Gli italiani e lo spazio
In questo episodio di livello intermedio, scopriamo il contributo dell'Italia all'esplorazione spaziale: dalle scoperte di Galileo e Piazzi agli astronauti Malerba, Cristoforetti e Parmitano, fino agli astrofisici che studiano le stelle dalla Terra.
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Spazio, ultima frontiera. Questo è il contributo dell’Italia e degli italiani ai fini dell’esplorazione spaziale, con l’obiettivo di scoprire nuovi mondi, altre forme di vita e di civiltà, fino ad arrivare là, dove nessun italiano è mai giunto prima.
Se hai colto il riferimento, hai riconosciuto la celebre apertura di Star Trek, una serie fantascientifica che racconta l’esplorazione dello spazio, che ho voluto un po’ adattare per la nostra introduzione. Oggi, però, non parleremo dell’Enterprise, né di fantascienza, ma di realtà. Perché oggi parliamo di spazio e, in particolare, del ruolo che l’Italia e gli italiani hanno avuto nella sua esplorazione.
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Trascrizione interattiva dell'episodio
Dagli astronauti agli ingegneri, dalle idee alle missioni, l’Italia ha saputo lasciare la sua impronta anche tra le stelle. E nonostante le dimensioni e le risorse limitate del nostro Paese, rispetto a giganti come Stati Uniti o Russia, i contributi italiani sono stati tutt’altro che trascurabili. In questo episodio ti racconterò quando, come e grazie a chi l’Italia ha partecipato, e partecipa tuttora, alla più grande avventura del nostro tempo: l’esplorazione spaziale.
Prima di iniziare, ti ricordo che questo episodio è accompagnato da una trascrizione e da un glossario, due risorse molto utili per chi sta studiando o vuole imparare l’italiano senza sforzo. Ti consiglio di usarle. Avrai, così, a disposizione tutto il testo dell’episodio scritto, da seguire mentre ascolti il podcast, un glossario con tutte le parole più difficili spiegate in italiano e tradotte in inglese, e anche la spiegazione delle strutture grammaticali più difficili che ho usato. Trovi il link a tutte queste risorse in descrizione, o sul sito podcastitaliano.com , nella sezione “podcast intermedio”. Ti ricordo che queste risorse sono tutte gratis. Approfittane.
Il rapporto tra italiani e spazio comincia con l’osservazione del cielo. Galileo Galilei, italiano per eccellenza ed eccellenza italiana, con il suo telescopio, nel 1609, cambiò per sempre la nostra visione dell’universo: scoprì cose che nessuno aveva mai visto, come le montagne e i crateri della Luna, le fasi di Venere, le macchie solari e soprattutto i quattro satelliti di Giove, che oggi vengono chiamati “satelliti galileiani”. Queste osservazioni rivoluzionarono la visione dell’universo: mostrarono che la Terra non era al centro di tutto, ma faceva parte di un sistema molto più grande e complesso. Senza Galileo non avremmo avuto la nascita dell’astronomia moderna, e quindi neppure le basi scientifiche su cui, secoli dopo, si è costruita l’esplorazione dello spazio. Ma tutti conosciamo Galileo Galilei e cosa ha scoperto. Oggi, invece, ci concentriamo su personaggi italiani di cui magari non hai mai sentito parlare, che possono stupirti.
Un esempio è Giuseppe Piazzi, astronomo siciliano, che la notte del 1º gennaio 1801, mentre osservava le stelle dall’osservatorio di Palermo per aggiornare i cataloghi stellari, scoprì un oggetto luminoso che si muoveva lentamente tra le stelle. All’inizio pensava fosse una stella, magari una cometa, ma ben presto capì che si trattava di qualcosa di molto più grande: Piazzi, infatti, aveva scoperto il primo asteroide della storia, Cerere. Cerere oggi è definito un pianeta nano che si trova nella fascia degli asteroidi, cioè quella zona dello spazio tra Marte e Giove dove orbitano migliaia di piccoli corpi rocciosi. È molto grande rispetto ai semplici asteroidi, però, ed ha anche una forma sferica: per questo, dal 2006, viene classificato come un pianeta nano e non come un asteroide. Pensa che ha un diametro di circa 950 chilometri, quindi non è proprio un “sassolino” nello spazio. Con questa scoperta, comunque, non solo si apriva lo studio della fascia asteroidale, ma l’Italia, grazie a Giuseppe Piazzi, si metteva di nuovo al centro della storia dell’astronomia.
