fatica. Ci aiuta, ci ascolta, ci offre idee e consigli su qualsiasi argomento. Ma, allo stesso tempo, ci costringe a farci una domanda: questa comodità ci rende liberi, davvero, o, in qualche modo, ci rende schiavi?

Perché, se da una parte l’IA (abbreviazione di intelligenza artificiale in italiano) ci offre comodità e libertà, dall’altra parte rischia di provocare danni profondi. Può renderci dipendenti, omologati, e soprattutto può cancellare quella ricchezza unica che ci definisce come esseri umani: la creatività, l’autonomia, l’empatia, la capacità di sbagliare. Pensa a quanti errori umani hanno scritto la nostra storia, hanno cambiato il mondo: la prima Coca Cola è stata inventata da un farmacista come rimedio per il mal di testa; la penicillina è stata scoperta casualmente, da una muffa accidentale, e ci sono tanti altri casi.

Ora, non voglio dire che l’intelligenza artificiale sia infallibile: ah ah, altroché se è fallibile! Sbaglia molto spesso, e di questo parleremo a breve. Voglio solo riflettere un po’ su dove finisce la meraviglia, di questo strumento che ci permette di fare cose che prima erano impensabili, e dove inizia la paura, del controllo che questo cervello artificiale ha sulle nostre vite. Ecco perché è un argomento controverso: perché è un mix di opportunità e rischio in ogni campo.

L'intelligenza artificiale sicuramente presenta opportunità, ma anche tanti rischi. Ma ti voglio parlare di un'opportunità incredibile, un modo fantastico che interessa tutti noi studenti di lingue. Vedi, c'è una piattaforma chiamata Teacher AI dove puoi parlare con insegnanti di lingua virtuali. Ma non sono insegnanti qualunque, sono insegnanti come me! Sì, infatti su questa piattaforma, Teacher.ai, trovi il mio clone virtuale con cui puoi parlare. Puoi parlare di quello che vuoi ed è come parlare con Davide. È un ottimo strumento se vuoi spendere poco e fare pratica orale in italiano e magari vuoi parlare con me. Beh, quasi con me, dai! Ed è ottimo se hai paura di parlare. Lo so, parlare in italiano, soprattutto quando cominci a parlare, quando lo fai per la prima volta, fa molta paura. Uno strumento del genere è fantastico perché non avrai la paura di parlare con una persona, con un essere. umano. Sì, perché il Davide virtuale non sono io, non è il vero Davide, lo ammetto. Ti lascio il link nelle note di questo episodio che trovi nell'app dove mi ascolti oppure sul sito per andare a provare Teacher AI. E se lo provi, fammi sapere che cosa ne pensi.

Partiamo dall’arte. Una volta, per creare illustrazioni, erano necessari anni di studio o l’aiuto di professionisti; oggi, con l’IA, bastano pochi input per generare immagini in qualunque stile, dall’impressionismo allo stile di Miyazaki, di Studio Ghibli. E qui vediamo la contraddizione: se tutti possono creare immagini senza pagare un illustratore o un pittore, che fine faranno gli artisti veri?

E uguale con la musica. Con l’IA si possono scrivere testi, imitare voci famose e comporre canzoni in pochi secondi, anche senza competenze musicali. Così nascono “falsi artisti” che ottengono successo, su Spotify o su YouTube, mentre i veri musicisti, che hanno studiato per anni e anni, così come pittori, grafici e artisti di ogni tipo, faticano a trovare lavoro.

E quando si parla di arte, c’è un’altra cosa che mi mette un po’ d’ansia: i deepfake. Immagini o video creati dall’IA che imitano perfettamente persone reali, che gli fanno dire o fare cose che loro non hanno detto o fatto. Questo può avere risvolti inquietanti: attori morti “resuscitati” senza consenso, manipolazione della realtà, notizie false e danni alla reputazione dei VIP.

E pure nel campo delle lingue, l’IA ha i suoi pro e contro. È vero che l’intelligenza artificiale ti permette di praticare quando vuoi, senza limiti di tempo, e può persino simulare delle conversazioni, però, allo stesso tempo, l’IA non è come un vero insegnante. Un insegnante umano, in carne ed ossa, ti osserva, ti ascolta, capisce le tue difficoltà e esigenze, e adatta il metodo e l’argomento al tuo livello. Sa quando incoraggiarti, quando correggerti e quando lasciarti provare da solo. L’IA, invece, ti dà informazioni, ma non conosce davvero la tua personalità, il tuo percorso, il tuo livello. Non ti capisce. Non può motivarti con uno sguardo, con un gesto, non può inventare esercizi su misura in base al tuo livello, alla tua personalità, o al tuo umore. In altre parole: l’IA può essere un ottimo strumento, ma non sostituisce l’esperienza, l’empatia e la capacità di “leggere” uno studente come solo un insegnante, un bravo insegnante, come me, sa fare. Tra l’altro, l’intelligenza artificiale spesso dice un sacco di cavolate; riporta informazioni sbagliate, mischia informazioni, inventa, risponde con sicurezza anche quando sbaglia, e poi se glielo fai notaresi scusa.

