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#25 - Riflessioni dalla quarantena

Avanzato

March 14, 2020

Trascrizione

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E voglio anche ringraziare Italki, che è la piattaforma dove insegno italiano a distanza e dove voi potrete imparare l’italiano, a maggior ragione in questi giorni in cui è meglio stare a casa, è meglio auto-isolarsi. Potrete approffitarne per imparare l’italiano e magari fare una lezione su Italki. In questo momento io non sto accettando richieste da parte di nuovi studenti perché ho tanti studenti “attuali” e quindi preferisco concentrarmi su di loro. Ma questo non è un problema perché ci sono tantissimi insegnanti qualificati e tutor con cui potrete provare a fare una lezione e, se vi piace, continuare con loro oppure provare altri insegnanti. Se vi serve pratica linguistica, se volete fare pratica di conversazione oppure migliorare qualche altro aspetto del vostro italiano vi consiglio davvero di andare su Italki e fare almeno una lezione di prova e provare il servizio.
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Ma prima di iniziare voglio dire ancora un’altra cosa. Questo episodio è un pochino sperimentale perché ho provato a mettere un “letto sonoro”, come lo chiamano in inglese, un “soundbed”, per dare un pochino di atmosfera e fare un po’ come i podcasters quelli famosi, americani, di reti come NPR. Ecco, non so se è riuscito molto, perché è la prima volta che lo faccio e so che a non tutti piace avere la musica, perché non tutti capiscono benissimo. Beh, io penso comunque che se capite un testo come questo, che è abbastanza complicato, non vi dovrebbe dare fastidio la musica. In ogni caso metterò sul mio Patreon, sul mio club, la versione senza musica, nel caso la preferiate. Quindi andate a dare un’occhiata al Podcast Italiano Club, come sempre link in descrizione.

L’Italia sta vivendo un momento che non ha precedenti nella sua storia recente. La crisi del virus Covid-19 sta mettendo in ginocchio (Mettere in ginocchio: creare estreme difficoltà - bring sb to their knees) il nostro paese. Mi viene da dire: alla faccia delle persone che sminuivano (Sminuire: minimizzare un problema - to minimize a problem) dicendo “eh, ma è solo un’influenza, che vuoi che sia”, perché troppo pigre per fare una breve ricerca su Google e scoprire che questo virus è molto più mortale della normale influenza. Giusto per dare un’occhiata ai freddi numeri, che non mentono: le persone decedute in terapia intensiva nella stagione influenzale 2018-2019 sono state 205, in circa cinque mesi di influenza. Le persone morte per mano del Covid-19  sono già più di 1000 e sono appena passate tre settimane dall’inizio della crisi in Italia. C’è una bella differenza. Ma in questo testo che ho deciso di scrivere oggi non voglio tanto parlare dei numeri del virus o darvi spiegazioni scientifiche: ci sono persone molto più competenti di me (vi lascerò alcuni link nel caso siate interessati ad ascoltare l’opinione di scienziati e divulgatori italiani). Personalmente preferisco descrivervi le mie sensazioni e le mie emozioni e condividere con voi qualche riflessione dall’Italia in quarantena. Per farlo ho individuato alcune parole chiave.