Tra l’altro, non so se lo sai che in Italia, ogni anno, il 16 dicembre, si celebra la Giornata Nazionale dello Spazio (o, almeno, la celebrano gli appassionati di spazio). La data di questa celebrazione non è casuale: ricorda un evento storico avvenuto il 16 dicembre 1964, cioè il lancio del San Marco 1, il primo satellite italiano ad essere lanciato nello spazio. Per capire quanto quest’evento sia stato importante, ci basta sapere che, fino a quel momento, solo due Paesi avevano già mandato satelliti nello spazio: l’Unione Sovietica con lo Sputnik e gli Stati Uniti con l’Explorer. Subito dopo, arrivammo noi. L’Italia fu il terzo Paese al mondo a mettere un satellite in orbita: un traguardo enorme, considerando le dimensioni del nostro Paese rispetto a quei due colossi.
Ma come ci siamo arrivati? Dietro a questa impresa ci sono due figure che dobbiamo assolutamente menzionare: Edoardo Amaldi e Luigi Broglio. Amaldi fu un fisico di fama internazionale, Broglio invece fu sia professore universitario che generale dell’Aeronautica. Questa doppia identità, accademica e militare, gli permise di muoversi tra il mondo scientifico e quello militare, creando collaborazioni che altrimenti sarebbero state impossibili. Infatti, grazie ai loro rapporti con scienziati di spicco negli Stati Uniti, tra cui gli italiani emigrati Luigi Crocco e Antonio Ferri, l’Italia poté costruire legami solidi con la NASA.
Negli anni ’50 Broglio fondò il Centro Ricerche Aerospaziali a Roma e, poco dopo, in Sardegna, iniziarono i primi lanci di razzi per studiare l’alta atmosfera. Il salto decisivo arrivò però nel ’61, con la nascita del progetto San Marco, un accordo ufficiale tra Italia e NASA che prevedeva tre fasi: l’addestramento dei tecnici italiani negli Stati Uniti, la costruzione di una piattaforma di lancio e, infine, la capacità di eseguire lanci autonomi. Così, il 15 dicembre 1964, partì il San Marco 1. Il razzo decollò dalla base americana di Wallops Island, ma il progetto, i calcoli e i tecnici erano tutti italiani: un risultato che rese l’Italia il terzo Paese al mondo a mettere in orbita un satellite.
Ma noi italiani non ci fermiamo ai satelliti. Siamo anche stati fisicamente nello spazio. Il primo italiano ad andare nello spazio, nel 1992, a bordo dello shuttle Atlantis fu Franco Malerba. Malerba non era solo un astronauta: era anche un ingegnere elettronico, e la missione a cui prese parte, la STS-46, aveva un obiettivo scientifico concreto: mettere in orbita il satellite europeo Eureka, un piccolo laboratorio spaziale progettato per testare le reazioni di materiali e strumenti nelle condizioni estreme dello spazio. Il nome Eureka ricorda l’esclamazione di Archimede, simbolo di scoperta e innovazione. La missione a cui prese parte Malerba fu un gran successo e, per l’Italia, anche motivo di grande orgoglio: finalmente gli italiani erano arrivati anche nello spazio!
Malerba fu il primo uomo italiano ad andare nello spazio e, non pochi anni dopo, arrivò anche la prima donna italiana tra le stelle: Samantha Cristoforetti, nata a Milano nel 1977. La sua prima missione nello spazio fu nel 2015, diretta verso la Stazione Spaziale Internazionale. Quella missione durò 199 giorni, durante i quali Cristoforetti portò avanti esperimenti complessi e davvero interessanti, studiando come l’assenza di gravità influisca sul cervello e sul corpo umano: lo scopo era capire come il cervello percepisca i movimenti quando non c’è gravità, ma anche controllare come ossa e muscoli si indeboliscano senza gravità, come le nanoparticelle possano aiutare a combattere l’osteoporosi, osservare in che modo cambiano le cellule umane nello spazio e studiare cosa succede al corpo quando un astronauta torna sulla Terra.
