La guerra di liberazione
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In questo episodio di livello avanzato, concludiamo la serie sul Fascismo italiano esplorando gli eventi drammatici del 1943–1945: dall'armistizio dell'8 settembre alla nascita della Repubblica di Salò, dalla Resistenza partigiana alla liberazione del 25 aprile 1945
Scopri Dentro l'Italia, in italiano, il mio corso di livello avanzato prodotto in collaborazione con Marco Cappelli.
Scopri il podcast di Marco "Storia d'Italia"
Gli altri episodi della serie sul fascismo:
Ciao amici e bentornati su Podcast Italiano, un podcast per imparare l’italiano attraverso contenuti interessanti. Questo è un episodio di livello avanzato, il quinto e ultimo episodio della mia serie di episodi sul Fascismo italiano, scritta da Marco Cappelli del podcast Storia d’Italia che, come sempre, ti consiglio di andare a scoprire. Una serie che vuole indagare la parte più oscura della storia italiana contemporanea, per scoprire com’è nato, come si è sviluppato e come è caduto il regime fascista.
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Trascrizione interattiva dell'episodio
Nel primo episodio, abbiamo tracciato l’ascesa del Fascismo, fino alla presa dei pieni poteri da parte di Mussolini, nel 1924. Nel secondo e terzo episodio, abbiamo parlato di come il Fascismo ha cercato, e spesso è riuscito, a plasmare a sua immagine e somiglianza l’Italia del tempo. Nel quarto, abbiamo accompagnato le avventure militari di Mussolini fino al disastro delle continue sconfitte italiane nella Seconda guerra mondiale, culminate con l’invasione della Sicilia da parte degli angloamericani, e la caduta del Fascismo.
So che è passato un po’ di tempo dall’ultimo episodio e, probabilmente, non ricorderai molto delle puntate precedenti; questa può essere, forse, un’occasione per riascoltare l’intera serie che, da un punto di vista linguistico, non fa mai male! Te lo consiglio. Trovi tutti i link nell’app di podcast dove mi stai ascoltando, oppure sul mio sito, podcastitaliano.com. Come sempre, poi, dai un’occhiata alla trascrizione di questo episodio, che trovi sempre sul mio sito. È una miniera d’oro dove troverai molte parole spiegate e tradotte, ma anche punti grammaticali analizzati. È davvero una risorsa preziosissima. E il bello è che è completamente gratuita! Il link è nelle note dell’episodio.
Dunque, dove eravamo rimasti? Il 25 luglio 1943 Mussolini viene deposto dal Gran Consiglio del Fascismo, per poi essere arrestato. Con la caduta di Mussolini, Re Vittorio Emanuele III riprende le redini del potere in Italia. Ti ricordo che l’Italia era una monarchia con un re, mentre Mussolini era il capo del governo, contrariamente alla Germania in cui Hitler era dittatore totale. Il re nomina a Primo Ministro Pietro Badoglio, generale con una incrollabile fedeltà per la monarchia, eroe della Prima Guerra Mondiale. Da luglio a settembre, per qualche settimana, l’Italia resta sospesa: in teoria l’Italia è ancora svogliatamente in guerra con gli Alleati, ma de facto tutti sanno che Badoglio sta cercando un’uscita dalla guerra, senza dichiararlo apertamente.
Il 3 settembre, a Cassibile, in Sicilia, il governo Badoglio firma l’armistizio con gli Alleati, nel quale l’Italia si arrende ed esce dalla guerra. La notizia resta segreta per qualche giorno, per dare il tempo al governo italiano di organizzare le mosse successive (come vedremo, senza grandi risultati). Solo l’8 settembre, alle 19:45, Badoglio legge alla radio il famoso comunicato che annuncia l’armistizio, che abbiamo ascoltato alla fine dello scorso episodio. Quel comunicato terminava così:
“ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse, però, reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.”
La frase “esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi provenienza” è molto ambigua, nel solito politichese italiano, la lingua oscura e contorta della politica. In teoria, vorrebbe dire che l’Italia si arrende, ma l’esercito dovrà difendere il Paese se questo verrà occupato da altre forze (leggi: gli ex alleati tedeschi). Lo avevi capito? No? Beh, neanche i generali italiani, in realtà.
Il risultato è il caos: l’esercito, quasi due milioni di uomini sparsi per l’Europa e i Balcani, riceve ordini contraddittori. La maggior parte crede che occorra semplicemente lasciare le armi, molti soldati non vedono l’ora di tornare a casa e abbandonare questa impopolare guerra. Nessuno più capisce contro chi occorre combattere: qualche fanatico fascista vuole unirsi ai tedeschi, la maggior parte vuole tornare a casa, chi di nascosto da tempo era un antifascista non vede l’ora di combattere al fianco degli Alleati.
Nell’incertezza del momento, e nelle indecisioni dei generali italiani, si inserisce invece il comando tedesco, su preciso ordine di Adolf Hitler, che aveva avuto diverse settimane per prepararsi a quello che stava per accadere: sin da luglio, dalla caduta di Mussolini, Hitler aveva fatto preparare dei piani per far occupare il più rapidamente possibile l’Italia. Un compito reso facile dal fatto che i tedeschi non dovevano invadere davvero il Paese: per difendere l’ex alleato italiano, molte unità d’élite della Germania nazista erano già presenti nella Penisola. Quello che dovevano fare era solo prendere il potere: spesso un numero ridotto di persone, ma decise a tutto, può sopravanzare anche un numero molto maggiore di persone paralizzate dall’indecisione.
Nei terribili giorni che seguono l’armistizio, moltissimi soldati italiani vengono catturati dai tedeschi, altri si sbandano, pochi resistono. È l’inizio della tragedia degli internati militari italiani: su 800.000 catturati, solo 150.000 decidono di servire i tedeschi e i fascisti, per lo più in servizi di controllo del territorio, mentre circa 650.000 soldati si rifiutano di obbedire e vengono deportati nei campi di prigionia in Germania. Molti di loro non torneranno mai, morti di stenti negli ultimi mesi di guerra: i tedeschi, considerandoli traditori, si rifiutavano, infatti, di estendere a loro i diritti dei prigionieri di guerra. Tra loro, c’era anche lo zio di Marco Cappelli, l’autore di questo episodio: il fratello di sua nonna fu imprigionato dai tedeschi nei Balcani e portato in Germania. Tranquilli però, zio Peppino riuscì a salvarsi, ma denutrito e affamato, fu costretto a tornare a piedi a casa, alla fine della guerra.
Facciamo una piccola pausa perché ho qualcosa di importante di cui parlarti.
Siamo a settembre (incredibile, vero?), uno dei miei momenti preferiti dell’anno.
Se da un lato può essere triste perché l’estate finisce, le giornate si accorciano… dall’altro lato molti di noi sentono quel bisogno di ricominciare, di darsi nuovi obiettivi. Io sono sempre piuttosto motivato in questo periodo.
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Mentre lo Stato, l’esercito e le istituzioni venivano occupati dai Tedeschi, il re e il primo ministro Badoglio fuggivano. Già il 9 settembre a Roma giunge notizia che una colonna di blindati tedeschi si dirige in città: presi dal panico, Badoglio, il re e alcuni generali decidono di abbandonare la difesa della capitale (che era militarmente possibile, come poi affermato dagli stessi tedeschi) e, anzi, schierano le migliori divisioni italiane a protezione della via di fuga del re.
Il 9 settembre, in mattinata, il comando italiano sale su alcune auto e fugge, attraverso gli Appennini, in Abruzzo. Più precisamente a Ortona, sul mare Adriatico, dove li aspettava una piccola nave della marina militare, sulla quale non riescono neanche a salire tutti i generali e ufficiali: chi rimane a terra si cambia in vestiti civili e si dà alla fuga. La nave conduce Badoglio e il re nella città pugliese di Brindisi, che non era occupata né dagli Alleati né dai tedeschi.