La prima è “dramma”. L’Italia sta vivendo uno dei momenti indubbiamente più drammatici dal secondo dopoguerra. Gli ospedali della Lombardia sono totalmente sovraffollati (Sovraffollato: con troppa folla, troppa gente - overcrowded), non ci sono posti letto a sufficienza nei reparti di terapia intensiva e i medici sono spesso costretti dalle circostanze estreme  in cui si trovano a compiere decisioni terribili, come scegliere chi salvare e chi lasciare morire tra i troppi pazienti che arrivano agli ospedali senza pausa, cercando di fare una stima della probabilità che questi hanno di salvarsi. Una scelta inquietante e disumana che ricorda, come molte persone hanno osservato in questi giorni, i tempi di guerra.
Mi colpisce soprattutto vedere o leggere  le testimonianze dei medici, degli infermieri, dei rianimatori che lavorano a volte fino a 14 ore al giorno senza sosta, cercando di arrangiarsi (Arrangiarsi: fare da sé, fare il possibile - to make do) al meglio delle proprie possibilità (che spesso sono limitate), arrivando addirittura  a piangere durante i massacranti (Massacrante: che massacra, che è durissimo - exhausting) turni (Turno - di lavoro - shift)o di fronte alle telecamere delle televisioni.
Drammatica è anche la velocità con cui siamo sprofondati (Sprofondare in: essere travolti da un problema - to fall into, to sink into) in questa crisi sanitaria. Appena due settimane fa, nell’episodio che feci per spiegarvi la situazione di allora, dicevo che i casi di contagio erano già saliti a 400. Oggi siamo a 12.000 e questo numero aumenta tutti i giorni ad una velocità allarmante. Ma questa è la dura legge matematica della crescita esponenziale, solo che ciò questo concetto astratto che impariamo a scuola sotto forma di segni fatti col gesso sulle lavagne, in questo caso si applica a persone in carne ed ossa.

Foto che è diventata celebre su tutti i giornali che ritrae un'infermiera stremata dopo ore e ore di lavoro.

Una situazione drammatica ma allo stesso tempo surreale. Fino a qualche settimana fa la vita di ciascuno di noi procedeva come sempre aveva fatto;  in poche settimane, giorno dopo giorno, siamo sprofondati in una crisi che non sembra verosimile (Verosimile: che può essere credibile, plausible - plausible), bensì cinematografica, presa da un film. Sempre più spesso ai nostri tempi il metro di paragone per descrivere situazioni drammatiche e fuori dal comune sono proprio i film e le serie tv: questo è uno di quei momenti in cui davvero è opportuno dire “sembra un film”, “sembra finto”, perché come può essere reale una situazione in cui vige un divieto di movimento per 60 milioni di persone? Come possono essere reali scene di medici in lacrime? Come può essere reale la polizia che ferma le persone per strada per chiedere loro dove si stanno recando (recarsi: andare - ma più formale - to go)?

Questa situazione surreale si è venuta a creare in maniera repentina (repentino: improvviso - sudden, unexpected), ma non istantanea: infatti molti italiani, impazienti, dopo pochi giorni dall’inizio della crisi hanno voluto reagire. Perché non si può certo stare sempre a casa, siamo animali sociali e abbiamo bisogno di parlare con la gente, di uscire, di socializzare. E anche per questo motivo a Milano è nato l’hashtag #Milanononsiferma, che visto oggi, qualche settimana dopo sembra assurdo e irresponsabile: che vuol dire “Milano non si ferma”? Certo che si ferma, verrebbe da dire. In Cina sono stati capaci di mettere in quarantena un intero paese e fermare l’intero sistema produttivo e noi non siamo capaci di stare a casa e rinunciare all’aperitivo o alla discoteca per qualche settimana?

Ora però è tutto cambiato: anche chi non voleva fermarsi si è fermato, con qualche eccezione, per imposizione del governo, le cui richieste si sono fatte giorno dopo giorno più stringenti (stringente: molto restrittivo - strict, restrictive), fino ad arrivare alla situazione attuale: negozi chiusi (tranne quelli che vendono beni di prima necessità), luoghi in cui possono radunare (radunarsi: riunirsi - to gather) persone anch’essi chiusi, qualsiasi manifestazione annullata, divieto di muoversi se non per esigenze di lavoro o di salute comprovate. Ditemi se non sembra una serie tv. E comunque siamo ben lontani dalle disposizioni della Cina e di Wuhan: si può teoricamente uscire per fare sport all’aria aperta, si può andare a fare la spesa, si può portare il cane a fare i bisogni (in Cina qualcuno addirittura calava (calare: mandare in basso - to lower) il proprio cane con una corda per fargli fare pipì). Non siamo totalmente confinati in casa, anche se il messaggio (secondo me giusto) che si vuol far passare è che bisogna rimanere all’interno delle mura domestiche, restare a casa – o almeno così deve fare chi ha la fortuna o la possibilità di farlo.