Tutti studi fondamentali e molto molto interessanti ma, se c’è qualcosa che gli italiani amano di Samantha Cristoforetti, è il fatto che abbia portato la sua identità italiana anche nello spazio. Infatti, grazie a un progetto speciale sviluppato insieme all’Agenzia Spaziale Italiana e a chef famosi, Samantha ha avuto la possibilità di assaporare alcuni piatti tipici italiani preparati in versione “spaziale”: liofilizzati o termostabilizzati, ma pur sempre italiani. Nel suo menù non mancavano il risotto, la pasta al pesto, le lasagne e persino il tiramisù. E soprattutto, l’ormai leggendario ISSpresso (ISS come Stazione Spaziale Internazionale) quindi ISS-PRESSO, cioè la macchinetta per il caffè espresso progettata apposta per funzionare in assenza di gravità. Mi raccomando: controlla le note della trascrizione perché ti lascio delle foto. L’idea non era solo un vezzo patriottico: il cibo e le tradizioni culinarie aiutano gli astronauti a sentirsi “a casa”, a mantenere un legame affettivo con la Terra e a rendere più sopportabili le lunghe missioni nello spazio.
E un altro astronauta che ha portato con sé il gusto italiano nello spazio è stato Luca Parmitano, catanese, il primo italiano a comandare la Stazione Spaziale Internazionale, nel 2019. E non solo: è stato anche il primo italiano a fare una passeggiata spaziale (cioè extraveicolare): nel 2013, durante una missione, Parmitano fu il primo italiano a uscire dalla Stazione Spaziale Internazionale per una “passeggiata”. Immagina: sospeso nel vuoto cosmico, con la Terra che ruota a 400 km dai suoi piedi. Tutto andò bene, non ci furono problemi e fu un momento storico grandioso per l’Italia.
Ma Parmitano è famoso anche per un incidente: durante la sua seconda passeggiata spaziale, chiamiamola così, a causa di un guasto al sistema di raffreddamento della tuta, il casco iniziò a riempirsi d’acqua. All’inizio era poca, ma piano piano aumentava fino a coprirgli la faccia. Alla fine c’era circa un litro e mezzo d’acqua che gli rendeva difficile vedere e respirare. A quel punto, il direttore di volo chiese di interrompere la passeggiata spaziale che, in totale, durò solo (“solo”) 92 minuti. Comunque la NASA aprì un’indagine per capire cosa fosse successo e scoprì che la colpa era di una parte della tuta che era difettosa: una centrifuga che doveva separare l’aria dall’acqua non funzionava bene. Dopo questo incidente, le tute furono modificate: venne aggiunto un boccaglio speciale, così, se mai dovesse succedere di nuovo in futuro, facciamo le corna, l’astronauta potrà respirare anche con il casco pieno d’acqua.
Ma Luca Parmitano non è famoso solo per le sue missioni scientifiche e per il coraggio mostrato durante l’incidente con il casco. È anche un “DJ spaziale”. Sì, hai capito bene. Nel 2019, mentre era a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, Parmitano ha partecipato a un evento unico nella storia: ha fatto un collegamento in diretta con una nave da crociera ancorata a Ibiza, dove c’erano circa 3.000 persone pronte a ballare. Da lassù, nello spazio, l’astronauta siciliano ha mixato e trasmesso musica elettronica, diventando il primo DJ nello spazio. L’iniziativa, organizzata in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea, è stata un successo. Ti lascio il link al video nella trascrizione, che si trova nelle note dell’episodio. Inoltre Parmitano ha pubblicato su Spotify una playlist speciale con le canzoni che ascoltava in orbita, così chiunque può sentire la colonna sonora della sua missione.
Comunque, mettiamo in pausa l’argomento “astronauti” e parliamo anche degli astrofisici. Tra i nomi più importanti italiani c’è sicuramente Margherita Hack, una delle divulgatrici scientifiche più celebri e amate in Italia. Nata a Firenze nel 1922, Hack è stata la prima donna a dirigere un osservatorio astronomico in Italia, quello di Trieste. E non fu solo una grande scienziata, capace di studiare le stelle e i meccanismi che regolano l’universo, ma anche una divulgatrice straordinaria, in grado di spiegare concetti complessi con parole semplici, trasmettendo passione e curiosità. In vita, perché ora purtroppo è morta, si è occupata soprattutto di stelle: ha studiato la loro composizione, la loro evoluzione e ha contribuito a far conoscere l’astrofisica a livello internazionale. Poi ha scritto libri, tenuto conferenze, partecipato a programmi TV. Parlava di stelle, galassie e universo con un linguaggio diretto, spesso ironico, che arrivava a tutti. Per questo veniva chiamata anche “la signora delle stelle”. E, oltre alla scienza, Hack è stata un esempio di pensiero libero: atea dichiarata, femminista, grande amante degli animali, impegnata in politica e nei diritti civili. Non aveva paura di dire la sua opinione, anche quando era scomoda, e questo la rese un personaggio amatissimo, un’icona capace di unire rigore scientifico e una simpatia molto genuina.
