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L'H in italiano: SI PRONUNCIA? A che serve? Da dove viene?

August 7, 2021

Trascrizione

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L’acca in italiano. A cosa serve? Si pronuncia o è sempre muta? Da dove viene? La verità, ragazzi, è che l’acca in italiano non serve a un’acca. *ba-dum tss* Scherzo, è una battuta, tranquilli. È curioso però che in questo modo di dire, molto spiritoso, “un’acca” significa niente. Questo perché l’acca in italiano è una lettera che non ha un suono.

Non diciamo /hɔ//hai/ /ha/, vero? Tuttavia, non è vero che l’acca non serve a un’acca: in realtà ha almeno una funzione importante, nonché una storia interessante che oggi esploreremo insieme. Benvenuti su Podcast Italiano. Io mi chiamo Davide e questo è un canale per chi impara l’italiano o ne è appassionato. Se impari l’italiano trovi il PDF con la trascrizione e il lessico difficile qui in alto.

Trascrizione PDF con glossario audio isolato (PI Club)

1) H in che, chi, ghe, ghi La funzione fondamentale dell’acca, lo saprete, è quella di dare alle lettere C e G prima di E e  il valore di /k/ e /g/. “che”, “chi”, “amiche”, “occhi”; “ghepardo”, “righe”“laghi”, “vaghe”. Quindi serve a indicare due consonanti “velari”, pronunciate nella parte posteriore della bocca, e a non farcele pronunciare /tʃ/ e /dʒ/.

Possiamo dire che l’H è un segno diacritico, un po’ come la I nelle parole CIAO, GIANNI, SCIARPA, che non pronunciamo (Davide le pronuncia con la I). Vero? In questi casi la H e la I ci dicono in realtà come si pronuncia la lettera precedente.

2) H etimologica e diacritica nel verbo “avere” abbiamo poi l’acca nel verbo avere, che è un po’ più strana. E ora vediamo perché. Il verbo “avere” in italiano, vi ricordo, che si scrive così: Ho, hai, ha, abbiamo, avete, hanno.

Notate che l’acca non si scrive in tutte le forme, ma solamente in quattro forme del presente. E basta. “Ho”, “hai”, “ha” e “hanno”. Questo perché queste forme si potrebbero confondere (almeno teoricamente) con altre parole. Cioè con “o congiunzione”, “ai” preposizione articolata, “a” preposizione e “anno” (come l’anno 2021).

Ma perché si usa proprio l’H per distinguere queste coppie di parole? La risposta è… il latino! Ovviamente. In latino il verbo “habēre” hal’H e quell’H si pronunciava, non era muta. Habēre, hīc, heri, homo, honōr,hōra, honestās: questi sono solo alcuni esempi delle tante parole che avevano l’H in latino. Nel passaggio da latino a lingue romanze il suono /h/ è sparito ovunque. Dunque scrivere l’h nelle lingue romanze moderne anche se non si pronuncia è un omaggio al padre latino. L’ortografia delle lingue spesso è nostalgica, si aggrappa alle vestigia dei gloriosi tempi passati.

Perché, lo sappiamo in passato era tutto meglio, vero? Quando c’era la schiavitù… le battaglie… Non ci sono più le ortografie di una volta… Ecco, ci sono lingue che sono molto più nostalgiche dell’italiano riguardo a quest’uso dell’acca. Noi mettiamo l’acca in quattro forme del verbo avere. Ma in spagnolo e in portoghese, per esempio, la H si scrive non solo in “haber” (in cui si scrive in tutte le forme del verbo, tra l’altro), ma anche in tutte le parole che in latino avevano l’H: “hombre”, “honor”, “honestidad”,“hora”.

Lo stesso vale per il francese, anche se il francese ha eliminato l’H dal verbo “avoir”, per qualche motivo che non conosco. E non si pronuncia l’H, in nessuna di queste lingue. Ma vi dirò di più: in queste simpatiche lingue l’H si mantiene pure nelle parole di origine greca. Per esempio, in spagnolo abbiamo hipérbole, hidrogeno, holograma, hecatombe, e altre, con quest’acca muta. Il francese, l’inglese, il tedesco poi sono ancora più nostalgici, più conservativi, perché hanno l’acca nei digrammi PH, CH e TH.