Il Re e Badoglio avevano lasciato la capitale senza guida, l’esercito senza ordini, lo Stato in balia dell’alleato diventato nemico, reso ancora più furioso per quello che i tedeschi reputavano un “tradimento”. A Roma, dal 9 al 10 settembre, reparti di soldati italiani, aiutati da volontari civili, cercano di resistere a Porta San Paolo, difendendo spontaneamente la capitale: circa 1000 soldati e civili vengono uccisi dai tedeschi durante la battaglia, alla quale partecipano anche i primi partigiani italiani. Alla fine, i tedeschi riescono ad occupare la capitale italiana.
Altrove, l’esercito italiano riesce a resistere meglio: in Sardegna e Corsica, l’esercito italiano riesce a sopravanzare i tedeschi presenti sulle isole. Gli italiani, in Corsica, si mettono perfino d’accordo con i partigiani francesi per combattere assieme, e la Corsica sarà la prima regione francese ad essere liberata dagli occupanti. Altre unità dell’esercito combattono per difendersi: ad esempio a Cefalonia, isola greca. Alla loro resa, vengono massacrati dai tedeschi.
In tutto questo caos, Mussolini era ancora prigioniero in un hotel in cima al Gran Sasso, la più alta montagna dell’Italia centrale. Badoglio si era infatti “dimenticato” di ordinare il suo trasporto verso sud, nonostante la carovana del re passasse a pochi chilometri dal Gran Sasso.
Al contrario, i tedeschi agiscono con la solita rapidità ed efficienza. Un gruppo di paracadutisti delle forze speciali tedesche riesce ad atterrare **nei pressi dell’**hotel: è il 12 settembre, e Mussolini viene fatto salire su un aereo e portato in Germania. Lì incontra Hitler, che lo convince, o lo costringe, a tornare in Italia e a fondare un nuovo Stato fascista.
Nasce così, nell’autunno 1943, la Repubblica Sociale Italiana, con sede a Salò, un paesino sul lago di Garda. Nel suo discorso da radio Monaco, del 18 settembre 1943, Mussolini proclama:
“Date queste condizioni, non è il regime che ha tradito la monarchia, ma è la monarchia che ha tradito il regime, anche se oggi è decaduta nella coscienza e nel cuore del popolo.”
Poi passa al suo appello nei confronti dei fascisti:
“Camicie nere fedeli di tutta Italia! Io vi chiamo nuovamente al lavoro e alle armi. L’esultanza del nemico per la capitolazione dell’Italia non significa che esso abbia già la vittoria nel pugno, poiché i due grandi imperi, Germania e Giappone, non capitoleranno mai”.
Ma la sua voce non ha più l’eco di un tempo: Mussolini è stanco, sconfitto, ormai consapevole di essere un semplice relitto. Quanto al suo stato-fantoccio, la Repubblica Sociale Italiana (o Repubblica di Salò, o RSI), raccoglie soprattutto i fedelissimi del Fascismo, i reparti più ideologizzati dell’esercito, e si appoggia alla violenza delle milizie fasciste che useranno questa occasione per torturare e uccidere.
La RSI si presenta come un “ritorno alle origini” all’epoca “rivoluzionaria” del Fascismo, con uno spirito radicale, repubblicano, antiborghese. La stragrande maggioranza della popolazione italiana vede la Repubblica di Salò per quello che è: un veicolo per giustificare l’occupazione nazista dell’Italia.
I tedeschi controllano infatti tutte le vere leve del potere, imponendo perfino al nuovo stato italiano l’abbandono di diverse regioni al confine con l’Austria e la Germania, de facto annesse al Reich tedesco, ovvero il Trentino-Alto Adige, il Friuli Venezia-Giulia e parti del Veneto. I Tedeschi chiedono e ottengono supporto per la loro politica di sterminio: gli ebrei finora erano stati esclusi dalla vita pubblica del Paese, ma non erano stati sterminati, né rinchiusi in ghetti. Tutto cambia con la fondazione della Repubblica Sociale Italiana. Mussolini dichiara che…:
"Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica.”
È l’autorizzazione allo sterminio di migliaia di italiani. Presto iniziano i rastrellamenti degli ebrei e la deportazione forzata nei campi di sterminio nazista. Il giorno simbolo è il sabato nero, il sabato del 18 ottobre 1943: quasi tutta la comunità ebraica romana, concentrata da secoli nei quartieri vicino al Tevere, viene arrestata e inviata nei campi di sterminio, con il cruciale ausilio dei fascisti italiani. Dei 1023 catturati, solo 16 sopravvivranno alla guerra.
Dal 1940 al 1943, l’Italia aveva combattuto la Seconda guerra mondiale, spesso tra grandi sacrifici. Dopo la perdita delle colonie, dal 1943 l’Italia aveva dovuto subire sempre peggiori bombardamenti, ma la popolazione civile finora aveva evitato il peggio. Consapevole dell’impopolarità della guerra, il Fascismo si era perfino rifiutato di infliggere troppe sofferenze ai cittadini italiani, cercando di mantenere il più possibile gli standard di vita prebellici.
Con l’armistizio dell’8 settembre, molti avevano sperato che la guerra fosse finita, nessuno poteva immaginarsi che la guerra sarebbe diventata ancora più aspra e distruttiva. Tra il 1943 e il 1945 l’Italia diventa un campo di battaglia: tra gli alleati angloamericani e i tedeschi, certo, ma non solo, come vedremo tra poco.
A Roma, molti speravano che gli Alleati sarebbero presto giunti in città, ma le speranze vengono annientate dalle rapide contromosse tedesche, che sorprendono gli alleati angloamericani. Questi erano sbarcati a Salerno, a sud di Napoli, sperando di poter prendere facilmente Roma. Napoli riesce a liberarsi da sola nelle quattro giornate di Napoli, durante le quali la popolazione locale riesce a mettere in fuga i Tedeschi, ma questi si riorganizzano nei territori tra Roma e Napoli, costruendo una serie di linee difensive, che prima rallentano e poi bloccano l’avanzata degli Alleati. La linea più importante è la Gustav, una serie di fortificazioni dal mar Tirreno al mar Adriatico che ha come perno cruciale l’antica abbazia di Montecassino. Per tutto l’inverno del 1943-1944, il fronte rimane bloccato sulla linea Gustav, mentre gli Alleati scoprono quanto freddo può fare in Italia, in montagna, d’inverno. Tanto.
In contemporanea, la popolazione italiana viene sottoposta a regolari bombardamenti alleati su città come Milano, Torino, Roma, Venezia, Pescara, Genova, Rimini. Sul campo, i tedeschi requisiscono tutto quello sul quale possono mettere mano: animali, viveri, generi di prima necessità. Per la prima volta, nell’Italia occupata dai tedeschi, si inizia a fare davvero la fame. Il bisnonno di Marco viene assassinato da due tedeschi in Abruzzo, a presidio della vicina linea Gustav: stavano cercando di requisire il suo unico maiale, fonte di cibo per l’inverno. Quando il bisnonno prova a resistere, viene fucilato sul posto.
Non tutti gli italiani subiscono l’occupazione nazista della patria senza rispondere: molti vedono l’occasione di liberarsi definitivamente dei fascisti. Questo perché, durante i vent’anni di regime fascista, in Italia era comunque sopravvissuta una opposizione clandestina al regime, composta da comunisti, socialisti, politici cattolici, liberali e repubblicani.
Già il 9 settembre del 1943, il giorno dopo l’armistizio, mentre Roma veniva abbandonata da Badoglio e dal Re, in via Carlo Poma, sei esponenti politici dei partiti antifascisti, usciti dalla clandestinità a seguito del crollo del regime, si riuniscono e costituiscono il Comitato di Liberazione Nazionale (o CLN), struttura politico-militare che avrebbe guidato la Resistenza italiana contro l'occupazione tedesca e le forze collaborazioniste fasciste della Repubblica di Salò, per tutto il periodo della guerra di liberazione. Il proclama viene approvato alle 14:30 di quel fatidico giorno:
“Nel momento in cui il Nazismo tenta di restaurare in Roma e in Italia il suo alleato fascista, i partiti antifascisti si costituiscono in Comitato di liberazione nazionale, per chiamare gli italiani alla lotta e alla resistenza per riconquistare all'Italia il posto che le compete nel consesso delle libere nazioni.”