E, parlando di astrofisici e divulgatori, non possiamo non menzionare Gianluca Masi, astrofisico, divulgatore e curatore scientifico del Planetario e museo astronomico di Roma. Pensa che gli sono state accreditate le scoperte di 25 asteroidi. Oltre alle varie scoperte fatte, è famoso in particolar modo per il Progetto del Telescopio Virtuale. Si tratta di un osservatorio remoto che permette a chiunque, da qualsiasi parte del mondo, di osservare lo spazio in tempo reale, attraverso internet. In pratica, Masi ha trasformato il telescopio in uno strumento accessibile a tutti, regalando a tutti la possibilità di ammirare comete, pianeti e asteroidi senza bisogno di andare nello spazio. Con questa idea ha portato avanti una missione di democratizzazione dell’astronomia, avvicinando milioni di persone allo spazio, al cosmo. Un'altra cosa interessante è che Masi ha condotto uno studio sul dipinto Notte stellata sul Rodano di Vincent Van Gogh per determinarne la data e la modalità di realizzazione in base alla posizione delle stelle dipinte. Incredibile, vero? Magari un giorno ce ne parlerà lui. Ti piacerebbe ascoltare un’intervista a un astrofisico? Nel suo caso anche abbastanza famoso! Fammelo sapere in un commento.
Comunque quando parliamo di “uomini e spazio” pensiamo subito agli astronauti, agli eroi che immaginiamo sospesi nel cosmo. Ma in realtà il rapporto fra l’uomo e lo spazio non è fatto solo di chi ci va fisicamente, nello spazio: dietro ogni missione ci sono centinaia, migliaia di persone che lavorano sulla Terra, che rendono possibile tutto ciò che accade lassù. Ci sono ingegneri che progettano moduli, fisici che calcolano traiettorie, tecnici che monitorano dati, scienziati che interpretano esperimenti. E ci sono anche gli astrofisici e i divulgatori che, pur non viaggiando tra le stelle, ci permettono di conoscerle e di avvicinarci ad esse, di apprezzarle.
Io provo un amore platonico per lo spazio, lo devo ammettere. Non so molto, dal punto di vista scientifico, perché sono proprio negata, non sono portata per le scienze. Linguistica a parte, se fai parte di quelli che la calcolano come una scienza. Però sono affezionata a tutto ciò che riguarda lo spazio perché sono cresciuta guardando Star Trek. L’Enterprise che viaggiava nello spazio incontrando Klingon, Vulcaniani, Romulani, ha alimentato la mia fantasia e mi ha fatta sognare. Anzi, mi fa ancora sognare. Lo spazio, per me, è una delle cose più affascinanti al mondo. Mi incantano i suoi rumori, o meglio, le vibrazioni dei segnali, delle frequenze, mi affascinano i suoi colori, le nebulose, le aurore. Mi piacciono le esplosioni delle supernove, i buchi neri. E ogni tanto mi chiedo: avrò mai la possibilità di fare un viaggio nello spazio? Forse un giorno, quando il turismo spaziale sarà più accessibile, magari sarà possibile anche per persone comuni come me, per comuni mortali come me, di vivere almeno una parte di quell’esperienza incredibile: vedere la Terra dall’alto, fluttuare senza gravità, capire davvero quanto siamo piccoli di fronte al cosmo.
E tu? Vorresti andare nello spazio? O magari sei il tipo di persona che preferisce viaggiare sulla Terra? Ma soprattutto, preferisci Star Wars o Star Trek? Fammelo sapere con un commento, sono molto curiosa di conoscere le tue preferenze. Detto questo, l’episodio di oggi finisce qui. Se ti è piaciuto, lascia un commento e, se ti va, anche una recensione positiva a questo podcast. È un piccolo gesto, ma fa una grande differenza. Io ti saluto, ci sentiamo presto. Lunga vita e prosperità.🖖
Spazio, ultima frontiera. Questo è il contributo dell’Italia e degli italiani ai fini dell’esplorazione spaziale, con l’obiettivo di scoprire nuovi mondi, altre forme di vita e di civiltà, fino ad arrivare là, dove nessun italiano è mai giunto prima.
