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Grande per un attimo (storia)

Principiante
#
91

October 9, 2025

Note e risorse

La storia di un bambino di dieci anni che non vede l'ora di diventare adulto per andare al cinema da solo, ma scopre che crescere non è così semplice come sembra.

Scopri La Storia di Italo, il mio corso per raggiungere il livello intermedio.

Trascrizione

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Ciao e benvenuto o benvenuta su Podcast Italiano Principiante, un podcast per chi sa un po’ di italiano e vuole fare progressi attraverso l’ascolto di storie, riflessioni e conversazioni facili… ma anche stimolanti. Oggi ti propongo una storia che parla di un bambino un po’ impaziente, di un bambino che ha fretta di crescere perché vuole andare al cinema da solo. Ma poi, forse, qualcosa gli fa cambiare idea. Spero che questa storia ti piacerà. Come sempre, prima di cominciare, ti ricordo che troverai la trascrizione con il glossario sul nostro sito, podcastitaliano.com: queste risorse ti aiuteranno a capire perfettamente ogni parte di questa storia, ogni parola e costruzione che, magari, non conosci. Il link è nelle note di questo episodio, quindi vai a dare un’occhiata. La trascrizione è super utile, ti consiglio di usarla.

Iniziamo: buon ascolto.

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Trascrizione interattiva dell'episodio

Il sole illumina le tende della cucina, sono le quattro di pomeriggio ed è ora della merenda. Marco è seduto su una sedia troppo alta per lui, con i piedi che non toccano per terra, e sta spalmando la Nutella su una fetta biscottata. La mamma è accanto a lui e sta lavando i piatti.

“Mamma, i miei amici vogliono andare al cinema stasera. C’è un nuovo film horror.”

“Un film horror? Sei troppo piccolo!”

“Ma se vediamo un altro film, posso h?”

“Non lo so, Marco… sono molto stanca oggi. Forse potete andare domani?”

“No, per forza oggi. Non ti preoccupare, tu non devi venire. Resta a casa a riposarti. Io vado da solo.”

La madre, che prepara il caffè, scoppia a ridere: “Da solo? Marco, hai dieci anni! Non puoi andare al cinema da solo. Ti devo accompagnare io!”

“Dai, mamma! Ma perché? So attraversare la strada, so leggere, so anche come comprare i biglietti online!”

La mamma ride: “Ah sì? E con quale carta di credito?”

“Con la tua, ovvio!”

“Eh certo! Dai Marco, un’altra volta! Magari domani, eh?”

“Uffa! Non vedo l’ora di diventare adulto, così posso andare finalmente al cinema da solo!”

“Eh già! Potrai guidare fino al cinema con la tua macchina, comprare i biglietti con la tua carta di credito, e perfino guardare un film horror”

“Non vedo l’ora. Sarà bellissimo!”

“Eh…”

“ “Eh” che?”

“Beh, per avere una carta di credito devi avere un conto in banca, e per avere un conto in banca devi avere un lavoro…”

“Certo, lo so. Io so già che lavoro farò da grande.”

La madre si avvicina a Marco e gli arruffa i capelli.

“E che lavoro farai?”

Marco morde la sua fetta di pane e guarda fuori dalla finestra. È una mattina luminosa, e in fondo alla strada si vede il canestro arrugginito del parchetto. I suoi amici lo stanno già aspettando.

Mentre mastica risponde alla mamma: “Io da grande voglio fare il giocatore di basket. Così non devo lavorare in ufficio, non devo pagare le tasse e divento ricco mentre gioco.”

La madre scoppia a ridere e, mentre versa il caffè in una tazzina, risponde: “Ah, beato te! Pensi che i giocatori di basket non paghino le tasse?”

Marco la guarda con un’aria confusa.

“Marco, tutti pagano le tasse”.

“Ma solo in Italia o in tutto il mondo?”

“In tutto il mondo, Marco. Con i soldi delle tasse, in Italia, lo Stato paga le pensioni, le scuole, gli ospedali, i dottori, la polizia, i vigili del fuoco e tante altre cose che servono a tutti.”