In francese per esempio philosophe, chronologie, theatre. Questi digrammi, cioè combinazioni di due lettere, si usavano già in latino. Perché? Perché il greco antico aveva lettere che indicavano dei suoni che il latino non aveva, ovvero /p(h)/, /k(h)/ e /t(h)/, con un’aspirazione. Il latino usava questi digrammi per indicare questi suoni nelle parole che prendeva dalgreco, tipo “philosophus”, “theatrum”, “chorus”. E quindi queste lingue moderne europee mantengono questi digrammi PH, CH e TH in omaggio al latino con un Hche, semplificando un po’, non si pronuncia.

Ma all’italiano che in latino si scrivesse PH, CH e TH oppure che si mettesse l’H in alcune parole non gliene importa un’acca. Perché da noi non si mette mai. Scriviamo “filosofo”, coro”, “teatro”, “onore”, “umiltà”, “oggi”, “Uomo”, “stomaco”. Non mettiamo l’H mai.

Noi abbiamo quest’eccezione del verbo avere. Non è sempre stato così in italiano: in passato l’acca etimologica si usava molto di più. In italiano antico si usava piuttosto frequentemente, anche se in maniera irregolare: soprattutto nelle parole che erano simili a parole latine (come “ora”, “onore”, “uomo”).

Chi sapeva il latino metteva l’h in queste parole perché vedeva la somiglianza con i corrispettivi latini. Poi l’h etimologica si diffuse molto nell’umanesimo e nel rinascimento, epoche in cui la cultura classica e le lingue classiche andavano discretamente di moda. A proposito, il celebre scrittore Ariosto era piuttosto arrabbiato con chi non scriveva l’h: “Chi leva la h all’ huomo non si conosce huomo, e chi la leva all’honore non è degno di honore. […] Non so perché ho fatto una voce da Gandalf, ma va bene.

Insomma, secondo Ariosto l’h andava lasciata al suo posto. Però con buona pace di Ariosto le H sono quasi del tutto sparite in italiano. Questo perché? Perché l’Accademia della Crusca nella sua terza edizione del Vocabolario del 1691 rimosse l’H da quasi tutte le parole (a parte queste quattro forme del verbo “avere”) e questa è ancora oggi la norma.

Ma parliamo del verbo “avere”. Perché si mette l’H? Ok, perché c’è questa motivazione etimologica. Ma perché non usare al posto dell’Hun accento per distinguere le coppie di parole che si possono confondere? Alla fine è quello che facciamo per distinguere altre coppie di parole: dà (verbo dare) e “da” (preposizione), “la” articolo e “là” (avverbio di luogo), “se” e“sé”. Perché non fare lo stesso anche qui? A dire la verità in passato si è fatto, soprattutto all’inizio del ‘900.

C’era chi riteneva questa soluzione più coerente con il sistema ortografico italiano che, abbiamo visto, in tutti gli altri casi, ha eliminato l’h etimologica. E ci fu pure una proposta di riforma ortografica nel1911* che prevedeva, tra altri cambiamenti, pure questo. Tuttavia gli scrittori non hanno mai adottato questa innovazione e quindi ci teniamo l’H nel verbo “avere”.

È curioso notare che non mettere l’h nel verbo avere oggi è uno degli errori più stigmatizzati da noi italiani! Scrivere “ho”, “hai”, “ha” senz’acca è ritenuto un errore da ignoranti e cafoni, almeno per un madrelingua(per gli stranieri è un altro conto). L’ortografia è una convenzione ed è una convenzione a cui le persone tengono molto, di solito.

Ma torniamo alla prima funzione dell’H di cui abbiamo parlato prima. Perché l’H si usa per indicare il suono /k/ o /g/ di fronte a E e I? Perché mettiamo proprio l’H? Ve lo siete mai chiesto? ___ Lo vediamo tra poco, prima voglio ringraziare lo sponsor di oggi, che supporta il canale già da un po’ di tempo: NordVPN. Una VPN, ovvero “una rete privata virtuale” , vi permette, fra le altre cose (tipo navigare in sicurezza, che non è male), di avere accesso ai cataloghi integrali di paesi diversi dal vostro (per esempio l’Italia, se imparate l’italiano) di piattaforme di streaming come Netflix o Disney+ .