Se hai colto il riferimento, hai riconosciuto la celebre apertura di Star Trek, una serie fantascientifica che racconta l’esplorazione dello spazio, che ho voluto un po’ adattare per la nostra introduzione. Oggi, però, non parleremo dell’Enterprise, né di fantascienza, ma di realtà. Perché oggi parliamo di spazio e, in particolare, del ruolo che l’Italia e gli italiani hanno avuto nella sua esplorazione.
Scarica la versione PDF della trascrizione
Trascrizione interattiva dell'episodio
Dagli astronauti agli ingegneri, dalle idee alle missioni, l’Italia ha saputo lasciare la sua impronta anche tra le stelle. E nonostante le dimensioni e le risorse limitate del nostro Paese, rispetto a giganti come Stati Uniti o Russia, i contributi italiani sono stati tutt’altro che trascurabili. In questo episodio ti racconterò quando, come e grazie a chi l’Italia ha partecipato, e partecipa tuttora, alla più grande avventura del nostro tempo: l’esplorazione spaziale.
Prima di iniziare, ti ricordo che questo episodio è accompagnato da una trascrizione e da un glossario, due risorse molto utili per chi sta studiando o vuole imparare l’italiano senza sforzo. Ti consiglio di usarle. Avrai, così, a disposizione tutto il testo dell’episodio scritto, da seguire mentre ascolti il podcast, un glossario con tutte le parole più difficili spiegate in italiano e tradotte in inglese, e anche la spiegazione delle strutture grammaticali più difficili che ho usato. Trovi il link a tutte queste risorse in descrizione, o sul sito podcastitaliano.com , nella sezione “podcast intermedio”. Ti ricordo che queste risorse sono tutte gratis. Approfittane.
Il rapporto tra italiani e spazio comincia con l’osservazione del cielo. Galileo Galilei, italiano per eccellenza ed eccellenza italiana, con il suo telescopio, nel 1609, cambiò per sempre la nostra visione dell’universo: scoprì cose che nessuno aveva mai visto, come le montagne e i crateri della Luna, le fasi di Venere, le macchie solari e soprattutto i quattro satelliti di Giove, che oggi vengono chiamati “satelliti galileiani”. Queste osservazioni rivoluzionarono la visione dell’universo: mostrarono che la Terra non era al centro di tutto, ma faceva parte di un sistema molto più grande e complesso. Senza Galileo non avremmo avuto la nascita dell’astronomia moderna, e quindi neppure le basi scientifiche su cui, secoli dopo, si è costruita l’esplorazione dello spazio. Ma tutti conosciamo Galileo Galilei e cosa ha scoperto. Oggi, invece, ci concentriamo su personaggi italiani di cui magari non hai mai sentito parlare, che possono stupirti.
Un esempio è Giuseppe Piazzi, astronomo siciliano, che la notte del 1º gennaio 1801, mentre osservava le stelle dall’osservatorio di Palermo per aggiornare i cataloghi stellari, scoprì un oggetto luminoso che si muoveva lentamente tra le stelle. All’inizio pensava fosse una stella, magari una cometa, ma ben presto capì che si trattava di qualcosa di molto più grande: Piazzi, infatti, aveva scoperto il primo asteroide della storia, Cerere. Cerere oggi è definito un pianeta nano che si trova nella fascia degli asteroidi, cioè quella zona dello spazio tra Marte e Giove dove orbitano migliaia di piccoli corpi rocciosi. È molto grande rispetto ai semplici asteroidi, però, ed ha anche una forma sferica: per questo, dal 2006, viene classificato come un pianeta nano e non come un asteroide. Pensa che ha un diametro di circa 950 chilometri, quindi non è proprio un “sassolino” nello spazio. Con questa scoperta, comunque, non solo si apriva lo studio della fascia asteroidale, ma l’Italia, grazie a Giuseppe Piazzi, si metteva di nuovo al centro della storia dell’astronomia.