Il bambino sospira.

“Che palle!”

La mamma si siede accanto a Marco.

“No, dai. È bello essere indipendenti, ma non è tutto facile. Sai, devi anche pagare l’affitto se non hai una casa tua, e se invece vuoi comprare una casa tua per non pagare l’affitto, devi chiedere un mutuo alla banca”.

Marco fa una smorfia brutta.

“Un muto?”

“Un mutuo! Un mutuo è come un prestito. La banca ti dà i soldi per comprare la casa, ma poi tu glieli restituisci piano piano. Con gli interessi, cioè dandogli più soldi per ringraziarli del favore, o meglio, del servizio. E devi pagare la banca ogni mese, per anni e anni e anni e anni...”

Che pizza!”

“Esatto! E poi ci sono le bollette da pagare: la luce, il gas, l’acqua, internet… e poi gli abbonamenti: Netflix, Amazon, Disney…”

“E che succede se non paghi gli abbonamenti?”

“Non puoi più guardare Netflix.”

“E se non paghi le bollette?”

“Beh, staccano la luce, l’elettricità, l’acqua, il gas…”

Marco la guarda, terrorizzato: “E rimaniamo senza acqua o senza luce?”

“Eh sì. Per questo è importante avere un buon lavoro e guadagnare abbastanza: è difficile pagare tutte queste cose.”

“Ma il tuo stipendio è altissimo, allora!”

“Il mio stipendio non è altissimo, Marco. Ho anche la partita IVA.

“È partita Iva?”

“No Marco! Avere la partita IVA significa lavorare per se stessi. Io non ho un capo. Io sono il mio capo!”

“Che fico!”

“Eh, insomma. Perché poi devi anche fare tutte le fatture, tenere la contabilità, versare le tasse da solo…”

Il discorso diventa lungo, e Marco comincia a muovere i piedi avanti e indietro, cercando di non sbadigliare. La madre continua a parlare: spiega la differenza tra lavorare come dipendente o come libero professionista, come si compila la dichiarazione dei redditi, cosa significa avere un contratto a tempo determinato… ma, per Marco, le parole della mamma diventano sempre più lontane, come un brusio di fondo.

“Mamma mia, mamma, sembra così difficile…” dice Marco, completamente annoiato dal discorso.

“Lo è! Essere adulti è bello, sì, ma anche molto, molto faticoso. Ogni giorno ci sono tante cose da fare, e nessuno le fa al posto tuo. Ti svegli presto, anche se sei stanco, prepari da mangiare, vai a lavorare, torni a casa e… la casa è tutta da sistemare! Ci sono le bollette da pagare, la spesa da fare, i piatti da lavare, la lavatrice da fare, le scadenze da ricordare. E poi i panni da lavare, le cose da aggiustare, le decisioni importanti. Da adulto devi decidere tutto tu: cosa è giusto, cosa no, come spendere i tuoi soldi, come organizzarti, come reagire ai problemi…”

A quel punto della conversazione, succede qualcosa di strano. Il rumore di un clacson. Poi un altro. Poi un coro di voci arrabbiate, e un suono di motori. Marco apre gli occhi e si ritrova seduto al volante di una macchina.

Davanti a lui, una fila infinita di auto bloccate nel traffico. Le mani sul volante tremano.

“Ma… che succede? Dove sono?”

Marco guarda davanti a sé, fuori dalla macchina. C’è un semaforo. La luce è verde. In un attimo capisce che è in macchina da solo, non più in cucina con sua madre. E capisce che deve partire immediatamente. Spinge un pedale, ma l’auto fa un balzo in avanti e poi si spegne con un rumore secco.

“Oddio, che devo fare?”

La gente comincia a suonare, urlare, gesticolare. Marco sente il cuore battere fortissimo. Cerca di respirare. Preme un altro pedale, gira una chiave… e miracolosamente la macchina si accende. Marco inizia a guidare: a scatti, come un robot che non sa camminare. Fa pochi metri e lascia la macchina per strada, accesa e con le chiavi infilate.