Surreali sono anche le strade cittadine vuote e le autostrade di solito completamente intasate (intasato: bloccato, ostruito - obstructed, clogged) nelle ore di punta, oggi quasi deserte. Le scuole e università chiuse, i bambini che stanno a casa. Ma forse le immagini più surreali vengono dalle città d’arte, solitamente gremite (gremito (di persone): pieno, riempito - packed, overcrowded) di turisti, oggi quasi totalmente desolate.  Vi consiglio di andarvi a cercare le immagini delle città italiane di questi giorni e capirete perché “surreale” è l’aggettivo più adatto per questa situazione. Vedere piazza Navona a Roma, piazza San Marco a Venezia e piazza Duomo a Milano completamente vuote e silenziose è un’immagine impressionante.

Surreale è anche il silenzio da parte dei partiti politici di opposizione. Noi italiani siamo abituati a esponenti politici che strillano (strillare: urlare - to yell) costantemente, che si accusano a vicenda, che sollevano polemiche a cadenza settimanale: questa è la normalità della nostra comunicazione politica. Per questo quando i politici solitamente più propensi (propenso: tendente a fare qualcosa - prone to) ad alzare la voce per qualsiasi insignificante ragione si esprimono in maniera quasi pacata (pacato: calmo, tranquillo) e dimessa (dimesso: modesto - demure, humble), o addirittura sostengono timidamente lo stesso governo che fino a qualche settimana fa attaccavano ferocemente non si può che rimanere colpiti dal surrealismo della situazione.

Surreali sono anche i flashmob che vengono organizzati dalle persone, che dai condomini si mettono a suonare e a cantare insieme per cercare di rallegrare (rallegrare: rendere più allegro, felice - to cheer ) un po’ la giornata a tutti gli altri, a volte dando origine a una bizzarra cacofonia di strumenti e generi musicali, a volte producendo qualcosa di sorprendentemente musicale e coordinato. Se non avete idea di che cosa sto parlando andate a fare un giro su YouTube

 

Piazza Duomo a Milano deserta

Mi viene in mente anche una terza parola per descrivere il momento attuale, ovvero “incertezza”. L’incertezza del non sapere come andrà a finire, l’incertezza del non sapere quale sarà il bilancio finale, sia sanitario sia economico, l’incertezza del non sapere quando il nostro Paese tornerà alla normalità. Ma anche le incertezze scientifiche: il virus perderà di potenza arrivata l’estate? Ci si può ammalare una seconda volta o si diventa immuni dopo aver preso il virus? Quando verrà inventato il vaccino? La scienza, per molti baluardo (baluardo: fortezza, bastione - bastion)di speranza, non lo sa ancora. E questo causa ulteriore incertezza.
Una cosa è certa: ci stiamo rendendo conto che forse finirà più tardi di quanto pensavamo prima e dovremo pazientare. In Cina, con le misure draconiane (draconiano: molto stringente, severo(draconian) adottate su scala nazionale, la crisi sembra essere (quasi) rientrata dopo ben due mesi: in Italia quanto tempo ci vorrà? Saranno efficaci le misure che sono state adottate? Nessuno lo sa davvero e, come ho sentito più volte, “si naviga a vista” (navigare a vista: prendere decisioni in base a come si sviluppa la situazione - make adjustments as necessary). È un’immagine efficace, che indica la difficoltà e l’incertezza di chi deve prendere decisioni importanti e pesanti in questa fase, decisioni non basate su esperienze passate, su situazioni simili, su protocolli preesistenti, ma tentativi speranzosi, che potrebbero rivelarsi efficaci o totalmente insufficienti. Nessuno al momento può saperlo. Nessuno di noi ha mai vissuto una crisi simile. Si naviga a vista.