In poco tempo, si riunirono altri comitati di liberazione nazionale in tutte le principali città italiane del centro-nord, con l’obiettivo di resistere ai nazisti e impedire ai fascisti di riprendere il potere: importantissima, in particolare, la sede di Milano. Il CLN, sin dall’inizio, rifiuta anche di sottostare al “governo”, tra virgolette, italiano di Badoglio, fuggito a sud: nasce così una spaccatura tra i partiti “repubblicani” del CLN e i sostenitori della Monarchia. Davvero, è un periodo complicatissimo della storia italiana.
Il CLN inizia una politica di guerriglia continua contro le forze tedesche, ma anche e soprattutto contro i fascisti: le azioni sono opera in particolare dei GAP, i Gruppi di Azione Patriottica, che piazzano bombe, fucilano ufficiali della Repubblica Sociale Italiana, fanno azioni di disturbo contro le linee ferroviarie e i ripetitori radio. Un’azione dei GAP, nel 1944, uccide Giovanni Gentile, l’autore della riforma della scuola di cui abbiamo parlato nel secondo episodio. Gentile aveva aderito con convinzione alla RSI, a differenza di molti altri fascisti.
L'altro teatro principale della Resistenza armata è in montagna: già nell’inverno del 1943 qualche migliaio di partigiani si radunano nelle montagne italiane, determinati a resistere ai nazisti. All’inizio sono solo piccoli gruppi di renitenti alla leva, ex soldati sbandati, antifascisti di lunga data che salgono in montagna. Poi, con il tempo, il movimento cresce e si organizza in vari tipi di bande partigiane: nel 1944, solo le forze armate partigiane contano circa 80.000 combattenti, che spesso liberano diverse valli montane dai nazifascisti. Nel 1945, i partigiani saranno circa 200.000, supportati in vario modo da più di 100.000 civili. Il prezzo pagato dalla resistenza sarà molto alto: circa 70.000 morti, uccisi dai nazifascisti in rappresaglie contro i civili e azioni militari contro i partigiani.
In tutto questo, la Resistenza non è solo una guerriglia: è un movimento politico che vuole preparare l’Italia del dopoguerra, un’Italia che torni finalmente alla libertà e alla democrazia.
Dall’autunno 1943 in poi, l’Italia vive una vera guerra civile, anche se in Italia di solito non si chiama così, perché il termine ufficiale è “guerra di liberazione dal nazifascismo”. Di “guerra civile” parlano, di solito, i fascisti, ma è vero ed indubbio che si tratta di una guerra intestina tra italiani inclusa, come una matrioska, nella ben più grande guerra mondiale. Questo non vuol dire che si debba mettere tutti sullo stesso piano: i partigiani combattevano per un’Italia libera, democratica, i fascisti combattevano per ricostituire una dittatura fascista, soggetta alla dittatura nazista in Germania.
Le rappresaglie sono durissime. Marzabotto in Emilia, Sant’Anna di Stazzema in Toscana: interi villaggi vengono sterminati in risposta alle azioni partigiane. Il 24 marzo 1944, a seguito di un attentato di un Gruppo di Azione Patriottica in via Rasella, i tedeschi uccidono 335 italiani nelle cave delle Fosse Ardeatine, a Roma.
Nel frattempo, il Fascismo si vendica contro quelli che reputa i “traditori”, coloro che votarono il 25 luglio del 1943 per la deposizione di Mussolini, il celebre “ordine del giorno Grandi”, di cui abbiamo parlato. Dei 19 che avevano deposto il dittatore, 6 erano stati catturati dai tedeschi, tra questi il genero di Mussolini: il conte Galeazzo Ciano, ministro degli esteri del Fascismo dal 1936 al 1943. In un processo-farsa, ad inizio 1944, vengono tutti condannati a morte e poi fucilati, l’11 gennaio.
Questa vicenda ha però un aspetto interessante: la moglie di Galeazzo Ciano è Edda, figlia maggiore di Mussolini. Edda cerca di salvare il marito ma, quando capisce che non c’è modo di convincere il padre, si dà alla fuga verso la Svizzera, con i figli. Con sé, Edda, porta il celebre diario di Ciano, dove il marito aveva annotato giorno per giorno cosa accadeva nella politica europea. Il diario del conte Ciano è oggi una delle più importanti fonti dirette sulle manovre politiche di Italia e Germania prima e durante la guerra.
Nella primavera del 1944, finiti i mesi invernali, la guerra si rianima sul fronte italiano, mentre gli Alleati preparano lo sbarco in Normandia, in Francia, e l’Unione Sovietica spinge per raggiungere il confine tedesco. Gli Alleati sfondano infine la linea Gustav, e nel giugno del ‘44 liberano Roma. Americani, inglesi, canadesi e polacchi, con il supporto di unità di soldati italiani, risalgono la Penisola, ma vengono di nuovo fermati dai tedeschi nell’autunno del ‘44 su una nuova linea difensiva, detta “linea gotica”, che lasciava tutto il nord Italia ancora sotto il tallone nazifascista.
Ormai anche i fascisti capiscono che si avvicina la sconfitta: a Torino e Milano si diffondono scioperi contro la guerra, repressi violentemente dai fascisti, tramite deportazioni in Germania. Il Maresciallo Rodolfo Graziani, massima autorità militare della Repubblica Sociale italiana, nell'estate del 1944 scrive a Mussolini:
“Il popolo sente sempre più profondamente in tutti gli organismi nazionali l'occupazione germanica, traendone la convinzione che il Governo non conta nulla e che i padroni assoluti sono i germanici: le “belle” dichiarazioni ufficiali (…) sono commentate con ironia ed appaiono come una beffa.”
Quello tra il ‘44 e il ‘45 è un inverno durissimo: le città del nord vivono tra fame, bombardamenti e repressione. Nelle valli alpine e appenniniche i partigiani resistono, ma subiscono anche gravi perdite. Tutta l’Italia spera nella fine dell’incubo, che però tarda ad arrivare. Nell’agosto del ‘44, quindici partigiani rinchiusi nelle carceri di Milano vengono fucilati a piazzale Loreto: i loro corpi vengono abbandonati al caldo estivo, a decomporsi nella piazza. Come vedremo, i partigiani non dimenticheranno l’affronto.
A proposito: è proprio in questo periodo che mio nonno, diciottenne, nato nel ‘26, viene chiamato a combattere per la Repubblica Sociale. Mio nonno, non presentandosi, viene, di fatto, condannato a morte, come tutti i renitenti alla leva. Dopo un tentativo fallito che aveva fatto di raggiungere i partigiani in montagna, decide di nascondersi in casa con sua madre, che racconta a tutti di non sapere dove sia suo figlio, e si dice molto preoccupata: una menzogna necessaria per non metterlo in pericolo, non rischiare nulla.
Anche l’altro mio nonno ha una storia simile: anche lui si nasconde, in un rifugio anti-aereo costruito in cantina, per evitare di essere arruolato dai repubblichini, cioè i fascisti della Repubblica di Salò che facevano queste retate per andare a prendere i giovani e portarli a combattere.
Finalmente, nell’aprile 1945, con la primavera, riprendono le operazioni militari: gli Alleati attaccano la linea gotica e sfondano le linee tedesche, ma l’avanzata inizialmente è lenta e rimane impantanata nel difficile terreno della Romagna. Il 19 aprile il CLN decide la sollevazione generale del Nord Italia. Il 21 aprile le forze angloamericane liberano Bologna; il 23 aprile raggiungono il fiume Po. Genova si ribella agli occupanti tedeschi, ottenendone la resa.
A questo punto, il CLN di Milano, a capo dell’intera organizzazione partigiana in Nord Italia, decide che il 25 aprile sarà il giorno della sollevazione generale contro quello che resta del governo nazi-fascista. La rivolta serve anche per far capire agli Alleati che c’è un’altra Italia oltre a quella fascista; che gli italiani vogliono essere attori della liberazione. Oggi, il 25 Aprile, è il giorno della liberazione. Esiste ancora oggi l’audio originale del proclama del CLN, che annuncia lo sciopero generale e la sollevazione dell’Italia del Nord contro i tedeschi. Viene pronunciato da Radio Milano Libera, letto dal partigiano Sandro Pertini, di fede socialista, che sarebbe diventato nel ‘78 il Presidente della Repubblica italiana. Eccone un passaggio:
“Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l'occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire.”