Scende e inizia a correre. Non sa dove sta andando, ma segue il suo istinto. Si ferma davanti a un negozio e si specchia nella vetrina: non si riconosce. Sembra… un uomo… adulto.

Spaventato, inizia a correre e arriva davanti a un portone familiare. È casa sua. In tasca, ha le chiavi. Apre il portone, entra, corre per le scale fino al terzo piano. Entra in casa. Accende la luce. Niente luce.

È tutto buio.

“Mamma?”

Nessuno risponde.

Sul tavolo c’è della carta. Marco si avvicina e la guarda: sono lettere. Almeno sembrano lettere. Marco le prende e si avvicina alla luce del sole che sta tramontando, per leggere cosa c’è scritto. Alla fine capisce: sono bollette da pagare.

Il cellulare squilla. Marco risponde.

“Mamma?”

“Parlo con il signor D’Alba?”

“Sì… sono io…”

“Salve, Sono il postino. Sono sotto casa sua. Volevo dirle che qui ha delle bollette in scadenza da ritirare.”

“Che… che bollette?”

“Signore lei non ha pagato la luce quindi le hanno staccato l’elettricità. A quanto pare non paga da mesi…”

“Quindi non ho luce, corrente, gas, acqua calda… niente?”

“Eh mi dispiace! Le lascio le bollette nella cassetta postale.

Marco si siede. Non sa che fare. Prende una busta a caso e la apre.

Gentile cliente, la informiamo che la sua rata del mutuo scadrà il 10 del mese. Importo da pagare: 712,40 euro.

“Il mutuo…”, Marco ricorda le parole della mamma. “Oh no, ma io non ho 712 euro! Non ho neanche un portafoglio!”

Marco inizia a piangere e a girare per una casa che non riconosce: buia, fredda, con il frigorifero vuoto, senza televisione. A quel punto, qualcuno bussa alla porta:

“Chi è?”

“Sono il signor Santucci! Deve pagarmi l’affitto ora, altrimenti la caccio di casa!

“Signor Santucci, io ho solo 10 anni! Non posso pagare l’affitto!”

“Ma cosa sta dicendo?! Mi deve dare i soldi ora!” dice il signor Santucci mentre bussa con forza sulla porta di casa.

“Ahhhh!” Marco, spaventato, corre a chiudersi in bagno. Si guarda allo specchio: di nuovo, non si riconosce.

“Ma che sta succedendo? Mamma…”

“…per non parlare dell’inflazione, le cene di Natale, i regali alle maestre! Ora capisci, Marco, perché stasera non mi va di andare al cinema? Sono davvero stanca. La vita degli adulti è stancante!”

Marco è di nuovo nella sua cucina. Piccola, calda, con la sua mamma. Col profumo di caffè e di pane e Nutella. La madre lo guarda sorridendo.

“Stai dormendo? Mi stai ascoltando?”

Marco la guarda, confuso. Poi si tocca le mani: sono piccole. I piedi: piccoli e scalzi. Tutto è tornato come prima.

“Mamma… io… capisco, sì. Non voglio più andare al cinema. Il film horror l’ho già visto mentre dormivo. Il vero film horror è la vita da adulto!”

La mamma ride. “Ohh, hai capito! Non avere fretta di crescere, Marco!”

“No no, per carità! Per adesso voglio solo giocare a basket e guardare i cartoni.”

“Mi sembra un ottimo piano!”

Marco prende la sua palla da basket ed esce, saltando i gradini a due a due. Nel cortile, i suoi amici lo stanno già aspettando. Tutto torna ad essere facile: nessuna bolletta, niente traffico. Solo un bambino, una palla da basket e i suoi amichetti. E in fondo alla strada, la mamma che lo guarda dalla finestra della cucina, sorridendo, con una tazzina di caffè in mano.