In questi giorni ho più volte letto commenti e riflessioni di persone che si chiedono se questo momento storico cambierà noi italiani e il nostro paese, se attraverso le avversità miglioreremo. In tutta sincerità nutro i miei dubbi (nutrire dubbi: avere dubbi), ma mi auguro di sì. In ogni caso penso che gli insegnamenti che possiamo ricavare da questa crisi siano molteplici. Innanzitutto che la sanità pubblica (sanità pubblica: sistema sanitario nazionale - public healthcare) non è un settore su cui lo Stato può permettersi di risparmiare (risparmiare: non spendere soldi - to save money) soldi. In un mondo in cui la medicina diventa sempre più complessa e le conoscenze e gli investimenti necessari sempre maggiori non è accettabile tagliare i fondi destinati agli ospedali, alle assunzioni (assunzione: l’atto di assumere (to hire) una persona - hiring) di personale, all’acquisto di macchine. Questo problema viene denunciato da diversi anni dai medici italiani e il loro appello (appello: invito, domanda - plea) non è mai stato ascoltato dalla politica. Ora ci rendiamo conto che se il sistema sanitario di un paese è calibrato per le situazioni di normalità, le emergenze possono molto velocemente portarlo al collasso (a proposito, vi lascio nuovamente un link nella descrizione di questo episodio qualora voleste andare a donare alle campagne create per sostenere gli ospedali italiani, soprattutto quelli lombardi, che se non sono al collasso adesso rischiano di esserlo tra qualche settimana). Chissà se impareremo la lezione una volta che avremo superato questa crisi.

Mi chiedo anche se il nostro paese ne uscirà più moderno e digitalizzato: la crisi da coronavirus ha portato aziende ed enti pubblici (enti pubblici: public institutions) (come scuole ed università) ad adottare modalità di lavoro a distanza, da casa, per le quali prima non erano affatto preparati. L’Italia è sempre stato un paese arretrato in termini di innovazione tecnologica nella sfera pubblica e privata. Magari qualcosa cambierà.

Mi chiedo se noi italiani capiremo meglio cosa significa avere senso civico (senso civico: disponibilità a cooperare per il miglioramento della società - sense of civic duty) e senso di comunità: non pensare sempre “al proprio orticello” (il proprio orticello: i propri interessi personali - lett. “one’s own little vegetable garden), come diciamo noi, ma guardare oltre, alla collettività. Questo virus può insegnarcelo: la sua mortalità è bassa e la stragrande maggioranza delle persone non corre gravi rischi. Sono gli anziani e le persone malate o immunodepresse che rischiano di più. È proprio per questo che bisogna imparare ad anteporre il bene comune (anteporre qc a qc: mettere qualcosa davanti - put sth before sth else) (in questo caso di chi è maggiormente a rischio) al bene personale, cosa che noi italiani di solito non sappiamo fare: ci interessa la ristretta cerchia di persone costituita dai nostri amici e dai nostri parenti, tutti gli altri non sono affar nostro. Chissà se qualcuno si renderà conto che un atto come evadere le tasse è direttamente correlato, tra le altre cose, ad avere un sistema sanitario meno efficace.

Mi chiedo se ci insegnerà qualcosa il sentirsi trattati come persone diverse, di fatto come portatori di un morbo (portatore di un morbo: malato - carrier of a disease) prima che persone. La medesima sensazione che hanno provato i cinesi che vivono in italia, vittime di vergognosi e vomitevoli (vomitevole: disgustoso - disgusting, nauseating) episodi di razzismo nelle settimane prima che il contagio arrivasse anche qui in Italia. La stessa sensazione che vivono quotidianamente le minoranze nel nostro paese. Perché, non nascondiamoci da questo, l’Italia è un paese ancora troppo intollerante e razzista. E negli ultimi anni la situazione è peggiorata

Mi chiedo anche se impareremo qualcosa sulla precarietà della vita. Rimangono poche persone in Italia che si ricordano la guerra. La maggior parte di noi è nata in tempo di pace, di prosperità economica, di benessere.  Molti, come dicevo prima, hanno paragonato questa crisi ad una guerra, soprattutto i medici: sebbene non lo sia davvero, penso che con essa abbia in comune il fatto che ci aiuta a ricordarci che siamo esseri mortali e che la nostra esistenza è fragile e precaria. Un virus, un microrganismo invisibile può prendersi la vita di migliaia di persone, potenzialmente anche la nostra o dei nostri cari. Chissà se questa sensazione di precarietà rimarrà con noi anche superata questa crisi.