In tutto il Nord, i tedeschi si ritirano e i fascisti si arrendono. Mussolini, al solito, non affronta le conseguenze delle sue azioni: con la maggior parte dei fedelissimi, oltre che la sua amante, Clara Petacci, prova a fuggire in Svizzera. Viene catturato a Dongo, a pochi chilometri dal confine svizzero, vestito da soldato tedesco. Arrestato con la Petacci e con i suoi gerarchi, viene fucilato il 28 aprile, su ordine del CLN di Milano. Poco dopo, vengono anche fucilati quindici gerarchi del Fascismo che lo avevano accompagnato nella fuga: cinque ministri della RSI, il Prefetto di Milano, diversi comandanti delle milizie fasciste.
I corpi di Mussolini e dei gerarchi fascisti vengono poi portati a Milano, appesi a testa in giù in piazzale Loreto, lì dove erano stati fucilati i quindici partigiani, qualche mese prima. Ti ricordi? La ferocia della guerra civile giunge così alla sua conclusione sanguinosa, al termine di una spietata lotta. Il giorno dopo, il 29 aprile 1945, le forze armate tedesche rimaste in Italia si arrendono ufficialmente agli Alleati, con qualche giorno di anticipo sul resto del Terzo Reich.
La guerra è finita, ma restano aperte moltissime questioni: che ne sarà dell’Italia, sarà trattata come un Paese sconfitto occupato, come la Germania e il Giappone, o riceverà un trattamento diverso? Cosa accadrà ai suoi confini, lì dove si mescolano italiani, tedeschi e slavi? Che ne sarà della Monarchia di re Vittorio Emanuele III, il re che aveva permesso a Mussolini di prendere il potere? Che ne sarà del Fascismo e dei fascisti, ci sarà una nuova guerra civile, un colpo di stato militare o trionferà la Democrazia? Chi governerà il Paese, tra i tanti e variegati partiti che hanno sostenuto la guerra di liberazione contro i Fascisti, e che includono il Partito Comunista, alleato dell’Unione Sovietica?
Tutte queste domande erano in sospeso in quell’aprile del 1945, mentre si stringeva il cappio anche attorno ad Hitler e alla sua guerra in Europa. Quello che è certo, è che il Fascismo, che aveva governato l’Italia dal 1922, era finalmente caduto. A ventitré anni dalla marcia su Roma, il Fascismo consegnava al futuro un’Italia distrutta: lo Stato che i fascisti volevano rafforzare, era stato scomposto e dissolto dalla guerra; le infrastrutture che si vantavano di aver costruito, strade e ferrovie, erano state bombardate e riportate ad uno stato ben peggiore di quelle che il Fascismo aveva trovato. Il Fascismo aveva voluto costruire un Impero italiano, e ora l’Italia aveva perso tutte le colonie ed era in procinto di perdere buona parte dei territori conquistati dopo la Prima guerra mondiale. L’economia italiana era a pezzi, la sua base industriale, mai veramente forte e sviluppata, era ridotta ad un ammasso di macerie. Le condizioni materiali della popolazione italiana erano tornate indietro di un secolo, all’epoca della miseria prima dell’Unità d’Italia.
Sarebbe facile, quindi, dire che il Fascismo fu un fallimento, soprattutto a causa della guerra e dell’alleanza con Hitler, come dicono in tanti, ma così non è, in realtà. Anche senza la guerra e le sue disastrose conseguenze, il Fascismo era stato un fallimento: aveva bloccato per decenni lo sviluppo del Paese, consegnando al 1940, l’anno dell’inizio della guerra, una società arretrata, poco scolarizzata, impreparata alle sfide del futuro. Questo è quello che sempre accade quando una società è governata dai fascisti: basta vedere cosa successe alla Spagna di Franco, che dovette subire una dittatura fascista ben oltre la Seconda guerra mondiale, restando arretrata ed isolata nel mondo.
Il Fascismo aveva messo in gabbia le donne, distrutto il dissenso e i meccanismi politici democratici, che servono per capire dove e come le cose non vanno. La dittatura aveva cancellato i sindacati e represso operai e contadini, imponendo il volere dei padroni e dell’alta borghesia, comprimendo i salari e i diritti dei lavoratori. Aveva costruito una società gerarchica, dove non contano le capacità e l’intelligenza, ma la provenienza sociale e l’obbedienza ai superiori. Anche senza la guerra, il ventennio fascista era stata una perdita di tempo per il Paese, mentre il mondo correva verso il futuro. La guerra aveva cancellato anche quelle poche cose buone che il Fascismo aveva fatto, sul fronte infrastrutturale e su pochi altri campi, consegnando un paese diviso, distrutto e sconfitto. Il Fascismo, insomma, aveva fallito su tutta la linea. Anche prima della guerra. Spettava ora, alla nuova classe dirigente, uscita dalla lotta partigiana e cresciuta nel Comitato di Liberazione Nazionale, decidere che strada avrebbe preso l’Italia.
Bene, siamo arrivati alla fine della nostra serie in cinque puntate sulla storia del Fascismo in Italia. Ci abbiamo messo un po’ più di due anni a completarla, ma spero ne sia valsa la pena! Probabilmente, a un certo punto, pubblicherò un episodio unico con tutte e cinque le puntate insieme, se vorrai riascoltare tutta la serie. Come sempre, ti invito, davvero, a consultare la trascrizione e il glossario, perché ti saranno molto utili per ripassare le parole che hai sentito e magari non hai capito, oppure quelle che hai capito nel contesto ma non ti ricordi. Ecco, molto molto utile. Ed è gratis, quindi è una risorsa davvero utile.
Un grazie poi a Marco, Marco Cappelli, autore della serie, con cui collaboro da tempo. Se ti piacciono le nostre collaborazioni, amerai i nostri corsi Volti d’Italia e Dentro l’Italia, che ti aiuteranno a raggiungere un livello avanzato in italiano portandoti all’interno della cultura, della storia e della società italiana. Volti d’Italia è il nostro corso B2. Al momento non è in vendita, ma lo sarà, di nuovo, tra qualche mese. È un corso incentrato sulle “greatest hits” della cultura italiana, su ciò che rende la cultura italiana così famosa e apprezzata nel mondo, sempre, però, cercando di analizzare le cose senza usare luoghi comuni e idee preconcette. E ci sono anche alcune sorprese, alcuni argomenti che sono parte integrante della cultura italiana ma che, probabilmente, non ti aspetteresti.
E poi c’è Dentro l’Italia, che **è il corso di livello avanzato, il corso C1, e puoi acquistarlo in qualsiasi momento, anche in questo momento. Racconta l’Italia moderna, con un focus sul periodo del secondo dopoguerra (quindi in un certo senso è perfetto dopo aver ascoltato questa serie). In realtà, però, non è un corso di storia, ok? Non è la storia del dopoguerra. È un corso, innanzitutto, di italiano, dove vediamo la grammatica necessaria a livello avanzato, dove ci sono esercizi e tanti strumenti per migliorare le tue competenze di italiano; ma, a livello di contenuti, parliamo di tutto ciò… tutti i fenomeni che hanno portato l’Italia a essere il Paese che è oggi: quindi parliamo di politica, di chiesa, di cucina, di economia e molto altro. Ecco. Gli episodi culturali di questi corsi sono stati scritti da Marco Cappelli, per questo dico che, se ti è piaciuta questa serie, penso proprio che ti piaceranno questi due corsi, e saranno un ottimo modo di raggiungere il livello successivo in italiano. Comunque, ti lascio i link ai due corsi nelle note dell’episodio: per Volti d’Italia potrai iscriverti alla lista d’attesa per sapere quando riapriranno le iscrizioni, mentre Dentro l’Italia puoi acquistarlo fin da subito, se vuoi. Come ultima cosa, ti rinnovo l’invito ad andare ad ascoltare anche Storia d’Italia, il podcast di Marco Cappelli, se sei appassionato di storia.