La storia di oggi finisce qui. Ti è piaciuta? Fammelo sapere con un commento. E fammi anche sapere se tu da piccolo o piccola non vedevi l’ora di crescere. E soprattutto se, ora che sei cresciuto o cresciuta, ti manca essere bambino o bambina. Apprezzo tanto i vostri commenti, mi piace moltissimo leggerli e rispondervi! Quindi li aspetto, va bene? Allora ti saluto, e ti ricordo che, se vuoi, puoi lasciare una valutazione al nostro podcast, magari di 5 stelle, sia su Spotify che sulle altre piattaforme che usi per ascoltarci. Se ti va, seguici anche su YouTube, su Podcast Italiano Principiante. Grazie mille e a giovedì prossimo, ciao!

Ciao e benvenuto o benvenuta su Podcast Italiano Principiante, un podcast per chi sa un po’ di italiano e vuole fare progressi attraverso l’ascolto di storie, riflessioni e conversazioni facili… ma anche stimolanti. Oggi ti propongo una storia che parla di un bambino un po’ impaziente, di un bambino che ha fretta di crescere perché vuole andare al cinema da solo. Ma poi, forse, qualcosa gli fa cambiare idea. Spero che questa storia ti piacerà. Come sempre, prima di cominciare, ti ricordo che troverai la trascrizione con il glossario sul nostro sito, podcastitaliano.com: queste risorse ti aiuteranno a capire perfettamente ogni parte di questa storia, ogni parola e costruzione che, magari, non conosci. Il link è nelle note di questo episodio, quindi vai a dare un’occhiata. La trascrizione è super utile, ti consiglio di usarla.

Iniziamo: buon ascolto.

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Trascrizione interattiva dell'episodio

Il sole illumina le tende della cucina, sono le quattro di pomeriggio ed è ora della merenda. Marco è seduto su una sedia troppo alta per lui, con i piedi che non toccano per terra, e sta spalmando la Nutella su una fetta biscottata. La mamma è accanto a lui e sta lavando i piatti.

“Mamma, i miei amici vogliono andare al cinema stasera. C’è un nuovo film horror.”

“Un film horror? Sei troppo piccolo!”

“Ma se vediamo un altro film, posso h?”

“Non lo so, Marco… sono molto stanca oggi. Forse potete andare domani?”

“No, per forza oggi. Non ti preoccupare, tu non devi venire. Resta a casa a riposarti. Io vado da solo.”

La madre, che prepara il caffè, scoppia a ridere: “Da solo? Marco, hai dieci anni! Non puoi andare al cinema da solo. Ti devo accompagnare io!”

“Dai, mamma! Ma perché? So attraversare la strada, so leggere, so anche come comprare i biglietti online!”

La mamma ride: “Ah sì? E con quale carta di credito?”

“Con la tua, ovvio!”

“Eh certo! Dai Marco, un’altra volta! Magari domani, eh?”

“Uffa! Non vedo l’ora di diventare adulto, così posso andare finalmente al cinema da solo!”

“Eh già! Potrai guidare fino al cinema con la tua macchina, comprare i biglietti con la tua carta di credito, e perfino guardare un film horror”

“Non vedo l’ora. Sarà bellissimo!”

“Eh…”

“ “Eh” che?”

“Beh, per avere una carta di credito devi avere un conto in banca, e per avere un conto in banca devi avere un lavoro…”

“Certo, lo so. Io so già che lavoro farò da grande.”

La madre si avvicina a Marco e gli arruffa i capelli.

“E che lavoro farai?”

Marco morde la sua fetta di pane e guarda fuori dalla finestra. È una mattina luminosa, e in fondo alla strada si vede il canestro arrugginito del parchetto. I suoi amici lo stanno già aspettando.

Mentre mastica risponde alla mamma: “Io da grande voglio fare il giocatore di basket. Così non devo lavorare in ufficio, non devo pagare le tasse e divento ricco mentre gioco.”

La madre scoppia a ridere e, mentre versa il caffè in una tazzina, risponde: “Ah, beato te! Pensi che i giocatori di basket non paghino le tasse?”

Marco la guarda con un’aria confusa.

“Marco, tutti pagano le tasse”.

“Ma solo in Italia o in tutto il mondo?”