Personalmente la mia vita quotidiana cambia poco e non devo fare molti sacrifici. Ho il privilegio di fare questo lavoro (anche grazie a chi di voi mi sostiene economicamente) da casa, lavorando a questo progetto la mattina e facendo lezioni di italiano il pomeriggio su Skype. Penso però a chi come me è un lavoratore autonomo ma che al contrario di me ha un’attività economica nel “mondo reale”, e non su internet, e sta soffrendo enormemente. Non vorrei essere nei loro panni (Essere (o “mettersi”) nei panni di qualcuno: essere nella situazioni di qualcuno - to be in someone’s shoes).
Una cosa è certa: si tratta di un periodo che ci ricorderemo per sempre e che magari tra tanti anni racconteremo a figli e nipoti.

Infine un augurio va a tutti voi e ai vostri paesi. So che molti di voi sono stati in qualche modo toccati (toccati: influenzati, interessati - affected) dalla crisi: tanti di voi avevano viaggi in Italia in programma che hanno dovuto annullare. Vi aspettiamo quando tutto questo sarà finito.
Ma mi preme anche dirvi (se ancora non ne siete convinti) che, avendo a che fare con una pandemia, nessun paese può dirsi immune dal coronavirus. Ciò che abbiamo vissuto qui in Italia (e la nostra situazione probabilmente continuerà a peggiorare per almeno qualche settimana) accadrà anche in molti dei vostri paesi. Non è una minaccia, ma un monito (monito: avvertimento - warning): è meglio essere preparati. “Prevenire è meglio che curare”, dice un proverbio italiano, mai più appropriato che in questo momento.  E allora il mio invito è: prevenite, non indugiate (indugiare: vedi sopra), non aspettate. Non prendete sotto gamba il virus. Non pensate di essere immuni. Se potete non fate viaggi, evitate qualsiasi luogo affollato e chiede ai vostri superiori di farvi lavorare da casa. Chiedete ai vostri politici, locali e nazionali di prendere contromisure immediate. La velocità di azione è fondamentale e agire anche solo un giorno prima può significare decine di migliaia di contagi in meno.

Ecco, il mio testo non ha un vero finale, quindi faccio un finale improvvisato, spontaneo. Questo non è scritto, non è nel testo che ho scritto io. Mi raccomando, abbiate prudenza (Prudenza: cautela - caution), meglio troppa precauzione che troppo poca, in queste situazioni. E niente, ce la faremo tutti, ce la faremo come umanità anche questo volta. Comunque vi ricordo che potrete trovare il link alle campagne di donazioni per gli ospedali italiani nella descrizione, nel caso vogliate dare qualche soldo agli ospedali che sono in un momento di grave difficoltà.
Voglio anche ringraziare i membri del Podcast Italiano Club, che ogni mese sostengono economicamente questo progetto e mi aiutano a farlo, davvero, perché fare un progetto di questo tipo senza avere un ritorno economico è abbastanza difficile. Non è tanto sostenibile nel lungo periodo, e l’ho fatto per molto tempo ma ora sono orgoglioso di poter contare sui (contare su: fare affidamento su - count on) membri del club che mi aiutano ogni mese e anche sugli sponsor che mi aiutano a guadagnare qualcosa anche da questo podcast. E quindi grazie davvero e se volete avere accesso a dei contenuti esclusivi ogni mese come il podcast esclusivo Tre Parole che faccio per ogni episodio o video andate sul Podcast Italiano Club, trovate il link come sempre nella descrizione di questo episodio. Ci sono sempre più iscritti, ogni… beh, quasi ogni giorno arriva qualcuno di nuovo, quindi sono davvero orgoglioso di questo, sono davvero felice e speriamo che crescerà ancora grazie… a te che mi stai ascoltando proprio in questo momento, che hai pensato di iscriverti ma dici “hmm, non so se iscrivermi, perché sei dollari al mese o nove dollari al mese sembrano un po’ tanti”. So che nel profondo vuoi farlo, quindi segui il tuo istinto, segui il tuo cuore: iscriviti al Podcast Italiano Club!
Non so perché l’ho detto così ma mi sembrava divertente.