Tra l’altro, non so se lo sai che in Italia, ogni anno, il 16 dicembre, si celebra la Giornata Nazionale dello Spazio (o, almeno, la celebrano gli appassionati di spazio). La data di questa celebrazione non è casuale: ricorda un evento storico avvenuto il 16 dicembre 1964, cioè il lancio del San Marco 1, il primo satellite italiano ad essere lanciato nello spazio. Per capire quanto quest’evento sia stato importante, ci basta sapere che, fino a quel momento, solo due Paesi avevano già mandato satelliti nello spazio: l’Unione Sovietica con lo Sputnik e gli Stati Uniti con l’Explorer. Subito dopo, arrivammo noi. L’Italia fu il terzo Paese al mondo a mettere un satellite in orbita: un traguardo enorme, considerando le dimensioni del nostro Paese rispetto a quei due colossi.
Ma come ci siamo arrivati? Dietro a questa impresa ci sono due figure che dobbiamo assolutamente menzionare: Edoardo Amaldi e Luigi Broglio. Amaldi fu un fisico di fama internazionale, Broglio invece fu sia professore universitario che generale dell’Aeronautica. Questa doppia identità, accademica e militare, gli permise di muoversi tra il mondo scientifico e quello militare, creando collaborazioni che altrimenti sarebbero state impossibili. Infatti, grazie ai loro rapporti con scienziati di spicco negli Stati Uniti, tra cui gli italiani emigrati Luigi Crocco e Antonio Ferri, l’Italia poté costruire legami solidi con la NASA.
Negli anni ’50 Broglio fondò il Centro Ricerche Aerospaziali a Roma e, poco dopo, in Sardegna, iniziarono i primi lanci di razzi per studiare l’alta atmosfera. Il salto decisivo arrivò però nel ’61, con la nascita del progetto San Marco, un accordo ufficiale tra Italia e NASA che prevedeva tre fasi: l’addestramento dei tecnici italiani negli Stati Uniti, la costruzione di una piattaforma di lancio e, infine, la capacità di eseguire lanci autonomi. Così, il 15 dicembre 1964, partì il San Marco 1. Il razzo decollò dalla base americana di Wallops Island, ma il progetto, i calcoli e i tecnici erano tutti italiani: un risultato che rese l’Italia il terzo Paese al mondo a mettere in orbita un satellite.
Ma noi italiani non ci fermiamo ai satelliti. Siamo anche stati fisicamente nello spazio. Il primo italiano ad andare nello spazio, nel 1992, a bordo dello shuttle Atlantis fu Franco Malerba. Malerba non era solo un astronauta: era anche un ingegnere elettronico, e la missione a cui prese parte, la STS-46, aveva un obiettivo scientifico concreto: mettere in orbita il satellite europeo Eureka, un piccolo laboratorio spaziale progettato per testare le reazioni di materiali e strumenti nelle condizioni estreme dello spazio. Il nome Eureka ricorda l’esclamazione di Archimede, simbolo di scoperta e innovazione. La missione a cui prese parte Malerba fu un gran successo e, per l’Italia, anche motivo di grande orgoglio: finalmente gli italiani erano arrivati anche nello spazio!
Malerba fu il primo uomo italiano ad andare nello spazio e, non pochi anni dopo, arrivò anche la prima donna italiana tra le stelle: Samantha Cristoforetti, nata a Milano nel 1977. La sua prima missione nello spazio fu nel 2015, diretta verso la Stazione Spaziale Internazionale. Quella missione durò 199 giorni, durante i quali Cristoforetti portò avanti esperimenti complessi e davvero interessanti, studiando come l’assenza di gravità influisca sul cervello e sul corpo umano: lo scopo era capire come il cervello percepisca i movimenti quando non c’è gravità, ma anche controllare come ossa e muscoli si indeboliscano senza gravità, come le nanoparticelle possano aiutare a combattere l’osteoporosi, osservare in che modo cambiano le cellule umane nello spazio e studiare cosa succede al corpo quando un astronauta torna sulla Terra.