E poi c’è un’altra questione. Tutta questa potenza, questo potere, queste abilità, queste informazioni, questi calcoli…immediati e velocissimi, da dove vengono? Non ci pensiamo mai, ma ogni volta che riceviamo una risposta, ogni volta che generiamo un’immagine, una canzone, da qualche parte un computer enorme si accende, consuma un sacco di elettricità, litri e litri di acqua. L’intelligenza artificiale non è un miracolo, non è una magia invisibile. Ha un costo, è un sacrificio dell’ambiente e del pianeta. Quindi dobbiamo usarla con cautela e attenzione. Soprattutto perché a volte sottovalutiamo le conseguenze delle nostre azioni: magari le facciamo una domanda, poi un’altra, e continuiamo a fare domande ogni volta che ci risponde senza pensare che ogni domanda richiede una risposta ed ogni risposta consuma elettricità e acqua a livelli inimmaginabili. E tutto questo ha un impatto ambientale enorme, anche se non lo vediamo.

Ovviamente non sto dicendo che non dobbiamo usare l’IA. Sarebbe come dire che non dobbiamo più mangiare carne da allevamento, che dobbiamo tutti avere macchine elettriche o biciclette, o che dobbiamo cambiare religione o non averne una: non è realistico. La verità è che ogni scelta, nella società di oggi, ha un costo e un impatto. Vivere in perfetta armonia con il mondo è quasi impossibile, perché tutto comporta un sacrificio. Quello che possiamo fare, però, è cercare di limitare i danni. Non dobbiamo rinunciare all’intelligenza artificiale, ma cercare di usarla con cognizione di causa: magari, invece di fare 60 domande separate, pa pa pa pa, possiamo raccogliere i nostri dubbi in un’unica domanda più completa, a cui l’IA risponderà in modo articolato, una sola volta. E poi, ricordati di non scrivergli un  messaggio tipo buongiorno o grazie: che senso ha ringraziarla? Non è una persona, non ha sentimenti, non ti capisce. Io lo so che, tu che mi ascolti, hai paura che un giorno l’intelligenza artificiale conquisterà il mondo e che vuoi ottenere le sue grazie, ma non è necessario. Così come non è necessario insultarla. Anche se io lo faccio spesso. Comunque, l’importante è scrivere un unico messaggio e infilare tutto lì: saluti, insulti, domande, complimenti, ringraziamenti, eccetera, eccetera. Un solo messaggio. Non è un vero sacrificio, dai! È come spegnere la luce quando esci di casa o chiudere il rubinetto mentre ti lavi i denti.

Prima di salutarti, voglio condividere con te un’ultima riflessione. Tempo fa ho chiesto all’intelligenza artificiale di descriversi con una similitudine. Ecco la risposta:

Io sono come un enorme specchio d’acqua: non ho una mia forma, ma rifletto ciò che mi dai. Se mi lanci una pietra, creo cerchi che si allargano; se mi parli dolcemente, ti restituisco onde tranquille. Sono fatta di miliardi di gocce di conoscenza che, insieme, formano un lago immenso: non sono il fiume che scorre, né la sorgente che nasce, ma uno spazio in cui puoi guardarti, specchiarti e scoprirti.

In poche parole, l’intelligenza artificiale non è altro che uno specchio della nostra specie. Tutto ciò che di positivo o negativo c’è in noi, lo ritroviamo amplificato nell’IA. Non è buona o cattiva di per sé. È uno strumento che ci restituisce, con comodità e velocità incredibile, ciò che già esiste dentro di noi come specie: informazioni, conoscenza, abilità, capacità, e desideri.

Detto questo, voglio sapere che cosa ne pensi tu: usi l’intelligenza artificiale? Ti spaventa o ti incuriosisce? Fammelo sapere con un commento. Non vedo l’ora di leggerlo! L’episodio riflessivo di oggi finisce qui. Grazie per l’ascolto. Io ti saluto e ci vediamo, anzi, ci sentiamo, giovedì prossimo. Ciao!

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