Questo è tutto, alla prossima!
Ciao amici e bentornati su Podcast Italiano, un podcast per imparare l’italiano attraverso contenuti interessanti. Questo è un episodio di livello avanzato, il quinto e ultimo episodio della mia serie di episodi sul Fascismo italiano, scritta da Marco Cappelli del podcast Storia d’Italia che, come sempre, ti consiglio di andare a scoprire. Una serie che vuole indagare la parte più oscura della storia italiana contemporanea, per scoprire com’è nato, come si è sviluppato e come è caduto il regime fascista.
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Trascrizione interattiva dell'episodio
Nel primo episodio, abbiamo tracciato l’ascesa del Fascismo, fino alla presa dei pieni poteri da parte di Mussolini, nel 1924. Nel secondo e terzo episodio, abbiamo parlato di come il Fascismo ha cercato, e spesso è riuscito, a plasmare a sua immagine e somiglianza l’Italia del tempo. Nel quarto, abbiamo accompagnato le avventure militari di Mussolini fino al disastro delle continue sconfitte italiane nella Seconda guerra mondiale, culminate con l’invasione della Sicilia da parte degli angloamericani, e la caduta del Fascismo.
So che è passato un po’ di tempo dall’ultimo episodio e, probabilmente, non ricorderai molto delle puntate precedenti; questa può essere, forse, un’occasione per riascoltare l’intera serie che, da un punto di vista linguistico, non fa mai male! Te lo consiglio. Trovi tutti i link nell’app di podcast dove mi stai ascoltando, oppure sul mio sito, podcastitaliano.com. Come sempre, poi, dai un’occhiata alla trascrizione di questo episodio, che trovi sempre sul mio sito. È una miniera d’oro dove troverai molte parole spiegate e tradotte, ma anche punti grammaticali analizzati. È davvero una risorsa preziosissima. E il bello è che è completamente gratuita! Il link è nelle note dell’episodio.
Dunque, dove eravamo rimasti? Il 25 luglio 1943 Mussolini viene deposto dal Gran Consiglio del Fascismo, per poi essere arrestato. Con la caduta di Mussolini, Re Vittorio Emanuele III riprende le redini del potere in Italia. Ti ricordo che l’Italia era una monarchia con un re, mentre Mussolini era il capo del governo, contrariamente alla Germania in cui Hitler era dittatore totale. Il re nomina a Primo Ministro Pietro Badoglio, generale con una incrollabile fedeltà per la monarchia, eroe della Prima Guerra Mondiale. Da luglio a settembre, per qualche settimana, l’Italia resta sospesa: in teoria l’Italia è ancora svogliatamente in guerra con gli Alleati, ma de facto tutti sanno che Badoglio sta cercando un’uscita dalla guerra, senza dichiararlo apertamente.
Il 3 settembre, a Cassibile, in Sicilia, il governo Badoglio firma l’armistizio con gli Alleati, nel quale l’Italia si arrende ed esce dalla guerra. La notizia resta segreta per qualche giorno, per dare il tempo al governo italiano di organizzare le mosse successive (come vedremo, senza grandi risultati). Solo l’8 settembre, alle 19:45, Badoglio legge alla radio il famoso comunicato che annuncia l’armistizio, che abbiamo ascoltato alla fine dello scorso episodio. Quel comunicato terminava così:
“ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse, però, reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.”
La frase “esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi provenienza” è molto ambigua, nel solito politichese italiano, la lingua oscura e contorta della politica. In teoria, vorrebbe dire che l’Italia si arrende, ma l’esercito dovrà difendere il Paese se questo verrà occupato da altre forze (leggi: gli ex alleati tedeschi). Lo avevi capito? No? Beh, neanche i generali italiani, in realtà.
Il risultato è il caos: l’esercito, quasi due milioni di uomini sparsi per l’Europa e i Balcani, riceve ordini contraddittori. La maggior parte crede che occorra semplicemente lasciare le armi, molti soldati non vedono l’ora di tornare a casa e abbandonare questa impopolare guerra. Nessuno più capisce contro chi occorre combattere: qualche fanatico fascista vuole unirsi ai tedeschi, la maggior parte vuole tornare a casa, chi di nascosto da tempo era un antifascista non vede l’ora di combattere al fianco degli Alleati.
Nell’incertezza del momento, e nelle indecisioni dei generali italiani, si inserisce invece il comando tedesco, su preciso ordine di Adolf Hitler, che aveva avuto diverse settimane per prepararsi a quello che stava per accadere: sin da luglio, dalla caduta di Mussolini, Hitler aveva fatto preparare dei piani per far occupare il più rapidamente possibile l’Italia. Un compito reso facile dal fatto che i tedeschi non dovevano invadere davvero il Paese: per difendere l’ex alleato italiano, molte unità d’élite della Germania nazista erano già presenti nella Penisola. Quello che dovevano fare era solo prendere il potere: spesso un numero ridotto di persone, ma decise a tutto, può sopravanzare anche un numero molto maggiore di persone paralizzate dall’indecisione.
Nei terribili giorni che seguono l’armistizio, moltissimi soldati italiani vengono catturati dai tedeschi, altri si sbandano, pochi resistono. È l’inizio della tragedia degli internati militari italiani: su 800.000 catturati, solo 150.000 decidono di servire i tedeschi e i fascisti, per lo più in servizi di controllo del territorio, mentre circa 650.000 soldati si rifiutano di obbedire e vengono deportati nei campi di prigionia in Germania. Molti di loro non torneranno mai, morti di stenti negli ultimi mesi di guerra: i tedeschi, considerandoli traditori, si rifiutavano, infatti, di estendere a loro i diritti dei prigionieri di guerra. Tra loro, c’era anche lo zio di Marco Cappelli, l’autore di questo episodio: il fratello di sua nonna fu imprigionato dai tedeschi nei Balcani e portato in Germania. Tranquilli però, zio Peppino riuscì a salvarsi, ma denutrito e affamato, fu costretto a tornare a piedi a casa, alla fine della guerra.
Facciamo una piccola pausa perché ho qualcosa di importante di cui parlarti.
Siamo a settembre (incredibile, vero?), uno dei miei momenti preferiti dell’anno.
Se da un lato può essere triste perché l’estate finisce, le giornate si accorciano… dall’altro lato molti di noi sentono quel bisogno di ricominciare, di darsi nuovi obiettivi. Io sono sempre piuttosto motivato in questo periodo.
Magari uno dei tuoi obiettivi è migliorare l’italiano.
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Mentre lo Stato, l’esercito e le istituzioni venivano occupati dai Tedeschi, il re e il primo ministro Badoglio fuggivano. Già il 9 settembre a Roma giunge notizia che una colonna di blindati tedeschi si dirige in città: presi dal panico, Badoglio, il re e alcuni generali decidono di abbandonare la difesa della capitale (che era militarmente possibile, come poi affermato dagli stessi tedeschi) e, anzi, schierano le migliori divisioni italiane a protezione della via di fuga del re.
Il 9 settembre, in mattinata, il comando italiano sale su alcune auto e fugge, attraverso gli Appennini, in Abruzzo. Più precisamente a Ortona, sul mare Adriatico, dove li aspettava una piccola nave della marina militare, sulla quale non riescono neanche a salire tutti i generali e ufficiali: chi rimane a terra si cambia in vestiti civili e si dà alla fuga. La nave conduce Badoglio e il re nella città pugliese di Brindisi, che non era occupata né dagli Alleati né dai tedeschi.
Il Re e Badoglio avevano lasciato la capitale senza guida, l’esercito senza ordini, lo Stato in balia dell’alleato diventato nemico, reso ancora più furioso per quello che i tedeschi reputavano un “tradimento”. A Roma, dal 9 al 10 settembre, reparti di soldati italiani, aiutati da volontari civili, cercano di resistere a Porta San Paolo, difendendo spontaneamente la capitale: circa 1000 soldati e civili vengono uccisi dai tedeschi durante la battaglia, alla quale partecipano anche i primi partigiani italiani. Alla fine, i tedeschi riescono ad occupare la capitale italiana.