Prudenza: cautela
(caution)

contare su: fare affidamento su
(count on)

club

E vi ricordo anche che se preferite potete fare donazioni su PayPal quando volete. Di solito menziono i nomi ma dall’ultima volta non c’è nessuna nuova donazione quindi niente, grazie a quelli che hanno donato in passato e ricordatevi che se volete trovate il link anche al mio PayPal.

Inoltre volevo dire ancora un’altra cosa. Mi piacerebbe fare come fa un podcast che io ascolto che è simile al mio come idea che è “InnerFrench”, ovvero lui ha dei messaggi dei propri ascoltatori che spiegano un po’ come utilizzano “InnerFrench” e spiegano la loro storia con l’italiano – cioè, nel suo caso con il francese, io vorrei farlo con l’italiano – perché lo imparano e come il podcast li aiuta. Quindi se volete fare una cosa del genere e volete mandarmi un messaggio, magari di trenta secondi o di un minuto, volete raccontarmi la vostra storia potete farlo. Trovate la mia e-mail e io metterò le vostre storie nell’episodio, magari all’inizio o alla fine. Penso che potrebbe essere una cosa simpatica da fare, un’iniziativa così, carina. Quindi se volete farlo trovate la mia e-mail e aspetto i vostri file audio.
Questo è tutto, grazie per aver ascoltato questo episodio. Riascoltatelo varie volte per cercare di interiorizzare tutte queste nuove parole e strutture che avete sentito e noi ci sentiamo nel prossimo, sperando di avere notizie non troppo gravi, diciamo.
Alla prossima, ciao ciao!

[Introduzione improvvisata]
Ciao a tutti ragazzi e ragazze, questo è Podcast Italiano, il podcast per imparare l’italiano attraverso contenuti autentici e interessanti. E come sapete l’Italia è in quarantena e anche io sono in quarantena, che per me non è che vuol dire eccessivi sacrifici e cambiamenti nel mio stile di vita, perché io già normalmente sono a casa sempre, lavoro sempre da casa, però questo vuol dire che non esco per motivi ricreativi (Ricreativo: per ricreazione, divertimento - recreational) e cose di questo tipo. Ho già fatto un episodio sul coronavirus due settimane fa e la situazione è cambiata tantissimo, come probabilmente avete sentito, si è aggravata (Aggravarsi: peggiorare - to get worse) molto ed è diventata una situazione piuttosto grave, piuttosto drammatica, piuttosto seria. Ho deciso di cambiare un po’ le cose oggi perché ho scritto un testo, sapete, le ultime volte ho fatto episodi “a ruota libera”, quindi senza avere un copione scritto ma parlando un po’… in maniera improvvisata, spontanea, avendo comunque una struttura in cui c’erano i punti che volevo andare a toccare, ma senza scrivere nulla. Mentre questa volta ho scritto un testo e penso che un testo sia sicuramente più difficile da capire per voi, quindi andate a vedere la trascrizione sul sito, che trovate anche nella descrizione di questo episodio – però sia anche più bello; chiaramente un testo scritto è più coerente, linguisticamente ha una qualità molto maggiore rispetto a un episodio improvvisato, registrato in maniera spontanea. Quindi leggete la trascrizione se vi serve.

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