Tutti studi fondamentali e molto molto interessanti ma, se c’è qualcosa che gli italiani amano di Samantha Cristoforetti, è il fatto che abbia portato la sua identità italiana anche nello spazio. Infatti, grazie a un progetto speciale sviluppato insieme all’Agenzia Spaziale Italiana e a chef famosi, Samantha ha avuto la possibilità di assaporare alcuni piatti tipici italiani preparati in versione “spaziale”: liofilizzati o termostabilizzati, ma pur sempre italiani. Nel suo menù non mancavano il risotto, la pasta al pesto, le lasagne e persino il tiramisù. E soprattutto, l’ormai leggendario ISSpresso (ISS come Stazione Spaziale Internazionale) quindi ISS-PRESSO, cioè la macchinetta per il caffè espresso progettata apposta per funzionare in assenza di gravità. Mi raccomando: controlla le note della trascrizione perché ti lascio delle foto. L’idea non era solo un vezzo patriottico: il cibo e le tradizioni culinarie aiutano gli astronauti a sentirsi “a casa”, a mantenere un legame affettivo con la Terra e a rendere più sopportabili le lunghe missioni nello spazio.
E un altro astronauta che ha portato con sé il gusto italiano nello spazio è stato Luca Parmitano, catanese, il primo italiano a comandare la Stazione Spaziale Internazionale, nel 2019. E non solo: è stato anche il primo italiano a fare una passeggiata spaziale (cioè extraveicolare): nel 2013, durante una missione, Parmitano fu il primo italiano a uscire dalla Stazione Spaziale Internazionale per una “passeggiata”. Immagina: sospeso nel vuoto cosmico, con la Terra che ruota a 400 km dai suoi piedi. Tutto andò bene, non ci furono problemi e fu un momento storico grandioso per l’Italia.
Ma Parmitano è famoso anche per un incidente: durante la sua seconda passeggiata spaziale, chiamiamola così, a causa di un guasto al sistema di raffreddamento della tuta, il casco iniziò a riempirsi d’acqua. All’inizio era poca, ma piano piano aumentava fino a coprirgli la faccia. Alla fine c’era circa un litro e mezzo d’acqua che gli rendeva difficile vedere e respirare. A quel punto, il direttore di volo chiese di interrompere la passeggiata spaziale che, in totale, durò solo (“solo”) 92 minuti. Comunque la NASA aprì un’indagine per capire cosa fosse successo e scoprì che la colpa era di una parte della tuta che era difettosa: una centrifuga che doveva separare l’aria dall’acqua non funzionava bene. Dopo questo incidente, le tute furono modificate: venne aggiunto un boccaglio speciale, così, se mai dovesse succedere di nuovo in futuro, facciamo le corna, l’astronauta potrà respirare anche con il casco pieno d’acqua.
Ma Luca Parmitano non è famoso solo per le sue missioni scientifiche e per il coraggio mostrato durante l’incidente con il casco. È anche un “DJ spaziale”. Sì, hai capito bene. Nel 2019, mentre era a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, Parmitano ha partecipato a un evento unico nella storia: ha fatto un collegamento in diretta con una nave da crociera ancorata a Ibiza, dove c’erano circa 3.000 persone pronte a ballare. Da lassù, nello spazio, l’astronauta siciliano ha mixato e trasmesso musica elettronica, diventando il primo DJ nello spazio. L’iniziativa, organizzata in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea, è stata un successo. Ti lascio il link al video nella trascrizione, che si trova nelle note dell’episodio. Inoltre Parmitano ha pubblicato su Spotify una playlist speciale con le canzoni che ascoltava in orbita, così chiunque può sentire la colonna sonora della sua missione.
Comunque, mettiamo in pausa l’argomento “astronauti” e parliamo anche degli astrofisici. Tra i nomi più importanti italiani c’è sicuramente Margherita Hack, una delle divulgatrici scientifiche più celebri e amate in Italia. Nata a Firenze nel 1922, Hack è stata la prima donna a dirigere un osservatorio astronomico in Italia, quello di Trieste. E non fu solo una grande scienziata, capace di studiare le stelle e i meccanismi che regolano l’universo, ma anche una divulgatrice straordinaria, in grado di spiegare concetti complessi con parole semplici, trasmettendo passione e curiosità. In vita, perché ora purtroppo è morta, si è occupata soprattutto di stelle: ha studiato la loro composizione, la loro evoluzione e ha contribuito a far conoscere l’astrofisica a livello internazionale. Poi ha scritto libri, tenuto conferenze, partecipato a programmi TV. Parlava di stelle, galassie e universo con un linguaggio diretto, spesso ironico, che arrivava a tutti. Per questo veniva chiamata anche “la signora delle stelle”. E, oltre alla scienza, Hack è stata un esempio di pensiero libero: atea dichiarata, femminista, grande amante degli animali, impegnata in politica e nei diritti civili. Non aveva paura di dire la sua opinione, anche quando era scomoda, e questo la rese un personaggio amatissimo, un’icona capace di unire rigore scientifico e una simpatia molto genuina.