Altrove, l’esercito italiano riesce a resistere meglio: in Sardegna e Corsica, l’esercito italiano riesce a sopravanzare i tedeschi presenti sulle isole. Gli italiani, in Corsica, si mettono perfino d’accordo con i partigiani francesi per combattere assieme, e la Corsica sarà la prima regione francese ad essere liberata dagli occupanti. Altre unità dell’esercito combattono per difendersi: ad esempio a Cefalonia, isola greca. Alla loro resa, vengono massacrati dai tedeschi.
In tutto questo caos, Mussolini era ancora prigioniero in un hotel in cima al Gran Sasso, la più alta montagna dell’Italia centrale. Badoglio si era infatti “dimenticato” di ordinare il suo trasporto verso sud, nonostante la carovana del re passasse a pochi chilometri dal Gran Sasso.
Al contrario, i tedeschi agiscono con la solita rapidità ed efficienza. Un gruppo di paracadutisti delle forze speciali tedesche riesce ad atterrare **nei pressi dell’**hotel: è il 12 settembre, e Mussolini viene fatto salire su un aereo e portato in Germania. Lì incontra Hitler, che lo convince, o lo costringe, a tornare in Italia e a fondare un nuovo Stato fascista.
Nasce così, nell’autunno 1943, la Repubblica Sociale Italiana, con sede a Salò, un paesino sul lago di Garda. Nel suo discorso da radio Monaco, del 18 settembre 1943, Mussolini proclama:
“Date queste condizioni, non è il regime che ha tradito la monarchia, ma è la monarchia che ha tradito il regime, anche se oggi è decaduta nella coscienza e nel cuore del popolo.”
Poi passa al suo appello nei confronti dei fascisti:
“Camicie nere fedeli di tutta Italia! Io vi chiamo nuovamente al lavoro e alle armi. L’esultanza del nemico per la capitolazione dell’Italia non significa che esso abbia già la vittoria nel pugno, poiché i due grandi imperi, Germania e Giappone, non capitoleranno mai”.
Ma la sua voce non ha più l’eco di un tempo: Mussolini è stanco, sconfitto, ormai consapevole di essere un semplice relitto. Quanto al suo stato-fantoccio, la Repubblica Sociale Italiana (o Repubblica di Salò, o RSI), raccoglie soprattutto i fedelissimi del Fascismo, i reparti più ideologizzati dell’esercito, e si appoggia alla violenza delle milizie fasciste che useranno questa occasione per torturare e uccidere.
La RSI si presenta come un “ritorno alle origini” all’epoca “rivoluzionaria” del Fascismo, con uno spirito radicale, repubblicano, antiborghese. La stragrande maggioranza della popolazione italiana vede la Repubblica di Salò per quello che è: un veicolo per giustificare l’occupazione nazista dell’Italia.
I tedeschi controllano infatti tutte le vere leve del potere, imponendo perfino al nuovo stato italiano l’abbandono di diverse regioni al confine con l’Austria e la Germania, de facto annesse al Reich tedesco, ovvero il Trentino-Alto Adige, il Friuli Venezia-Giulia e parti del Veneto. I Tedeschi chiedono e ottengono supporto per la loro politica di sterminio: gli ebrei finora erano stati esclusi dalla vita pubblica del Paese, ma non erano stati sterminati, né rinchiusi in ghetti. Tutto cambia con la fondazione della Repubblica Sociale Italiana. Mussolini dichiara che…:
"Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica.”
È l’autorizzazione allo sterminio di migliaia di italiani. Presto iniziano i rastrellamenti degli ebrei e la deportazione forzata nei campi di sterminio nazista. Il giorno simbolo è il sabato nero, il sabato del 18 ottobre 1943: quasi tutta la comunità ebraica romana, concentrata da secoli nei quartieri vicino al Tevere, viene arrestata e inviata nei campi di sterminio, con il cruciale ausilio dei fascisti italiani. Dei 1023 catturati, solo 16 sopravvivranno alla guerra.
Dal 1940 al 1943, l’Italia aveva combattuto la Seconda guerra mondiale, spesso tra grandi sacrifici. Dopo la perdita delle colonie, dal 1943 l’Italia aveva dovuto subire sempre peggiori bombardamenti, ma la popolazione civile finora aveva evitato il peggio. Consapevole dell’impopolarità della guerra, il Fascismo si era perfino rifiutato di infliggere troppe sofferenze ai cittadini italiani, cercando di mantenere il più possibile gli standard di vita prebellici.
Con l’armistizio dell’8 settembre, molti avevano sperato che la guerra fosse finita, nessuno poteva immaginarsi che la guerra sarebbe diventata ancora più aspra e distruttiva. Tra il 1943 e il 1945 l’Italia diventa un campo di battaglia: tra gli alleati angloamericani e i tedeschi, certo, ma non solo, come vedremo tra poco.
A Roma, molti speravano che gli Alleati sarebbero presto giunti in città, ma le speranze vengono annientate dalle rapide contromosse tedesche, che sorprendono gli alleati angloamericani. Questi erano sbarcati a Salerno, a sud di Napoli, sperando di poter prendere facilmente Roma. Napoli riesce a liberarsi da sola nelle quattro giornate di Napoli, durante le quali la popolazione locale riesce a mettere in fuga i Tedeschi, ma questi si riorganizzano nei territori tra Roma e Napoli, costruendo una serie di linee difensive, che prima rallentano e poi bloccano l’avanzata degli Alleati. La linea più importante è la Gustav, una serie di fortificazioni dal mar Tirreno al mar Adriatico che ha come perno cruciale l’antica abbazia di Montecassino. Per tutto l’inverno del 1943-1944, il fronte rimane bloccato sulla linea Gustav, mentre gli Alleati scoprono quanto freddo può fare in Italia, in montagna, d’inverno. Tanto.
In contemporanea, la popolazione italiana viene sottoposta a regolari bombardamenti alleati su città come Milano, Torino, Roma, Venezia, Pescara, Genova, Rimini. Sul campo, i tedeschi requisiscono tutto quello sul quale possono mettere mano: animali, viveri, generi di prima necessità. Per la prima volta, nell’Italia occupata dai tedeschi, si inizia a fare davvero la fame. Il bisnonno di Marco viene assassinato da due tedeschi in Abruzzo, a presidio della vicina linea Gustav: stavano cercando di requisire il suo unico maiale, fonte di cibo per l’inverno. Quando il bisnonno prova a resistere, viene fucilato sul posto.
Non tutti gli italiani subiscono l’occupazione nazista della patria senza rispondere: molti vedono l’occasione di liberarsi definitivamente dei fascisti. Questo perché, durante i vent’anni di regime fascista, in Italia era comunque sopravvissuta una opposizione clandestina al regime, composta da comunisti, socialisti, politici cattolici, liberali e repubblicani.
Già il 9 settembre del 1943, il giorno dopo l’armistizio, mentre Roma veniva abbandonata da Badoglio e dal Re, in via Carlo Poma, sei esponenti politici dei partiti antifascisti, usciti dalla clandestinità a seguito del crollo del regime, si riuniscono e costituiscono il Comitato di Liberazione Nazionale (o CLN), struttura politico-militare che avrebbe guidato la Resistenza italiana contro l'occupazione tedesca e le forze collaborazioniste fasciste della Repubblica di Salò, per tutto il periodo della guerra di liberazione. Il proclama viene approvato alle 14:30 di quel fatidico giorno:
“Nel momento in cui il Nazismo tenta di restaurare in Roma e in Italia il suo alleato fascista, i partiti antifascisti si costituiscono in Comitato di liberazione nazionale, per chiamare gli italiani alla lotta e alla resistenza per riconquistare all'Italia il posto che le compete nel consesso delle libere nazioni.”