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Quando intorno intorno al 900 d.C si inizia a scrivere in volgare, in un Proto-Italiano possiamo dire, c’era questo problema: se la nuova pronuncia di CE e CI era /tʃe/ /tʃi/ e non più /ke/ / ki/ come si scriveva /ke//ki/ nelle parole in cui si continuava a dire /ke/ o /ki/, con questo suono? El o stesso vale per /ge/ e / gi/? Beh, una delle prime soluzioni fu la letteraK, una lettera che il latino aveva preso dal greco ma che usava in pochissime parole, perché era un po’ una lettera inutile: alla fine C si pronunciava sempre /k/. Beh, all’inizio della storia dell’italiano viene usata la K, viene riciclata in questo modo, per esempio in uno dei primissimi documenti in italiano, il Placito Capuano, forse il primo documento in italiano. Vediamo il testo.

Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti. Questo è un testo giudiziario, magari ve ne parlo in futuro. Vedete che qui si usa la K per indicare il suono /k/nelle parole kelle, ki (che se no verrebbero lette “celle” e “ci”). “Que” invece si scrive un po’ come oggi in spagnolo, evidentemente perché chi scriveva sentiva il legame con il latino “quod”, da cui deriva “che”. Una seconda soluzione era CK, che si usava in alcuni testi antichi (soprattutto nella parola CKE). Un’altra soluzione era quella di scrivere CH, come facciamo oggi.

Questa probabilmente è un’innovazione che è nata in Toscana nel 1200 e ha avuto un certo successo. E perché la H? Perché la H non si pronunciava più e quindi è stata riciclata in questo modo, gli è stata data una nuova funzione. Come un regalo di Natale che non ci piace che ricicliamo e diamo ai nostri amici. Se ci pensate in molte lingue europee la H viene usata per creare vari suoni combinata ad altre lettere. L’inglese per esempio SH eCH, in tedesco CH, in francese CH, in spagnolo CH.

Tutti questi sono suoni che in latino non c’erano e non c’era quindi una lettera per indicarli. La H aveva il vantaggio che si poteva usare con la lettera G per fare il suono /g/ di fronte a E e I, come nel nome GHERARDO o “GHIBELLINO”. La /g/ altro non è che la versione sonora del suono/k/, cioè lo stesso suono con l’aggiunta delle pliche vocali. Quindi /k/ /k//k/, /g/ /g/ /g/. Vibrano. E quindi CHE / GHE con l’h era una soluzione piuttosto elegante, se vogliamo, e simmetrica. Per secoli, quindi, sono state impiegate varie soluzioni: si poteva scrivere CHIESA o KIESA, CHE, KE, CKE. Curiosamente si usava CH anche di fronte a A, O, U, quindi si poteva avere CASA o CHASA o KASA, COSA O CHOSA, KOSA. È a partire dal 1500 che si ebbe una stabilizzazione della grafia, grazie alla stampa, all’industria editoriale e nel 1600 grazie ai Vocabolari dell’ Accademia della Crusca. Bene! Grazie per aver visto questo video… ah no, aspettate un secondo. L’H ha anche qualche altro uso meno interessante, ma ve ne parlo per completezza.

3) Altri usi dell’acca Si usa nelle interiezioni, tipo “ah, “eh”, “ehm”, “oh”. Di solito non si pronuncia, comunque. L’acca si scrive in alcuni cognomi e in alcuni toponimi, per esempio la città di Rho vicino a Milano, che chiaramente non si pronuncia /rho/. Si usa anche in latinismi come “Homo sapiens” o “habitat” (e comunque non si pronuncia). Infine nelle tante parole straniere: “Hobby”, “hotel”, “hockey”, “hippy”. Però di solito non si pronuncia, perché non è un fonema dell’italiano, quindi la pronuncia di fatto solo chi vuole fare il figo e vuol dire “hashtag” (con H aspirata).

Questo era davvero tutto. Se non ci avete capito un’acca riguardatevi il video. Alcune informazioni per voi. Dopo questo video mi prenderò probabilmente un po’ di vacanza. Forse uscirà ancora un video? Non lo so, vedremo.

Se vi manco o se vi mancano i miei contenuti vi consiglio di iscrivervi al PI Club, perché da qualche tempo ho iniziato a pubblicare una serie di episodi inediti del podcast che tempo fa volevo pubblicare sotto forma di corso. Il corso poi non ha mai visto la luce e dunque li sto pubblicando a desso su Patreon. Sono conversazioni con Erika, con mia madre, sono pure trascritte, quindi sono davvero ottime. Oltre a questi avete un sacco di altri contenuti su Patreon, quindi se imparate l’italiano vi possono interessare. Io ringrazio come al solito tutti i membri del Club, che vedete qui. Grazie a tutti voi per aver visto questo video e alla prossima! Ci rivediamo tra qualche settimana. Ciao ciao!

 

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