“In tutto il mondo, Marco. Con i soldi delle tasse, in Italia, lo Stato paga le pensioni, le scuole, gli ospedali, i dottori, la polizia, i vigili del fuoco e tante altre cose che servono a tutti.”

Il bambino sospira.

“Che palle!”

La mamma si siede accanto a Marco.

“No, dai. È bello essere indipendenti, ma non è tutto facile. Sai, devi anche pagare l’affitto se non hai una casa tua, e se invece vuoi comprare una casa tua per non pagare l’affitto, devi chiedere un mutuo alla banca”.

Marco fa una smorfia brutta.

“Un muto?”

“Un mutuo! Un mutuo è come un prestito. La banca ti dà i soldi per comprare la casa, ma poi tu glieli restituisci piano piano. Con gli interessi, cioè dandogli più soldi per ringraziarli del favore, o meglio, del servizio. E devi pagare la banca ogni mese, per anni e anni e anni e anni...”

Che pizza!”

“Esatto! E poi ci sono le bollette da pagare: la luce, il gas, l’acqua, internet… e poi gli abbonamenti: Netflix, Amazon, Disney…”

“E che succede se non paghi gli abbonamenti?”

“Non puoi più guardare Netflix.”

“E se non paghi le bollette?”

“Beh, staccano la luce, l’elettricità, l’acqua, il gas…”

Marco la guarda, terrorizzato: “E rimaniamo senza acqua o senza luce?”

“Eh sì. Per questo è importante avere un buon lavoro e guadagnare abbastanza: è difficile pagare tutte queste cose.”

“Ma il tuo stipendio è altissimo, allora!”

“Il mio stipendio non è altissimo, Marco. Ho anche la partita IVA.

“È partita Iva?”

“No Marco! Avere la partita IVA significa lavorare per se stessi. Io non ho un capo. Io sono il mio capo!”

“Che fico!”

“Eh, insomma. Perché poi devi anche fare tutte le fatture, tenere la contabilità, versare le tasse da solo…”

Il discorso diventa lungo, e Marco comincia a muovere i piedi avanti e indietro, cercando di non sbadigliare. La madre continua a parlare: spiega la differenza tra lavorare come dipendente o come libero professionista, come si compila la dichiarazione dei redditi, cosa significa avere un contratto a tempo determinato… ma, per Marco, le parole della mamma diventano sempre più lontane, come un brusio di fondo.

“Mamma mia, mamma, sembra così difficile…” dice Marco, completamente annoiato dal discorso.

“Lo è! Essere adulti è bello, sì, ma anche molto, molto faticoso. Ogni giorno ci sono tante cose da fare, e nessuno le fa al posto tuo. Ti svegli presto, anche se sei stanco, prepari da mangiare, vai a lavorare, torni a casa e… la casa è tutta da sistemare! Ci sono le bollette da pagare, la spesa da fare, i piatti da lavare, la lavatrice da fare, le scadenze da ricordare. E poi i panni da lavare, le cose da aggiustare, le decisioni importanti. Da adulto devi decidere tutto tu: cosa è giusto, cosa no, come spendere i tuoi soldi, come organizzarti, come reagire ai problemi…”

A quel punto della conversazione, succede qualcosa di strano. Il rumore di un clacson. Poi un altro. Poi un coro di voci arrabbiate, e un suono di motori. Marco apre gli occhi e si ritrova seduto al volante di una macchina.

Davanti a lui, una fila infinita di auto bloccate nel traffico. Le mani sul volante tremano.

“Ma… che succede? Dove sono?”

Marco guarda davanti a sé, fuori dalla macchina. C’è un semaforo. La luce è verde. In un attimo capisce che è in macchina da solo, non più in cucina con sua madre. E capisce che deve partire immediatamente. Spinge un pedale, ma l’auto fa un balzo in avanti e poi si spegne con un rumore secco.

“Oddio, che devo fare?”