In poco tempo, si riunirono altri comitati di liberazione nazionale in tutte le principali città italiane del centro-nord, con l’obiettivo di resistere ai nazisti e impedire ai fascisti di riprendere il potere: importantissima, in particolare, la sede di Milano. Il CLN, sin dall’inizio, rifiuta anche di sottostare al “governo”, tra virgolette, italiano di Badoglio, fuggito a sud: nasce così una spaccatura tra i partiti “repubblicani” del CLN e i sostenitori della Monarchia. Davvero, è un periodo complicatissimo della storia italiana.
Il CLN inizia una politica di guerriglia continua contro le forze tedesche, ma anche e soprattutto contro i fascisti: le azioni sono opera in particolare dei GAP, i Gruppi di Azione Patriottica, che piazzano bombe, fucilano ufficiali della Repubblica Sociale Italiana, fanno azioni di disturbo contro le linee ferroviarie e i ripetitori radio. Un’azione dei GAP, nel 1944, uccide Giovanni Gentile, l’autore della riforma della scuola di cui abbiamo parlato nel secondo episodio. Gentile aveva aderito con convinzione alla RSI, a differenza di molti altri fascisti.
L'altro teatro principale della Resistenza armata è in montagna: già nell’inverno del 1943 qualche migliaio di partigiani si radunano nelle montagne italiane, determinati a resistere ai nazisti. All’inizio sono solo piccoli gruppi di renitenti alla leva, ex soldati sbandati, antifascisti di lunga data che salgono in montagna. Poi, con il tempo, il movimento cresce e si organizza in vari tipi di bande partigiane: nel 1944, solo le forze armate partigiane contano circa 80.000 combattenti, che spesso liberano diverse valli montane dai nazifascisti. Nel 1945, i partigiani saranno circa 200.000, supportati in vario modo da più di 100.000 civili. Il prezzo pagato dalla resistenza sarà molto alto: circa 70.000 morti, uccisi dai nazifascisti in rappresaglie contro i civili e azioni militari contro i partigiani.
In tutto questo, la Resistenza non è solo una guerriglia: è un movimento politico che vuole preparare l’Italia del dopoguerra, un’Italia che torni finalmente alla libertà e alla democrazia.
Dall’autunno 1943 in poi, l’Italia vive una vera guerra civile, anche se in Italia di solito non si chiama così, perché il termine ufficiale è “guerra di liberazione dal nazifascismo”. Di “guerra civile” parlano, di solito, i fascisti, ma è vero ed indubbio che si tratta di una guerra intestina tra italiani inclusa, come una matrioska, nella ben più grande guerra mondiale. Questo non vuol dire che si debba mettere tutti sullo stesso piano: i partigiani combattevano per un’Italia libera, democratica, i fascisti combattevano per ricostituire una dittatura fascista, soggetta alla dittatura nazista in Germania.
Le rappresaglie sono durissime. Marzabotto in Emilia, Sant’Anna di Stazzema in Toscana: interi villaggi vengono sterminati in risposta alle azioni partigiane. Il 24 marzo 1944, a seguito di un attentato di un Gruppo di Azione Patriottica in via Rasella, i tedeschi uccidono 335 italiani nelle cave delle Fosse Ardeatine, a Roma.
Nel frattempo, il Fascismo si vendica contro quelli che reputa i “traditori”, coloro che votarono il 25 luglio del 1943 per la deposizione di Mussolini, il celebre “ordine del giorno Grandi”, di cui abbiamo parlato. Dei 19 che avevano deposto il dittatore, 6 erano stati catturati dai tedeschi, tra questi il genero di Mussolini: il conte Galeazzo Ciano, ministro degli esteri del Fascismo dal 1936 al 1943. In un processo-farsa, ad inizio 1944, vengono tutti condannati a morte e poi fucilati, l’11 gennaio.
Questa vicenda ha però un aspetto interessante: la moglie di Galeazzo Ciano è Edda, figlia maggiore di Mussolini. Edda cerca di salvare il marito ma, quando capisce che non c’è modo di convincere il padre, si dà alla fuga verso la Svizzera, con i figli. Con sé, Edda, porta il celebre diario di Ciano, dove il marito aveva annotato giorno per giorno cosa accadeva nella politica europea. Il diario del conte Ciano è oggi una delle più importanti fonti dirette sulle manovre politiche di Italia e Germania prima e durante la guerra.
Nella primavera del 1944, finiti i mesi invernali, la guerra si rianima sul fronte italiano, mentre gli Alleati preparano lo sbarco in Normandia, in Francia, e l’Unione Sovietica spinge per raggiungere il confine tedesco. Gli Alleati sfondano infine la linea Gustav, e nel giugno del ‘44 liberano Roma. Americani, inglesi, canadesi e polacchi, con il supporto di unità di soldati italiani, risalgono la Penisola, ma vengono di nuovo fermati dai tedeschi nell’autunno del ‘44 su una nuova linea difensiva, detta “linea gotica”, che lasciava tutto il nord Italia ancora sotto il tallone nazifascista.
Ormai anche i fascisti capiscono che si avvicina la sconfitta: a Torino e Milano si diffondono scioperi contro la guerra, repressi violentemente dai fascisti, tramite deportazioni in Germania. Il Maresciallo Rodolfo Graziani, massima autorità militare della Repubblica Sociale italiana, nell'estate del 1944 scrive a Mussolini:
“Il popolo sente sempre più profondamente in tutti gli organismi nazionali l'occupazione germanica, traendone la convinzione che il Governo non conta nulla e che i padroni assoluti sono i germanici: le “belle” dichiarazioni ufficiali (…) sono commentate con ironia ed appaiono come una beffa.”
Quello tra il ‘44 e il ‘45 è un inverno durissimo: le città del nord vivono tra fame, bombardamenti e repressione. Nelle valli alpine e appenniniche i partigiani resistono, ma subiscono anche gravi perdite. Tutta l’Italia spera nella fine dell’incubo, che però tarda ad arrivare. Nell’agosto del ‘44, quindici partigiani rinchiusi nelle carceri di Milano vengono fucilati a piazzale Loreto: i loro corpi vengono abbandonati al caldo estivo, a decomporsi nella piazza. Come vedremo, i partigiani non dimenticheranno l’affronto.
A proposito: è proprio in questo periodo che mio nonno, diciottenne, nato nel ‘26, viene chiamato a combattere per la Repubblica Sociale. Mio nonno, non presentandosi, viene, di fatto, condannato a morte, come tutti i renitenti alla leva. Dopo un tentativo fallito che aveva fatto di raggiungere i partigiani in montagna, decide di nascondersi in casa con sua madre, che racconta a tutti di non sapere dove sia suo figlio, e si dice molto preoccupata: una menzogna necessaria per non metterlo in pericolo, non rischiare nulla.
Anche l’altro mio nonno ha una storia simile: anche lui si nasconde, in un rifugio anti-aereo costruito in cantina, per evitare di essere arruolato dai repubblichini, cioè i fascisti della Repubblica di Salò che facevano queste retate per andare a prendere i giovani e portarli a combattere.
Finalmente, nell’aprile 1945, con la primavera, riprendono le operazioni militari: gli Alleati attaccano la linea gotica e sfondano le linee tedesche, ma l’avanzata inizialmente è lenta e rimane impantanata nel difficile terreno della Romagna. Il 19 aprile il CLN decide la sollevazione generale del Nord Italia. Il 21 aprile le forze angloamericane liberano Bologna; il 23 aprile raggiungono il fiume Po. Genova si ribella agli occupanti tedeschi, ottenendone la resa.
A questo punto, il CLN di Milano, a capo dell’intera organizzazione partigiana in Nord Italia, decide che il 25 aprile sarà il giorno della sollevazione generale contro quello che resta del governo nazi-fascista. La rivolta serve anche per far capire agli Alleati che c’è un’altra Italia oltre a quella fascista; che gli italiani vogliono essere attori della liberazione. Oggi, il 25 Aprile, è il giorno della liberazione. Esiste ancora oggi l’audio originale del proclama del CLN, che annuncia lo sciopero generale e la sollevazione dell’Italia del Nord contro i tedeschi. Viene pronunciato da Radio Milano Libera, letto dal partigiano Sandro Pertini, di fede socialista, che sarebbe diventato nel ‘78 il Presidente della Repubblica italiana. Eccone un passaggio:
“Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l'occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire.”