E, parlando di astrofisici e divulgatori, non possiamo non menzionare Gianluca Masi, astrofisico, divulgatore e curatore scientifico del Planetario e museo astronomico di Roma. Pensa che gli sono state accreditate le scoperte di 25 asteroidi. Oltre alle varie scoperte fatte, è famoso in particolar modo per il Progetto del Telescopio Virtuale. Si tratta di un osservatorio remoto che permette a chiunque, da qualsiasi parte del mondo, di osservare lo spazio in tempo reale, attraverso internet. In pratica, Masi ha trasformato il telescopio in uno strumento accessibile a tutti, regalando a tutti la possibilità di ammirare comete, pianeti e asteroidi senza bisogno di andare nello spazio. Con questa idea ha portato avanti una missione di democratizzazione dell’astronomia, avvicinando milioni di persone allo spazio, al cosmo. Un'altra cosa interessante è che Masi ha condotto uno studio sul dipinto Notte stellata sul Rodano di Vincent Van Gogh per determinarne la data e la modalità di realizzazione in base alla posizione delle stelle dipinte. Incredibile, vero? Magari un giorno ce ne parlerà lui. Ti piacerebbe ascoltare un’intervista a un astrofisico? Nel suo caso anche abbastanza famoso! Fammelo sapere in un commento.
Comunque quando parliamo di “uomini e spazio” pensiamo subito agli astronauti, agli eroi che immaginiamo sospesi nel cosmo. Ma in realtà il rapporto fra l’uomo e lo spazio non è fatto solo di chi ci va fisicamente, nello spazio: dietro ogni missione ci sono centinaia, migliaia di persone che lavorano sulla Terra, che rendono possibile tutto ciò che accade lassù. Ci sono ingegneri che progettano moduli, fisici che calcolano traiettorie, tecnici che monitorano dati, scienziati che interpretano esperimenti. E ci sono anche gli astrofisici e i divulgatori che, pur non viaggiando tra le stelle, ci permettono di conoscerle e di avvicinarci ad esse, di apprezzarle.
Io provo un amore platonico per lo spazio, lo devo ammettere. Non so molto, dal punto di vista scientifico, perché sono proprio negata, non sono portata per le scienze. Linguistica a parte, se fai parte di quelli che la calcolano come una scienza. Però sono affezionata a tutto ciò che riguarda lo spazio perché sono cresciuta guardando Star Trek. L’Enterprise che viaggiava nello spazio incontrando Klingon, Vulcaniani, Romulani, ha alimentato la mia fantasia e mi ha fatta sognare. Anzi, mi fa ancora sognare. Lo spazio, per me, è una delle cose più affascinanti al mondo. Mi incantano i suoi rumori, o meglio, le vibrazioni dei segnali, delle frequenze, mi affascinano i suoi colori, le nebulose, le aurore. Mi piacciono le esplosioni delle supernove, i buchi neri. E ogni tanto mi chiedo: avrò mai la possibilità di fare un viaggio nello spazio? Forse un giorno, quando il turismo spaziale sarà più accessibile, magari sarà possibile anche per persone comuni come me, per comuni mortali come me, di vivere almeno una parte di quell’esperienza incredibile: vedere la Terra dall’alto, fluttuare senza gravità, capire davvero quanto siamo piccoli di fronte al cosmo.
E tu? Vorresti andare nello spazio? O magari sei il tipo di persona che preferisce viaggiare sulla Terra? Ma soprattutto, preferisci Star Wars o Star Trek? Fammelo sapere con un commento, sono molto curiosa di conoscere le tue preferenze. Detto questo, l’episodio di oggi finisce qui. Se ti è piaciuto, lascia un commento e, se ti va, anche una recensione positiva a questo podcast. È un piccolo gesto, ma fa una grande differenza. Io ti saluto, ci sentiamo presto. Lunga vita e prosperità.🖖
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