La gente comincia a suonare, urlare, gesticolare. Marco sente il cuore battere fortissimo. Cerca di respirare. Preme un altro pedale, gira una chiave… e miracolosamente la macchina si accende. Marco inizia a guidare: a scatti, come un robot che non sa camminare. Fa pochi metri e lascia la macchina per strada, accesa e con le chiavi infilate.

Scende e inizia a correre. Non sa dove sta andando, ma segue il suo istinto. Si ferma davanti a un negozio e si specchia nella vetrina: non si riconosce. Sembra… un uomo… adulto.

Spaventato, inizia a correre e arriva davanti a un portone familiare. È casa sua. In tasca, ha le chiavi. Apre il portone, entra, corre per le scale fino al terzo piano. Entra in casa. Accende la luce. Niente luce.

È tutto buio.

“Mamma?”

Nessuno risponde.

Sul tavolo c’è della carta. Marco si avvicina e la guarda: sono lettere. Almeno sembrano lettere. Marco le prende e si avvicina alla luce del sole che sta tramontando, per leggere cosa c’è scritto. Alla fine capisce: sono bollette da pagare.

Il cellulare squilla. Marco risponde.

“Mamma?”

“Parlo con il signor D’Alba?”

“Sì… sono io…”

“Salve, Sono il postino. Sono sotto casa sua. Volevo dirle che qui ha delle bollette in scadenza da ritirare.”

“Che… che bollette?”

“Signore lei non ha pagato la luce quindi le hanno staccato l’elettricità. A quanto pare non paga da mesi…”

“Quindi non ho luce, corrente, gas, acqua calda… niente?”

“Eh mi dispiace! Le lascio le bollette nella cassetta postale.

Marco si siede. Non sa che fare. Prende una busta a caso e la apre.

Gentile cliente, la informiamo che la sua rata del mutuo scadrà il 10 del mese. Importo da pagare: 712,40 euro.

“Il mutuo…”, Marco ricorda le parole della mamma. “Oh no, ma io non ho 712 euro! Non ho neanche un portafoglio!”

Marco inizia a piangere e a girare per una casa che non riconosce: buia, fredda, con il frigorifero vuoto, senza televisione. A quel punto, qualcuno bussa alla porta:

“Chi è?”

“Sono il signor Santucci! Deve pagarmi l’affitto ora, altrimenti la caccio di casa!

“Signor Santucci, io ho solo 10 anni! Non posso pagare l’affitto!”

“Ma cosa sta dicendo?! Mi deve dare i soldi ora!” dice il signor Santucci mentre bussa con forza sulla porta di casa.

“Ahhhh!” Marco, spaventato, corre a chiudersi in bagno. Si guarda allo specchio: di nuovo, non si riconosce.

“Ma che sta succedendo? Mamma…”

“…per non parlare dell’inflazione, le cene di Natale, i regali alle maestre! Ora capisci, Marco, perché stasera non mi va di andare al cinema? Sono davvero stanca. La vita degli adulti è stancante!”

Marco è di nuovo nella sua cucina. Piccola, calda, con la sua mamma. Col profumo di caffè e di pane e Nutella. La madre lo guarda sorridendo.

“Stai dormendo? Mi stai ascoltando?”

Marco la guarda, confuso. Poi si tocca le mani: sono piccole. I piedi: piccoli e scalzi. Tutto è tornato come prima.

“Mamma… io… capisco, sì. Non voglio più andare al cinema. Il film horror l’ho già visto mentre dormivo. Il vero film horror è la vita da adulto!”

La mamma ride. “Ohh, hai capito! Non avere fretta di crescere, Marco!”

“No no, per carità! Per adesso voglio solo giocare a basket e guardare i cartoni.”

“Mi sembra un ottimo piano!”

Marco prende la sua palla da basket ed esce, saltando i gradini a due a due. Nel cortile, i suoi amici lo stanno già aspettando. Tutto torna ad essere facile: nessuna bolletta, niente traffico. Solo un bambino, una palla da basket e i suoi amichetti. E in fondo alla strada, la mamma che lo guarda dalla finestra della cucina, sorridendo, con una tazzina di caffè in mano.

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