In tutto il Nord, i tedeschi si ritirano e i fascisti si arrendono. Mussolini, al solito, non affronta le conseguenze delle sue azioni: con la maggior parte dei fedelissimi, oltre che la sua amante, Clara Petacci, prova a fuggire in Svizzera. Viene catturato a Dongo, a pochi chilometri dal confine svizzero, vestito da soldato tedesco. Arrestato con la Petacci e con i suoi gerarchi, viene fucilato il 28 aprile, su ordine del CLN di Milano. Poco dopo, vengono anche fucilati quindici gerarchi del Fascismo che lo avevano accompagnato nella fuga: cinque ministri della RSI, il Prefetto di Milano, diversi comandanti delle milizie fasciste.
I corpi di Mussolini e dei gerarchi fascisti vengono poi portati a Milano, appesi a testa in giù in piazzale Loreto, lì dove erano stati fucilati i quindici partigiani, qualche mese prima. Ti ricordi? La ferocia della guerra civile giunge così alla sua conclusione sanguinosa, al termine di una spietata lotta. Il giorno dopo, il 29 aprile 1945, le forze armate tedesche rimaste in Italia si arrendono ufficialmente agli Alleati, con qualche giorno di anticipo sul resto del Terzo Reich.
La guerra è finita, ma restano aperte moltissime questioni: che ne sarà dell’Italia, sarà trattata come un Paese sconfitto occupato, come la Germania e il Giappone, o riceverà un trattamento diverso? Cosa accadrà ai suoi confini, lì dove si mescolano italiani, tedeschi e slavi? Che ne sarà della Monarchia di re Vittorio Emanuele III, il re che aveva permesso a Mussolini di prendere il potere? Che ne sarà del Fascismo e dei fascisti, ci sarà una nuova guerra civile, un colpo di stato militare o trionferà la Democrazia? Chi governerà il Paese, tra i tanti e variegati partiti che hanno sostenuto la guerra di liberazione contro i Fascisti, e che includono il Partito Comunista, alleato dell’Unione Sovietica?
Tutte queste domande erano in sospeso in quell’aprile del 1945, mentre si stringeva il cappio anche attorno ad Hitler e alla sua guerra in Europa. Quello che è certo, è che il Fascismo, che aveva governato l’Italia dal 1922, era finalmente caduto. A ventitré anni dalla marcia su Roma, il Fascismo consegnava al futuro un’Italia distrutta: lo Stato che i fascisti volevano rafforzare, era stato scomposto e dissolto dalla guerra; le infrastrutture che si vantavano di aver costruito, strade e ferrovie, erano state bombardate e riportate ad uno stato ben peggiore di quelle che il Fascismo aveva trovato. Il Fascismo aveva voluto costruire un Impero italiano, e ora l’Italia aveva perso tutte le colonie ed era in procinto di perdere buona parte dei territori conquistati dopo la Prima guerra mondiale. L’economia italiana era a pezzi, la sua base industriale, mai veramente forte e sviluppata, era ridotta ad un ammasso di macerie. Le condizioni materiali della popolazione italiana erano tornate indietro di un secolo, all’epoca della miseria prima dell’Unità d’Italia.
Sarebbe facile, quindi, dire che il Fascismo fu un fallimento, soprattutto a causa della guerra e dell’alleanza con Hitler, come dicono in tanti, ma così non è, in realtà. Anche senza la guerra e le sue disastrose conseguenze, il Fascismo era stato un fallimento: aveva bloccato per decenni lo sviluppo del Paese, consegnando al 1940, l’anno dell’inizio della guerra, una società arretrata, poco scolarizzata, impreparata alle sfide del futuro. Questo è quello che sempre accade quando una società è governata dai fascisti: basta vedere cosa successe alla Spagna di Franco, che dovette subire una dittatura fascista ben oltre la Seconda guerra mondiale, restando arretrata ed isolata nel mondo.
Il Fascismo aveva messo in gabbia le donne, distrutto il dissenso e i meccanismi politici democratici, che servono per capire dove e come le cose non vanno. La dittatura aveva cancellato i sindacati e represso operai e contadini, imponendo il volere dei padroni e dell’alta borghesia, comprimendo i salari e i diritti dei lavoratori. Aveva costruito una società gerarchica, dove non contano le capacità e l’intelligenza, ma la provenienza sociale e l’obbedienza ai superiori. Anche senza la guerra, il ventennio fascista era stata una perdita di tempo per il Paese, mentre il mondo correva verso il futuro. La guerra aveva cancellato anche quelle poche cose buone che il Fascismo aveva fatto, sul fronte infrastrutturale e su pochi altri campi, consegnando un paese diviso, distrutto e sconfitto. Il Fascismo, insomma, aveva fallito su tutta la linea. Anche prima della guerra. Spettava ora, alla nuova classe dirigente, uscita dalla lotta partigiana e cresciuta nel Comitato di Liberazione Nazionale, decidere che strada avrebbe preso l’Italia.
Bene, siamo arrivati alla fine della nostra serie in cinque puntate sulla storia del Fascismo in Italia. Ci abbiamo messo un po’ più di due anni a completarla, ma spero ne sia valsa la pena! Probabilmente, a un certo punto, pubblicherò un episodio unico con tutte e cinque le puntate insieme, se vorrai riascoltare tutta la serie. Come sempre, ti invito, davvero, a consultare la trascrizione e il glossario, perché ti saranno molto utili per ripassare le parole che hai sentito e magari non hai capito, oppure quelle che hai capito nel contesto ma non ti ricordi. Ecco, molto molto utile. Ed è gratis, quindi è una risorsa davvero utile.
Un grazie poi a Marco, Marco Cappelli, autore della serie, con cui collaboro da tempo. Se ti piacciono le nostre collaborazioni, amerai i nostri corsi Volti d’Italia e Dentro l’Italia, che ti aiuteranno a raggiungere un livello avanzato in italiano portandoti all’interno della cultura, della storia e della società italiana. Volti d’Italia è il nostro corso B2. Al momento non è in vendita, ma lo sarà, di nuovo, tra qualche mese. È un corso incentrato sulle “greatest hits” della cultura italiana, su ciò che rende la cultura italiana così famosa e apprezzata nel mondo, sempre, però, cercando di analizzare le cose senza usare luoghi comuni e idee preconcette. E ci sono anche alcune sorprese, alcuni argomenti che sono parte integrante della cultura italiana ma che, probabilmente, non ti aspetteresti.
E poi c’è Dentro l’Italia, che **è il corso di livello avanzato, il corso C1, e puoi acquistarlo in qualsiasi momento, anche in questo momento. Racconta l’Italia moderna, con un focus sul periodo del secondo dopoguerra (quindi in un certo senso è perfetto dopo aver ascoltato questa serie). In realtà, però, non è un corso di storia, ok? Non è la storia del dopoguerra. È un corso, innanzitutto, di italiano, dove vediamo la grammatica necessaria a livello avanzato, dove ci sono esercizi e tanti strumenti per migliorare le tue competenze di italiano; ma, a livello di contenuti, parliamo di tutto ciò… tutti i fenomeni che hanno portato l’Italia a essere il Paese che è oggi: quindi parliamo di politica, di chiesa, di cucina, di economia e molto altro. Ecco. Gli episodi culturali di questi corsi sono stati scritti da Marco Cappelli, per questo dico che, se ti è piaciuta questa serie, penso proprio che ti piaceranno questi due corsi, e saranno un ottimo modo di raggiungere il livello successivo in italiano. Comunque, ti lascio i link ai due corsi nelle note dell’episodio: per Volti d’Italia potrai iscriverti alla lista d’attesa per sapere quando riapriranno le iscrizioni, mentre Dentro l’Italia puoi acquistarlo fin da subito, se vuoi. Come ultima cosa, ti rinnovo l’invito ad andare ad ascoltare anche Storia d’Italia, il podcast di Marco Cappelli, se sei appassionato di storia.
Questo è tutto, alla prossima!
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